L'ossigeno può essere un veleno?

30 apr 2021

Migliorare l'ossigenazione è uno degli obiettivi che normalmente ci si pone quando si cura un paziente con insufficienza respiratoria. 

Ma l'ossigeno, come qualsiasi sostanza, può diventare un veleno oltre certi limiti. Come diceva Paracelso: "Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit." ("Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.")

Qundi fino a che punto dobbiamo migliorare l'ossigenazione? Quale indicatore dobbiamo seguire per regolare la concentrazione dell'ossigeno nel gas inspirato ed il livello di pressione positiva?

Vediamo di dare una risposta ragionata a questa serie di domande. E di finire il post con qualche suggerimento pratico.

Il dogma della PaO2.

L'insufficienza respiratoria è definita come una riduzione della PaO2 al di sotto di 60 mmHg (1,2). Questa definizione, oltre che arbitraria, è fuorviante. Infatti ci abitua a ragionare fin dalla diagnosi, ed inevitabilmente poi nel trattamento, in termini di PaO2, una variabile poco utile per la gestione dei pazienti con insufficienza respiratoria.

Forse questa affermazione può apparire un po' forte, ma spero possa risultare più accettabile continuando a leggere il seguito del post.

Apparato respiratorio e cardiocircolatorio svolgono un meraviglioso lavoro di squadra per centrare l'obiettivo principale della nostra vita: trasferire ossigeno dall'atmosfera alle nostre cellule. Tutti gli altri obiettivi della nostra vita si potranno realizzare solo se questo evento principale si svolge in maniera efficace.

Possiamo allora ben capire come la variabile fisiologica più importante, ed alla base di tutte le altre funzioni vitali, sia il trasporto di ossigeno alle cellule (oxygen delivery, DO2).

Il trasporto di ossigeno a sua volta è il prodotto di due variabili, 1) il contenuto di ossigeno del sangue arterioso (CaO2), che dipende dalla funzione polmonare e dall'emoglobina, e 2) la portata cardiaca (cardiac output, CO), che dipende dalla funzione cardiovascolare:

DO2= CaO2 x CO.

Premesso questo, verifichiamo quanto è importante la PaO2 per il DO2.

1 ) Quanto è importante la PaO2 per il CaO2?

Abbiamo visto che la funzione polmonare ha un impatto solamente sul CaO2, uno dei due pilastri del DO2. Quanto è importante la PaO2 per il CaO2?

Come ben sappiamo, l'ossigeno è contenuto nel sangue in due modi: in soluzione nel sangue e legato all'emoglobina (Hb).

L'ossigeno in soluzione nel sangue. L'ossigeno che è fisicamente disciolto nel sangue è determinato dalla PaO2 e dal coefficiente di solubilità dell'ossigeno, che è pari a 0.003  ml.dL-1.mm Hg-1. Questo significa per ogni mmHg di PaO2 nel sangue sono presenti 0.003 ml di O2 per dL di sangue.

L'ossigeno legato all'emoglobina. L'emoglobina può trasportare al massimo circa 1.39 ml di O2 per grammo. Questo accade quando i siti di legame dell'ossigeno all'emoglobina (i 4 gruppi eme per molecola...) sono tutti occupati (cioè la saturazione è il 100%). La relazione tra SaO2 e PaO2 è descritta dalla curva di dissociazione dell'emoglobina (figura 1).

Figura 1.
Figura 1

Rinfrescate queste nozioni di fisiologia, abbiamo gli strumenti per calcolare il CaO2 e vedere quanto la PaO2 è importante nel determinare l'ossigenazione del sangue.

Nella tabella riprodotta nella figura 2, nella colonna A è calcolato il CaO2 di un soggetto con normale PaO2 e SaO2 e 10 g/dL di emoglobina, pari a 13.8 ml di O2/dL. Nelle ultime due righe della figura il CaO2 è stato scomposto nella sua parte legata all'emoglobina (quindi dipende da SaO2 e concentrazione di Hb), ed il quella in soluzione (che dipende dalla PaO2). Possiamo facilmente calcolare che in tutte le condizioni che analizzeremo la quota di CaO2 direttamente influenzata dalla PaO2, è tra 1 e 2% del CaO2 totale, quindi decisamente trascurabile. 

Nella colonna B vediamo cosa succede se si arriva a 60 mmHg di PaO2 (la soglia dell'insufficienza respiratoria), che corrisponde in fisiologia a SaO2 91%: il calo di oltre 1/3 della PaO2 si traduce in una minima riduzione del CaO2 da 13.8 a 12.8 ml/dL.

Pensiamo ora a un paziente in ventilazione meccanica con PaO2 50 mmHg (colonna C). In questo caso la riduzione del CaO2 sarebbe ancora contenuta, a 12 ml di O2/dL, nonostante la drammatica riduzione della PaO2. Nella colonna D vediamo possiamo ripristinare il CaO2 iniziale (quello a 95 mmHg di PaO2) mantenendo 50 mmHg di PaO2: è sufficiente incrementare l'emoglobina da 10 a 11.6 g/dL. Questo approccio non è certo la prima scelta nel trattamento di un'ipossiemia che condiziona un basso DO2, ma sarebbe certamente da considerare se l'incremento della PaO2 (e quindi della SaO2) richiedesse una ventilazione meccanica non protettiva, lesiva per il parenchima polmonare.

Figura 2

Una tentazione diabolica che a volte si incontra nella pratica clinica è quello di tenere PaO2 elevate per ossigenare "meglio". Purtroppo questa è una strategia che non raggiunge il risultato che si prefigge: se anche riuscissimo ad aumentaremo la PaO2 a 200 mmHg e la SaO2 al 100% (con Hb 10 g/dL), il CaO2 diventerebbe 14.5 ml/dL, un valore di pochissimo superiore a quello ottenuto nella colonna D con PaO2 50 mmHg. Anche in questo caso, con una PaO2 davvero esagerata, il contributo dell'ossigeno in soluzione al CaO2 totale arriva il 4%, un'inezia.

Riprensiamo la domanda fatta all'inizio: quanto è importante la PaO2 per il CaO2? Poco, molto poco. Grandi variazioni della PaO2 si traducono in piccole variazioni di CaO2, mentre quest'ultimo può facilmente essere incrementato con un piccolo aumento dell'emoglobina. In particolare qualsiasi incremento di PaO2 sopra i 60-75 mmHg (che corrisponde a SaO2 di 91-95%, vedi figura 1) non porta a sostanziali miglioramenti del CaO2. Perchè allora perseguirlo? Questo ci potrebbe esporre ai danni che vedremo nei prossimi paragrafi.

2) Quanto è importante il PaO2 per il DO2?

Abbiamo visto che ciò che è veramente importante è il trasporto dell'ossigeno alle cellule, cioè il DO2. Nel paragrafo precedente si è visto che la PaO2 è poco importante per il CaO2, ora vediamo l'effetto della PaO2 sul DO2.

Quando si raggiungono PaO2 elevate con l'aumento della FIO2 si rischia di ridurre in realtà il DO2: l'iperossia può paradossalmente ridurre il trasporto di ossigeno (3) inducendo una riduzione della portata cardiaca, soprattutto nei pazienti con malattie cardiache (figura 3), secondario ad una vasocostrizione che determina un aumento delle resistenze vascolari sistemiche (figura 4).

Figura 3

Figura 4

La vasocostrizione indotta dalla elevata PaO2 in particolare può ridurre perfusione e trasporto di ossigeno in importanti tessuti, come il cervello (figura 5) ed il cuore (figura 6), nonostante l'aumento del CaO2, soprattutto se concomitante ad ipocapnia (4).

Figura 5

Figura 6

Gli effetti dell'iperossia appena mostrati sono stati ottenuti con aumenti della FIO2 che hanno determinato grandi aumenti della PaO2.

Un modo spesso usato per ottenere un aumento di PaO2 è l'aumento della PEEP. Anche a questo dobbiamo stare attenti: nella figura 7 si può vedere come un apparentemente innocente aumento della PEEP di 6 cmH2O di PEEP rispetto alla "best PEEP" porta ad un aumento della PaO2 da circa 90 a circa 100 mmHg (parte alta della figura), ma questo si associa ad una riduzione del trasporto di ossigeno (parte bassa della figura) per effetto di una concomitante riduzione della portata cardiaca, in questo caso probabilmente per la riduzione del ritorno venoso (5).

Figura 7

Possiamo quindi concludere che elevati valori di PaO2, ottenuti sia aumentando la FIO2 che la PEEP, possono in realtà ridurre il DO2.

3) L'effetto dell'iperossia sulla mortalità.

Oltre a quelli emodinamici, una PaO2 elevata ha anche una serie di altri potenziali effetti negativi: fibrosi polmonare, aumento della suscettibilità al Ventilator-Induced Lung Injury, danno infiammatorio da produzione di citochine e radicali liberi dell'ossigeno, ....
Gli studi clinici che hanno studiato l'effetto dell'iperossia sull'outcome di pazienti intensivi hanno in molti casi evidenziato un aumento della mortalità già a partire da moderati livelli di iperossia (6). Come si può vedere nella figura 8, una Pa
O2 > 123 mmHg si associa ad un aumento della mortalità, mentre la PaO2 tra 67 e 80 mmHg si associa al minor rischio di morte (Standardised Mortality Ratio, SMR).

Figura 8

Risultati simili sono stati confermati anche in un trial randomizzato e controllato italiano (7).

L'aumento di mortalità nei pazienti con elevata PaO2, soprattutto in alcune categorie di pazienti, è supportato anche da metanalisi (8,9), una delle quali conclude che potrebbe essere sfavorevole somministrare ossigeno per mantenere SpO2 > 94-96%.

Conclusioni.

1) L'aumento della PaO2 sopra il livello di normalità non migliora (anzi può peggiorare) il trasporto di ossigeno ai tessuti; questo accade quando sia che si aumenti la FIO2 che la PEEP;

2) la SaO2, che è proporzionale al CaO2, è un'indicatore clinico decisamente preferibile alla PaO2: non ha molto senso cercare di aumentare la SaO2 quando si è raggiunto il 90-95 %;

3) in caso di ipossiemia con basso DO2, una piccola trasfusione di sangue può efficacemente rispristinare un adeguato DO2. Questa scelta deve essere considerata qualora l'incremento della SaO2 non sia facilmente ottenibile mantenendo una ventilazione protettiva;

4) è raccomandabile evitare una SaO2 > 96 % (che di solito corrisponde ad una PaO2 di circa 85 mmHg), poichè valori più elevati potrebbero associarsi ad un incremento della mortalità;

5) può essere utile mettere anche allarmi di elevata saturazione nel monitoraggio della SpO2.

 

... e , come sempre, un sorriso a tutti gli amici di ventilab.

 

Bibliografia

1) Roussos C, Koutsoukou A: Respiratory failure. Eur Respir J 2003; 22:3s–14s;

2) Acute respiratory failure - BMJ Best Practice

3) Smit B, Smulders Y, van der Wouden J, et al.: Hemodynamic effects of acute hyperoxia: systematic review and meta-analysis. Critical Care 2018; 22:45

4) Brugniaux JV, Coombs GB, Barak OF, et al.: Highs and lows of hyperoxia: physiological, performance, and clinical aspects. Am J Physiol Regul Integr Comp Physiol 2018; 315:R1–R27

5) Suter P, Fairley B, Isenberg M: Optimum end-expiratory airway pressure in patients with acute pulmonary failure. N Engl J Med 1975; 292:284–289

6) de Jonge E, Peelen L, Keijzers PJ, et al.: Association between administered oxygen, arterial partial oxygen pressure and mortality in mechanically ventilated intensive care unit patients. Crit Care 2008; 12:R156

7) Girardis M, Busani S, Damiani E, et al.: Effect of Conservative vs Conventional Oxygen Therapy on Mortality Among Patients in an Intensive Care Unit: The Oxygen-ICU Randomized Clinical Trial. JAMA 2016; 316:1583–1589

8)  Chu DK, Kim LH-Y, Young PJ, et al.: Mortality and morbidity in acutely ill adults treated with liberal versus conservative oxygen therapy (IOTA): a systematic review and meta-analysis. Lancet 2018; 391:1693–1705

9) Ni Y-N, Wang Y-M, Liang B-M, et al.: The effect of hyperoxia on mortality in critically ill patients: a systematic review and meta analysis. BMC Pulm Med 2019; 19:53

11 commenti:

  1. Veronica (specializzanda)3 maggio 2021 alle ore 10:55

    Post interessantissimo, grazie per i costanti spunti di riflessione e approfondimento!
    Spesso si sente definire degli scambi gassosi insufficienti per valori di PaO2 prossimi ai 60 mmHg, a fronte di valori di saturimetria periferica più che accettabili.
    Avrei una domanda in merito alla SaO2: capita talvolta di riscontrare importante discrepanza tra i valori di SaO2 all'EGA e quelli misurati dalla saturimetria periferica, come ci dobbiamo comportare in questi casi? Dobbiamo considerare come più attendibili i valori misurati "in vivo" dal saturimetro perchè la SaO2 è frutto di calcoli che potrebbero non considerare alcune variabili del paziente, oppure il valore dell'EGA deve essere il nostro riferimento?
    Recentemente ho avuto due pazienti i cui valori di SaO2 all'EGA si attestavano attorno al 90% (con PaO2 sui 55-60 mmHg), mentre i valori di saturimetria periferica erano più che accettabili, in un caso addirittura prossimi al 100%.
    Grazie ancora e buona giornata!

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    1. Cara Veronica, grazie per il commento.
      Sull'emogasanalisi la SaO2 può essere misurata o calcolata. Lo puoi capire facilmente guardando il referto dell'esame: se tra i valori di saturazione trovi anche la percentuale di carbossiemoglobina, la SaO2 è misurata con la CO-ossimetria ed è il valore a cui fare riferimento, indipendentemente dal valore rilevato al pulse ossimetro. La SpO2 può in lacuni casi essere drammaticamente diversa (e quindi inaccurata) rispetto alla SaO2, soprattutto in caso di ipoperfusione periferica o bassi cvalori di SaO2.
      Alcuni emogasanalizzatori non hanno la lettura diretta della SaO2, ma la calcolano (dovresti trovarlo specificato sul referto, ad ogni modo ti deve far pensare a questo l'assenza della misura della HbCO). In questo caso, non saprei davvero come risolvere il dilemma su quale valore sia più attendibile, essendo entrambi potenzialmente fallaci.
      Mi auguro che qualsiasi Terapia Intensiva abbia la CO-ossimetria, sapendo che la SpO2 è un buon sistema di monitoraggio continuo, ma la sua attendibilità è tanto minore quanto più grave è la disfunzione respiratoria e cardiocircolatoria del paziente.

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  2. Buon giorno,grazie sempre per la condivisione.Avrebbe senso nei pazienti in ventilazione protettiva ,con SaO2 < 90% e valori di Emoglobina 8<>10 gr/dl somministrare l’eritropoietina?

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    1. Considerando che nel paziente molto grave la risposta emopietica può non essere ottimale, in fase acuta penso per che sia preferibile la trasfusione, che ha un effetto immediato nell'aumentare il DO2. Se l'insufficienza respiratoria e cardiocircolatoria non sono così gravi da ridurre criticamente il DO2, si possono tranquillamente tollerare valori di emoglobina anche ridotti ed affidarsi ad una più fisiologico incremento dell'emoglobina: in questo contesto l'eritropoietina può avere un ruolo.

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  3. Complimenti per il post, Beppe. Come dobbiamo giudicare l'adeguatezza del DO2? Cerchiamo segni, sintomi, indici di ipoperfusione tissutale? Utilizziamo delle soglie?

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    1. Grazie Daniele per la domanda. Penso sia importante valutare i segni di disfunzione d'organo e ipoperfusione tissutale. E' difficle porporre per il DO" (come per tutti i dati clinici) un valore soglia. Possiamo presumere che il DO2 sia adeguato in assenza di bassa ScvO2, con lattato < 1 mmol/L, e normale funzione renale, epatica, neurologica (se valutabile). Ovviamente fino a prova contraria...

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  4. Per orientarsi velocemente nella prassi clinica, ottenere facilmente il valore di DO2 non riusciamo (senza avere il valore della gitata cardiaca). Comunque per conoscere il valore di CaO2 serve una semplice equazione (dall'EAB abbiamo pO2, SaO2 ed Hb). Valore teorico massimo di CaO2 e intorno a 20. Quale e il valore di CaO2, quando dobbiamo comminciare a preocuparsi (ad esempio pO2 60, SaO2 90 ed Hb 80 = CaO2 10; è sufficiente)?
    Oppure come scrive Daniele, cerchiamo i sintomi dell'ipossiemia tissutale (lattati?).

    Grazie.

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    1. Grazie per il commento, Karol. Come ho risposto a Daniele, penso proprio sia meglio affidarsi alla valutazione dei segni di ipoperfusione tissutale.

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  5. Buonasera,
    RingraziandoLa per la stimolante analisi (che permette, del resto di ricordare che la base di tutto è sempre la fisiologia, cosa spesso dimenticata in reparto) e per averci ricordato che aumentare a valori direi parossistici la PaO2 (come se la SaO2 potesse andare oltre il 100%),cosa che è attualmente in voga,vorrei porre una questione: è vero che, considerata la formula dell'oxygen delivery, e quindi del contenuto arterioso di ossigeno, il parametro PaO2 è un determinante diretto solo del contenuto di ossigeno disciolto. d'altro canto, però, aumentando da un mero punto di vista formulistico indirettamente la concentrazione legata all'hb tramite aumento della SaO2, direi che aumenti della SaO2 sono più rilevanti rispetto all'aumento dell'Hb sulla concentrazione arteriosa di ossigeno. È giusto?
    Grazie in anticipo

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    1. Ciao Andrea, grazie per il commento che mi consente di precisare meglio il concetto.
      Il contenuto di O2 può, di fatto, essere aumentato maggiormente con l'aumento della emoglobina che con l'aumento della SaO2. In un paziente critico non è difficile avere 8 g/dL di emoglobina. Aumentarla a 12 g/dL porta ad un aumento del 50% del CaO2.
      Prova ora a pensare ad un paziente con nsufficienza respiratoria gravissima, ad esempio con 85% di SaO2. Se tu riuscissi ad aumentare la SaO2 al 100% (ammesso che tu ci riesca) avresti avuto un incremento del CaO2 del 18%.
      Per questo è importante, a mio parere, avere chiaro che è importante mettere in atto la ventilazione protettiva e con questa raggiungere un risultato ragionevole in termini di SaO2 (ad esempio, se si riesce, 90%). Fatto questo, se resta un problema di DO2, bisogna agire sulla concentrazione di emoglobina ed eventulamente sulla portata cardiaca.

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