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Airway Pressure Release Ventilation (APRV). Parte seconda: le notevoli differenze tra ventilatori meccanici.

5 feb 2023
Nella prima parte del post ho rivisitato indicazioni, razionale e criteri di impostazione della APRV.

Ora passiamo dalla teoria alla pratica: vediamo come quattro diversi ventilatori eseguono la APRV a parità di impostazione.

Questo post penso possa essere seguito meglio se fin dall’inizio è chiaro il punto di arrivo. Per questo motivo eccezionalmente apriamo con le conclusioni, nella convinzione che forniscano un filo logico sul quale raccogliere le analisi che seguiranno.

Conclusioni.

I ventilatori meccanici, a parità di impostazione, eseguono la APRV in modo sostanzialmente differente l'uno dall'altro: il medesimo setting può produrre in un ventilatore una APRV eccellente ed in un'altro "ventilazione killer". Si può fare una buona APRV con qualsiasi ventilatore a patto che se ne capisca la specifica logica di esecuzione. Per questo scopo:
  • l'unico approccio efficace è la corretta interpretazione delle due tracce principali del monitoraggio, le curve di pressioneflusso. E' un esercizio meraviglioso e senza alternative;
  • è fondamentale capire se il ventilatore che si sta utilizzando è a "priorita di pressione" oppure a "priorità di trigger";
  • nei ventilatori con “priorità di pressione” è possibile fare un’ottima APRV con il trigger non attivo: è garantito il respiro spontaneo a Palta e vi è un rigoroso rispetto dei tempi di  Palta e Pbassa;
  • nei ventilatori con “priorità di trigger” è assolutamente indispensabile impostare la APRV con un trigger molto sensibile per consentire il respiro spontaneo del paziente a Palta;
  • in qualsiasi ventilatore, sia a “priorità di pressione” che a “priorità di trigger”, l’attivazione del trigger ha come conseguenza la variabilità dei tempi di Palta e/o Pbassa, che assumono valori spesso diversi da quelli impostati.
Dopo aver presentato le conclusioni, iniziamo l'analisi che ha portato ad esse.

Il test.

Ho testato su 4 differenti ventilatori meccanici una APRV così impostata: pressione alta (Palta) 18 cmH2O, pressione bassa (Pbassa) 0 cmH2O, tempo di Palta (TPalta) 3.5", tempo di Pbassa (TPbassa) 0.5".
Per il momento, identificherò i ventilatori con un numero (1, 2, 3 e 4): non è tanto importante sapere quale ventilatore fa una cosa e quale ne fa un’altra, ma piuttosto dare gli strumenti a ciascuno per capire cosa fa il ventilatore che utilizza quando si imposta una APRV. Comunque alla fine del post ti svelerò a che ventilatore corrisponde ciascun numero.

Nei ventilatori 1, 2 e 3 ho impostato la ventilazione come APRV e non genericamente come bilevel. Il ventilatore 4 offre un menù unico bilevel/APRV.

Su ciascun ventilatore la APRV è stata testata in tre condizioni: a paziente passivo, a paziente attivo con trigger disattivato (o impostato al valore massimo del trigger a pressione, quindi trigger molto difficile da attivare) e a paziente attivo con trigger a flusso sensibile (1-2 l/s).

Il circuito del ventilatore era collegato ad un polmone test, che da questo momento per noi sarà "il paziente", con il quale si è simulato sia il paziente attivo che passivo.

Di tutti i ventilatori presento uno screenshot con 20” consecutivi di ventilazione. Per il ventilatore 4 ho riprodotto i grafici a partire dai dati grezzi (quindi non si vede il vero aspetto dello schermo del ventilatore, anche se ho cercato di rispettare i colori originali).

APRV a paziente passivo.

Non perdo tempo a commentare le APRV a paziente passivo: tutti i ventilatori eseguono allo stesso modo il compito assegnato. In figura 1 ho affiancato le schermate dei 4 ventilatori e, a parte le differenze grafiche, in tutti troviamo sostanzialmente rispettato quello che abbiamo impostato.
Figura 1

La APRV però, come abbiamo visto nella prima parte del post, acquista il proprio senso quando accoglie l'attività respiratoria spontanea del paziente.  Pertanto analizziamo il comportamento dei 4 ventilatori con paziente attivo, prima con trigger disattivato e poi con trigger attivo.

Ventilatore 1.

Nella figura 2 vediamo il “ventilatore 1” con trigger “disattivato” (-15 cmH2O).
Figura 2

Nella figura ci sono alcune linee e frecce che ritroverai con lo stesso significato anche nelle figure successive: il passaggio a Palta è identificato dalla linea tratteggiata verticale rossa e quello a Pbassa dalla linea tratteggiata grigia. Il tempo di Palta effettivamente applicato dal ventilatore è quindi tra la linea rossa e la successiva linea grigia. Il TPalta impostato (3.5”) è indicato dalla lunghezza della freccia rossa a due punte. La reale durata di Pbassa è l’intervallo tra la linea tratteggiata grigia e la successiva rossa ed il TPbassa impostato è rappresentato dalla lunghezza della freccia a due punte blu (che corrisponde a 0.5”).

Nella figura 2, come atteso, vi è una perfetta coincidenza tra TPalta impostato e quello mantenuto dal ventilatore. Anche TPbassa effettivo ed impostato coincidono.

Nel punto “a” si vede il flusso inspiratorio al passaggio da Pbassa a Palta, generato dalla variazione di pressione del ventilatore.
Nei punti “b” e “c” vediamo una espirazione ed una inspirazione a pressione delle vie aeree costante: questa è una CPAP a Palta. La pressione resta costante perché il ventilatore ha come priorità il mantenimento della pressione impostata, indipendentemente dall’attivazione del trigger. Definiremo a “priorità di pressione” i ventilatori che si comportano in questo modo. 
Per mantenere costante la pressione delle vie aeree il ventilatore mantiene costante il volume di gas nel circuito: se il paziente inspirando sottrae gas dal circuito per portarlo nei polmoni, il ventilatore istantaneamente rimpiazza questo volume immettendo una identica quantità di gas (creando quindi un flusso inspiratorio). Se il paziente immette gas nel circuito espirandolo dai polmoni, il ventilatore istantaneamente fa uscire dalla valvola espiratoria un uguale volume di gas (creando quindi un flusso espiratorio).

Questo meccanismo, che dovrebbe essere tipico di tutte le ventilazioni bilevel, è costantemente attivo nelle fasi in cui la pressione deve rimanere costante ed è operativo indipendentemente dalla presenza di un trigger.

Nel punto “d” si vede un’espirazione con aumento della pressione. Questo accade perchè in questo caso l’espirazione attiva del paziente è stata molto più rapida della reazione del ventilatore nel far uscire dal circuito una quantità di gas pari a quella espirata dai polmoni del paziente (per l’interpretazione dell’interazione paziente-ventilatore vedi anche i post del 20/08/2017 e del 24/09/2017).

Molto interessante anche quello che si vede dopo il punto “e”. I
l paziente inizia una inspirazione già a Pbassa, come si evince dall'inizio del flusso inspiratorio in questa fase. Pbassa è uno dei due livelli di CPAP e come tale consente sia inspirazione che espirazione a pressione costante. L'attività inspiratoria a Pbassa è molto rara solo per la estrema brevità di questa fase, ma ogni tanto può comunque accadere.

Nella figura 3 vediamo cosa succede se sul ventilatore 1 attiviamo un trigger a flusso.
Figura 3

La prima cosa evidente è che la durata prestabilita di Palta (le frecce rosse) non coincide più con quella realmente erogata (tra linea verticale tratteggiata rossa e la successiva grigia). Nel punto “a” il paziente inizia un’espirazione su Palta che prosegue anche nel punto “b”, il momento in cui teoricamente Palta dovrebbe passare a Pbassa. In questo caso il ventilatore attende che l’espirazione prosegua ulteriormente prima di interrompere Palta. Per non appesantire il post, non faccio speculazioni sul possibile criterio utilizzato in questo punto per terminare Palta.

Nel punto “c” il paziente inizia un’inspirazione a Palta, che è in corso anche nel punto “d”, in cui scadrebbero i 3.5” di Palta. Il ventilatore finché il paziente inspira mantiene il livello di pressione, facendo coincidere il passaggio a Pbassa con il termine dell’inspirazione spontanea. Anche in questo caso, come nel ciclo precedente, l'effetto è l’aumento effettivo del TPalta rispetto a quello impostato.

Esattamente il contrario accade nei punti “e”, in cui il tempo di Palta si interrompe in anticipo rispetto a quello impostato. Il ventilatore rileva l'inizio dell'espirazione spontanea del paziente poco prima del termine di Palta e decide di sincronizzare il passaggio a Pbassa con l’espirazione del paziente.

L’analisi del monitoraggio evidenzia che l'esclusione o l'attivazione del trigger fa eseguire al ventilatore 1 due APRV diverse. La APRV senza trigger consente l’attività respiratoria spontanea del paziente sia a Pbassa che a Palta, ma è una vera ventilazione asincrona, che impone i propri tempi indipendentemente dalle fasi del ciclo respiratorio del paziente. Quando si attiva il trigger, la durata di Palta può essere accorciata o allungata per sincronizzarsi con l’attività respiratoria del paziente. Il tempo di Pbassa non appare sostanzialmente modificato nelle simulazioni fatte, probabilmente perché in un tempo così breve non riesce a manifestarsi un'attività respiratoria spontanea una volta che vi è la sincronia su Palta.

Ventilatore 2.

In figura 4 vediamo il ventilatore 2 con il trigger “off”: in questa macchina è possibile disattivare completamente il trigger.
Figura 4

In assenza di trigger il ventilatore 2 si comporta come il ventilatore 1, facendo una APRV rigidamente asincrona con il rispetto della durata dei tempi di Palta e Pbassa.

Da notare l'ottima stabilità di Palta durante l’attività respiratoria del paziente (punti “a”, “b”, “c”), anche quando questa è chiaramente asincrona (“a”): anche questo è un ventilatore a “priorità di pressione” e mantiene efficacemente le pressioni impostate indipendentemente dalla presenza del trigger.

Nella figura 5 si vede come esegue la APRV il ventilatore 2 dopo aver attivato il trigger a flusso.
Figura 5

Nel ventilatore 2, diversamente dal ventilatore 1, l’attivazione del trigger mantiene costante il tempo di Palta sul valore impostato, ma consente di abbreviare la durata di Pbassa, come evidente nel punto “a”, in cui nel periodo a Pbassa il paziente attiva il trigger anticipando l’inizio del periodo a Palta e riducendo il TPbassa.

Ventilatore 3.

La figura 6 mostra la APRV con il ventilatore 3 con il paziente attivo ed il trigger "disattivato" (in realtà il meno sensibile possibile , -15 cmH2O).
Figura 6

La scelta di disattivare il trigger, assolutamente efficace con i ventilatori 1 e 2, con il ventilatore 3 mette in atto una ventilazione killer. Nel punto “a” si può vedere che a Palta è consentita l’espirazione se si genera un aumento della pressione delle vie aeree. I punti “b” invece mostrano cosa accade quando il paziente tenta di inspirare: se non viene superata la soglia trigger, il ventilatore non eroga flusso e la conseguenza è la riduzione della pressione delle vie aeree. In altri termini, senza l’attivazione del trigger il paziente inspira contro valvole chiuse e depressurizza il circuito. Il ventilatore non si preoccupa della riduzione della pressione finchè questa è inferiore al trigger impostato. Nel punto “c” il paziente (ricordo che in realtà è un polmone test…) riesce con uno sforzo erculeo a generare una depressione superiore alla soglia trigger: solo a questo punto il ventilatore ritiene vi siano le condizioni per aprire la valvola inspiratoria e consente di far arrivare il tanto agognato flusso inspiratorio al paziente. Possiamo definire a ”priorità di trigger” i ventilatori che si comportano in questo modo.

Con i ventilatori a “priorità di trigger” è quindi PROIBITO fare APRV con trigger poco sensibile, cosa invece assolutamente possibile con i ventilatori a “priorità di pressione” come abbiamo visto in precedenza.

Vediamo nella figura 7 cosa succede se nel ventilatore 3 si imposta un trigger a flusso di 2 l/min.
Figura 7

Ora la APRV consente l’inspirazione a Palta grazie all'attivazione del trigger ad ogni tentativo di inspirazione del paziente.

Analogamente al ventilatore 1, anche nel ventilatore 3 l’attivazione del trigger sincronizza la durata di Palta con l’attività respiratoria del paziente e il TPalta impostato non necessariamente coincide con quello effettivo. In particolare vediamo nei punti “a” che il ventilatore sincronizza sempre la discesa a Pbassa con il termine del flusso inspiratorio a Palta. Questo può anticipare il termine di
Palta se avviene poco prima del termine programmato di TPalta (come nel primo, secondo e quarto punto “a”). Nei punti “b” e “c” si vede che il termine di Palta è posticipato se al momento prefissato di termine di TPalta è in corso un atto respiratorio del paziente (è già stata iniziata un’espirazione (“b”) oppure sta iniziando un’inspirazione (“c”)).

Il ventilatore 3 con l'attivazione del trigger risolve il problema dell’inspirazione su Palta. La sincronizzazione introdotta su Palta non mantiene la durata prefissata di TPalta

Ventilatore 4.

Nella figura 8 vediamo come si comporta il ventilatore 4 facendo la APRV con il trigger "disattivato" (cioè al minor livello di sensibilità possibile, -20 cmH2O).
Figura 8

Similmente al ventilatore 3, il ventilatore 4 è a “priorità di trigger”: l’impostazione della APRV senza trigger garantisce il rispetto dei tempi di Palta e Pbassa a prezzo di un’impossibilità ad inspirare durante Palta (punti “b”), mentre l’espirazione è possibile se viene superata la Palta impostata (punti “a”).

Quindi anche con il ventilatore 4 non bisogna mai fare APRV senza trigger! Assolutamente vietato.

Attivando il trigger a flusso sul ventilatore 4 vediamo cosa succede (figura 9):
Figura 9

Anche in questo caso l'attivazione del trigger consente l'inspirazione del paziente a Palta.
La durata di Palta effettiva può diventare più breve di quella impostata se il ventilatore rileva l’inizio di una espirazione a Palta poco prima del termine prefissato di TPalta (punto “a”): in questo caso la fine di Palta viene fatta coincidere con l’inizio dell’espirazione. Se al termine di TPalta il paziente sta inspirando (punto “b”), il ventilatore prolunga TPalta fino al momento dell’inizio della successiva espirazione (punto “c”). TPalta ha la durata impostata se non si verificano gli eventi precedenti (punti “d”). Il tratto comune di questi criteri è che comunque il passaggio a Pbassa avviene sempre quando inizia o è in corso un’espirazione.

Questo ventilatore è l’unico dei 4 in cui si riesce ad osservare un significativo allungamento del tempo di Pbassa (dal punto “e” al punto “f”); se il paziente attiva il trigger a Pbassa, questo ventilatore passa a Palta solo quando cessa il flusso inspiratorio a Pbassa (punto “f”).

APRV: ventilatori a confronto.

La ventilazione asincrona su due livelli (cioè la “vera APRV”) è di fatto possibile solo con ventilatori a “priorità di pressione” senza trigger.

L’attivazione del trigger, indispensabile per i ventilatori a “priorità di trigger” e opzionale in quelli a “priorità di pressione”, ha come conseguenza la variabilità dei tempi di Palta e Pbassa rispetto ai valori impostati.

L’attivazione del trigger ha comunque prodotto risultati diversi nei 4 ventilatori.
- Durata Palta. In un solo ventilatore (il 2) si è mantenuto il TPalta costante al valore impostato, accettando che i
l termine di Palta possa cadere in qualunque fase del respiro del paziente. Con i ventilatori 1, 3 e 4 (il primo a “priorità di pressione” e gli altri due a “priorità di trigger”) TPalta può allungarsi o abbreviarsi quando vi sono le condizioni per sincronizzare la fine di Palta con l’inizio di un’espirazione spontanea. Possiamo dire che nel ventilatore 2 il TPalta è uguale a quello impostato in tutti i cicli di Palta, mentre negli altri ventilatori probabilmente il TPalta realmente applicato è in media simile a quello impostato, potendo variare tra un ciclo ed un altro.

- Durata Pbassa. Nei ventilatori 1 e 3 non ho osservato significative variazioni del TPbassa, che sembra sempre coincidere con quello impostato. Il ventilatore 2 accorcia invece il TPbassa se il paziente inizia a inspirare in questa fase (di fatto il trigger è attivo solo a Pbassa). Può essere una scelta ragionevole, perché se il paziente inizia a inspirare probabilmente il volume polmonare non è eccessivamente elevato e la riduzione del TPbassa potrebbe avere un razionale. In maniera opposta al ventilatore 2, il ventilatore 4 allungare il TPbassa se il paziente inizia ad inspirare in questa fase. Essendo il paziente in inspirazione, l’allungamento del TPbassa non dovrebbe determinare un aumento del dereclutamento (il volume polmonare aumenta) e quindi questo non dovrebbe essere un problema. Potrebbe essere forse più discutibile il passaggio a Palta proprio al termine di una inspirazione spontanea, che produce di fatto una doppia inspirazione senza espirazione tra le due (punto “f” nella figura 9). Il rischio di raggiungere una variazione di volume eccessiva con questo meccanismo è però bilanciato dal fatto che l’aumento della pressione a Palta produce una variazione di volume ridotta se il paziente ha smesso di inspirare ed ha già un elevato volume polmonare che genera una elevata pressione alveolare.

Possiamo quindi concludere che ventilatori diversi fanno APRV diverse, alcune identiche a quella ideale, altre invece “aggiustate”. Conoscere il proprio ventilatore ci consente di evitare APRV “killer” e di adeguare l’impostazione del ventilatore alla reale interazione paziente-ventilatore.
Come esercizio ti propongo di capire da solo come funziona la APRV sui tuoi ventilatori meccanici utilizzando un pallone test al posto del paziente.

E per finire sveliamo i nomi dei ventilatori testati: il ventilatore 1 è Bellavista 1000 (il modello testato è IMT, oggi è un ventilatore Vyaire), il ventilatore 2 è Elisa 800 Löwenstein, il ventilatore 3 è G5 Hamilton ed il ventilatore 4 è Servo-u Getinge.

Faccio un complimento a tutti coloro che sono riusciti a seguire fino in fondo questo lunghissimo ed impegnativo post. Sono convinto che, oltre ad avere dato informazioni utili per fare APRV, sia stato un bell’esercizio di analisi della ventilazione meccanica e del monitoraggio grafico.

Come sempre, un sorriso a tutti gli amici di ventilab.
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Airway Pressure Release Ventilation (APRV). Parte prima: la modalità di ventilazione.

31 gen 2023
La Airway Pressure Release Ventilation (APRV) in alcuni casi consente di ottenere risultati impossibili per tutte le altre modalità di ventilazione assistita nei pazienti con ARDS

Vale la pena ricordare che due meta-analisi hanno mostrato che la APRV riduce la mortalità nei pazienti con insufficienza respiratoria ipossiemica rispetto alle modalità di ventilazioni convenzionali (1, 2). Non ritengo che le meta-analisi siano la risposta definitiva ai nostri dubbi, ma mi sembra che questa premessa sia un motivo sufficientemente valido per conoscere la APRV e sfruttarla in quei casi in cui le modalità di ventilazione convenzionali mostrano i propri limiti.

Non è la prima volta che dedico un post alla APRV. Questo è diviso in due parti: nella prima parte cercherò di riproporre in maniera originale i concetti principali che caratterizzano la APRV, nella seconda parte metterò a confronto il modo di applicare la APRV di quattro differenti ventilatori meccanici. Scopriremo che spesso i ventilatori meccanici non fanno la APRV come vorremmo e che bisogna imparare a leggere bene il proprio ventilatore per non rischiare di fare una APRV omicida.

Il paziente candidato alla APRV.

La APRV può essere utile quando si ha tachipnea (frequenza respiratoria superiore a 35-40/min), elevato volume corrente (600-800 ml, cioè > 10 ml/kg di peso ideale) ed elevata driving pressure (alla pausa di fine inspirazione più di 15-20 cmH2O sopra PEEP) dopo la sospensione della paralisi e la riduzione della sedazione nei pazienti con ARDS.

La APRV.

La APRV è una ventilazione in cui il livello più elevato di pressione (Palta) è mantenuto per un tempo superiore rispetto al livello inferiore di pressione (Pbassa) (figura 1).
Figura 1

Nell'esempio in figura 1 il tempo di applicazione di Palta (TPalta) (parentesi rossa)  è 3.5”, mentre il tempo in cui il ventilatore mantiene Pbassa (TPbassa, parentesi grigia) è 0.5”. Si nota che il passaggio da Palta a Pbassa (linea punteggiata verticale grigia) genera un flusso espiratorio, mentre al contrario il passaggio da Pbassa a Palta  (linea punteggiata verticale rossa) produce un flusso inspiratorio.

Le due pressioni che si alternano nella APRV altro non sono che due livelli di CPAP, uno a Palta  e l'altro a Pbassa: il paziente può respirare spontaneamente su entrambi i livelli di CPAP (figura 2).
Figura 2

Durante i periodi di Palta  (tra la linea tratteggiata rossa e la successiva linea tratteggiata grigia) le inspirazioni spontanee, cioè non associate ad aumento della pressione delle vie aeree (aree evidenziate in azzurro), si alternano alle espirazioni spontanee.

Il TPbassa invece è così breve (0.5”) che non in realtà non consente una libera attività respiratoria spontanea e solitamente è caratterizzato dal flusso espiratorio secondario alla riduzione di pressione.

Dal momento che Pbassa ha una durata talmente breve da non consentire di fatto il respiro spontaneo su questo livello, la APRV è di fatto una CPAP alla sola Palta.

Le brevi fasi di riduzione della pressione a Pbassa sono “rilasci” di pressione che aggiungono una ventilazione controllata al respiro spontaneo. Per questo si chiama “release ventilation”: il rilascio di pressione determina una espirazione seguita immediatamente da una inspirazione per effetto del ripristino di Palta: una specie di ventilazione al contrario, dove prima si espira e poi si inspira.

APRV: i vantaggi della ventilazione asincrona.

La APRV è (o dovrebbe essere, come vedremo nella seconda parte del post) una ventilazione asincrona, in cui non vi è un adattamento del ventilatore all’attività respiratoria del paziente. L'asincronia evita che l’inspirazione del paziente coincida ogni volta con l’insufflazione del ventilatoreL’asincronia della APRV determina la riduzione del volume corrente medio e delle variazioni tidal della pressione transpolmonare (3, 4), un effetto protettivo nella ventilazione dei pazienti con elevato drive respiratorio.

Questa asicronia peraltro non penalizza significativamente l'interazione paziente-ventilatore perchè in fondo la APRV è per circa il 90% del tempo una CPAP a Palta: la CPAP non ha bisogno di sincronizzazione essendo un respiro spontaneo senza supporto inspiratorio.

Perchè mantenere a lungo Palta.

L’applicazione di un'elevata pressione positiva per un lungo periodo è supportata da un duplice razionale:
- nella ARDS una pressione positiva sufficientemente elevata può ridurre il dereclutamento alveolare, favorendo una più omogenea distribuzione della ventilazione nei polmoni con un minor stress dinamico a parità di volume corrente; 
- l’inspirazione su un elevato livello di pressione determina una riduzione delle variazioni tidal di pressione pleurica (e quindi transpolmonare) rispetto all’inspirazione su valori di pressione più bassi (5).

Come impostare Palta.

La scelta di Palta è il compromesso tra diversi obiettivi: mantenere una pressione sufficientemente elevata da garantire un efficace reclutamento alveolare, evitando però eccessive variazioni di volume nelle fasi di rilascio o un risentimento emodinamico
Spesso si suggerisce una Palta inferiore alla pressione di plateau che si accetta durante la ventilazione convenzionale. Personalmente penso che sia ragionevole iniziare con un valore di Palta tra 20 e 25 cmH2O, riservando i valori più alti di questo range ai pazienti con compliance particolarmente bassa. E' opportuno rivalutare il livello di Palta se questo si associa a variazioni di volume eccessive (superiori al volume corrente accettato nella ventilazione protettiva) o insufficienti (se si avvicinano allo spazio morto). Volendomi sbilanciare, suggerirei di mantenere una variazione di volume durante i rilasci mediamente tra 4-6 ml/kg di peso ideale.

Come impostare la durata di Pbassa

Sperimentalmente una espirazione a ZEEP non superiore a 0.5" non ha il tempo di produrre un rilevante collasso alveolare (6). Per questo la durata della Pbassa in APRV, salvo buoni motivi, non dovrebbe essere superiore a 0.5”. Per evitare un rilevante collasso alveolare durante Pbassa alcuni propongono di regolare il TPbassa per interrompere il flusso espiratorio che a circa il 75% del picco.

Come impostare la durata di Palta.

Essendo TPbassa poco variabile (≤ 0.5"), il tempo su cui si può agire molto più liberamente è il TPalta. Più il TPalta è breve, più frequenti sono i rilasci di pressione, maggiore il contributo della ventilazione meccanica e quindi minore la necessità di ventilazione spontanea del paziente. Viceversa l'allungamento del TPalta, riduce il numero di rilasci ed allo stesso tempo prolunga le fasi del possibile respiro spontaneo a Palta. Nei soggetti che iniziano APRV ancora in coda di sedazione/paralisi si potrebbe suggerire un TPalta di circa 3”: in questo modo, con 0.5” di TPbassa, vi sarebbero circa 17 rilasci al minuto. Ma appena inizia a vedersi una sufficiente attività inspiratoria spontanea, TPalta dovrebbe essere aumentato, tenendo conto che a 4.5” i rilasci diventano 12 al minuto.

Conclusione.

Per concludere, riassumiamo i concetti fodamentali:
  • La APRV è una ventilazione per pazienti con ARDS con attività respiratoria spontanea;
  • La APRV è una ventilazione asincrona che riduce le escursioni tidal di pressione transpolmonare;
  • La parte spontanea della respirazione avviene come una CPAP Palta;
  • Il ventilatore genera una ventilazione controllata grazie ai rilasci a Pbassa;
  • Il tempo di Pbassa deve essere molto breve per evitare il collasso alveolare in espirazione;
  • L’allungamento del tempo di Palta aumenta la quota di respiro spontaneo.
Ti aspetto a berevissimo per la seconda parte del post. Come sempre un sorriso algi amici di ventilab.

Bibliografia

  1. Carsetti A, Damiani E, Domizi R, et al.: Airway pressure release ventilation during acute hypoxemic respiratory failure: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Ann Intensive Care 2019; 9:44
  2. Lim J, Litton E: Airway pressure release ventilation in adult patients with acute hypoxemic respiratory failure: a systematic review and meta-analysis. Crit Care Med 2019; 47:1794–1799
  3. Rittayamai N, Beloncle F, Goligher EC, et al.: Effect of inspiratory synchronization during pressure-controlled ventilation on lung distension and inspiratory effort. Ann Intensive Care 2017; 7:100
  4. Richard JCM, Lyazidi A, Akoumianaki E, et al.: Potentially harmful effects of inspiratory synchronization during pressure preset ventilation. Intensive Care Med 2013; 39:2003–2010
  5. Yoshida T, Grieco DL, Brochard L, et al.: Patient self-inflicted lung injury and positive end-expiratory pressure for safe spontaneous breathing: Curr Opin Crit Care 2020; 26:59–65
  6. Neumann P, Berglund JE, Mondéjar EF, et al.: Dynamics of lung collapse and recruitment during prolonged breathing in porcine lung injury. J Appl Physiol 1998; 85:1533–1543
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Airway Pressure Release Ventilation (APRV) e COVID-19: più ombre che luci.

4 giu 2020

Proseguendo il ciclo di post per rispondere collettivamente alle tante domande che mi sono arrivate durante l’emergenza COVID-19, è il momento della Airway Pressure Release Ventilation (APRV) nei pazienti con COVID-19. Alcuni colleghi ne hanno intravisto i possibili effetti positivi, altri invece i potenziali rischi.

Se vuoi capire meglio come funziona questa modalità di ventilazione, ti rimando al post del 11/02/2015.

Mi piace ribadire che qualsiasi modalità di ventilazione può essere ottimale o inadeguata: il suo esito dipende 1) dalle caratteristiche fisiopatologiche della malattia polmonare, 2) dalla fase clinica della malattia, 3) dalla impostazione della ventilazione e 4) dall’interazione con il paziente. E la APRV non fa eccezione. Analizziamo questi 4 aspetti con considerazioni specifiche per i pazienti con COVID-19.

Le caratteristiche fisiopatologiche della malattia polmonare.

La APRVV ha un proprio senso nei pazienti caratterizzati da una costante di tempo breve (vedi anche post del 30/06/2016 e del 17/07/2016). La costante di tempo breve consente l’espirazione (e la successiva rapida re-inflazione) di un significativo volume polmonare anche nei brevi rilasci di pressione, caratteristica precipua di questa modalità di ventilazione. Nella pratica clinica non misuriamo la costante di tempo, ma capiamo se essa è sufficientemente breve per la APRV se, durante le fugaci riduzioni della pressione delle vie aeree, il flusso espiratorio si riduce rapidamente dal proprio picco ed il paziente espira passivamente un volume significativo (mi sbilancio dicendo tra i 250 ed i 350 ml).

Se consideriamo la costante di tempo, l’indicazione alla APRV nella COVID-19, che è una ARDS su polmoni spesso sani, è ottimale. Mentre la APRV è assolutamente sconsigliabile nei pazienti ostruttivi, anche quando sviluppano una ARDS perchè la lunga costante di tempo che li caratterizza ostacola l’espirazione durante i rilasci di pressione.

In alcuni casi di COVID-19 ho osservato una espirazione tipica da paziente ostruttivo, cioè con flusso espiratorio che si riduce molto lentamente, pur in assenza di anamnesi positiva per malattie ostruttive respiratorie croniche. Pertanto la APRV può andare bene nella maggior parte dei pazienti con COVID-19, ma non in tutti.

La fase clinica della malattia.

La fase clinica in cui la APRV potrebbe fare la differenza è il momento della sospensione di sedazione e paralisi utilizzate durante il primo periodo di ventilazione protettiva. In questa fase molti pazienti con ARDS hanno un elevato drive respiratorio, cioè uno stimolo respiratorio molto intenso che li porta a respirare con un elevato volume corrente ad una alta frequenza respiratoria. Tutto il contrario della ventilazione protettiva che vorremmo proseguire anche con l’inizio della ventilazione assistita.

In queste condizioni le modalità di ventilazione ben sincronizzate con il paziente (come ad esempio la pressione di supporto) possono essere deleterie: ogni volta che il paziente inspira (intensamente), il ventilatore contemporaneamente eroga il supporto inspiratorio. Il volume generato dall’ispirazione del paziente si somma sempre con il volume prodotto dalla pressurizzazione del ventilatore e il risultato può essere devastante, con volume corrente spesso superiori a 10-12 ml/kg. Questo può essere un ottimo modo per indurre un ulteriore danno a polmoni che dovrebbero invece essere messi nelle condizioni di guarire.

In questo contesto, la APRV può diventare una buona soluzione, sfruttando la caratteristica di essere una ventilazione asincrona. Anche se qualche modello di ventilatore, volendo fare l’intelligente, non ci aiuta cercando la sincronizzazione con il paziente e facendo quindi perdere l’utile prerogativa (eccezionalmente, in questo caso) della asincronia. Nella APRV i brevi rilasci della pressione delle vie aeree ad un livello basso di pressione (Pbassa) sono seguiti da un immediato ripristino di una pressione più elevata (Palta), e garantiscono una parte della ventilazione. I rilasci di pressione sono asincroni rispetto alla attività respiratoria del paziente, che normalmente trova lo spazio per il proprio respiro spontaneo durante il periodo di Palta senza alcun supporto inspiratorio, cioè facendo di fatto una CPAP ad alta PEEP. Ventilatore e paziente ventilano indipendentemente l’uno dall’altro, senza quasi mai “pestarsi i piedi”, grazie al fatto che quasi sempre il ventilatore è a Palta.

L’impostazione della APRV.

È una ventilazione difficile da impostare e da seguire correttamente. La sconsiglio a chi non abbia una buona conoscenza teorica e pratica della ventilazione meccanica.

A puro titolo di esempio, ti dico con che impostazione referisco iniziarla,  senza pretendere che questa sia la verità, è solo il mio punto di partenza nella gestione della APRV.

Alla sospensione di sedazione e paralisi, inizio la APRV ai primi segni di attività respiratoria del paziente, meglio se ancora appena accennata. Non la inizio a paziente ancora totalmente passivo perché sarebbe nulla di più che una pressione controllata a rapporto invertito, ventilazione di cui ho imparato a fare a meno da almeno 20 anni. Finchè il paziente è passivo preferisco sfrutta la tradizionale ventilazione protettiva.

Imposto quindi un tempo di Palta a 2.5 secondi, un tempo di Pbassa di 0.5 secondi. Imposto la Palta a circa 20 cmH2O  e la Pbassa a 0 cmH2O. Quando la frequenza respiratoria spontanea del paziente aumenta, prolungo progressivamente il tempo di Palta fino ad arrivare ad un massimo di circa 4 secondi. Valuto l’appropriatezza del livello di Palta sulla base delle variazioni di volume durante i passaggi da Pbassa a Palta: esse dovrebbero essere un po’ più piccole del volume corrente della ventilazione protettiva (vedi sotto).

L’espirazione durante Pbassa deve essere incompleta per garantire la persistenza di una pressione positiva polmonare in qualsiasi fase del ciclo ventilatorio. Non devi quindi temere che impostare a 0 cmH2O la Pbassa porti a 0 cmH2O anche la pressione alveolare in espirazione: sfruttiamo l’autoPEEP a Pbassa.

In APRV non si può parlare di una PEEP (Positive End-Expiratory Pressure) e di una pressione inspiratoria, come purtroppo alcuni ventilatori indicano nel pannello di impostazione. Infatti in APRV inspirazione ed espirazione avvengono sia a Palta che a Pbassa. Nel paziente attivo molte inspirazioni ed espirazioni si hanno nei respiri spontanei a Palta: in queto caso la Palta è sia pressione inspiratoria che PEEP. La Pbassa è PEEP dei rilasci di pressione (difficilmente il paziente riesce ad inspirare durante il breve tempo di Pbassa). Quindi il paziente ha due PEEP, Palta e Pbassa, e teoricamente due autoPEEP, quella a Palta e quella a Pbassa.

L’interazione paziente-ventilatore.

L’interazione paziente-ventilatore in APRV non è semplice da giudicare. Spesso il paziente, proprio per l’asincronia con i rilasci del ventilatore, non ha una respirazione esteticamente “bella”, con due ritmi respiratori indipendenti e che si alternano, quello del paziente equello del ventilatore. L’obiettivo principale però è una somma ragionevole tra il volume corrente generato dal paziente a Palta e l’incremento di volume che si è prodotto nel passaggio da Pbassa a Palta. E’ difficile dare una indicazione precisa su cosa si intenda per volume ragionevole, però potremmo in linea di massima concordare su un volume certamente inferiore a 8-10 ml/kg di peso ideale. Qui è decisivo il tipo di monitoraggio del volume fatto dal ventilatore: il ventilatore migliore è quello che mantiene la somma di questi volumi, evitando di resettare il segnale ad ogni espirazione.

Cerco si spiegarmi meglio con due esempi. Nella figura 1 puoi vedere un paziente che inizia la APRV, con una attività respiratoria spontanea appena accennata. Il passaggio da Pbassa a Palta determina mediamente un incremento di volume di circa 220 ml (tratteggio bianco), mentre durante gli atti respiratori spontanei a Palta il paziente somma fino a circa 130 ml, giungendo ad un totale di 350 ml (tratteggio rosso).



Figura 1

Quando il paziente diventa più attivo, come nella figura 2, il volume che inspira spontaneamente lo porta a raggiungere variazioni totali di volume che oscillano tra i 455 ed i 630 ml. Anche in questa figura il tratteggio bianco indica la variazione di volume ottenuta con il passaggio da Pbassa a Palta (che come vedi è variabile) e la linea tratteggiata rossa il volume massimo ottenuto con la somma dell’attività respiratoria spontanea.



Figura 2

Di solito ricorro alla APRV in circa la metà delle ARDS “difficili” ed in circa il 50% di questi pazienti mi consente di mantenere sospesa la paralisi e traghettare in 1-2 giorni il paziente ad una accettabile ventilazione assistita convenzionale. Nell’altra metà dei pazienti il pattern respiratorio non è invece accettabile nemmeno in APRV e proseguo con un’altra giornata di sedazione e paralisi.

Ed ora la mia esperienza della APRV nei pazienti con COVID-19.  Nei pazienti COVID la sospensione di sedazione e paralisi determina un drive respiratorio “feroce”, uno stato di agitazione e polipnea indomabili. In molti casi (più del solito) l’APRV non ha evitato una ventilazione con elevato volume totale, con utilizzo della muscolatura accessoria della ventilazione ed una frequenza respiratoria molto elevata. Per questo motivo ho spesso fatto marcia indietro, ripiegando nuovamente alla sedazione e quindi alla sospensione della APRV. Dopo una serie di fallimenti, ho quindi di fatto desistito dal proporre la APRV ai pazienti che ho seguito personalmente, preferendo associare una sedazione più prolungata a modalità di ventilazione assistite o assistite-controllate.

Per concludere, la APRV è una arma in più nel nostro repertorio, ma come tutte le modalità di ventilazione non è di per sé buona o cattiva, ma dipende dalle caratteristiche fisiopatologiche della malattia polmonare, dalla fase clinica, dall’impostazione e dall’interazione con il paziente.

La APRV è una ventilazione “difficile, che richiede attenzione e competenza, non solo da parte di chi la imposta ma di tutta la catena dei medici che si susseguono nella cura del paziente.

Nel paziente con COVID mi ha risolto molto meno problemi di quanto non accada nelle altre forme di ARDS, anzi spesso ho dovuto abbandonarla precocemente e con il tempo l’ho utilizzata sempre meno.

Ciò non toglie che, valutata caso per caso, non possa essere utile in alcuni pazienti. Ma prima di utilizzarla sui COVID, è meglio aver acquisito una buona esperienza su pazienti in cui è meno problematico il passaggio dalla sedazione/paralisi alla ventilazione assistita.

Come sempre, un sorriso a tutti gli amici di ventilab.

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Airway Pressure Release Ventilation (APRV): come e perchè utilizzarla nel paziente con ARDS.

11 feb 2015

La Airway Pressure Release Ventilation (APRV) è una modalità di ventilazione un po’ strana, ma vale la pena conoscerla (ed imparare ad utilizzarla) perchè, a mio parere, in alcuni momenti può realmente cambiare la vita a qualche nostro paziente.

La APRV può essere molto utile in alcuni casi, ma come sempre non è la modalità di ventilazione in sè che “salva” il paziente, ma come la si utilizza.

Cosa è la APRV: come funziona, indicazioni e benefici clinici.

La APRV è un caso particolare di BIPAP (vedi post del 29/11/2014), in cui la pressione alta (Palta) viene mantenuta per un tempo superiore alla pressione bassa (Pbassa) (il tempo di Pbassa deve comunque essere inferiore a 1.5 secondi). Quindi la APRV è una CPAP su due livelli, ed il livello di pressione nettamente prevalente è quello alto (vedi figura 1).


Figura 1

La pressione alta.

Per capire la APRV, analizziamo per ora solamente la sua parte predominate, cioè i periodi a Palta, e dimentichiamo temporaneamente la presenza dei brevi periodi a Pbassa: da questa prospettiva ci troviamo di fronte ad una CPAP con una pressione elevata.

Sappiamo che una alta CPAP aumenta il volume di fine espirazione, lasciando il lavoro respiratorio a carico del paziente. A questo punto diventano chiare due condizioni che devono essere simultaneamente presenti per un’indicazione razionale della APRV:  1) la necessità di aumentare il volume polmonare a fine espirazione e 2) la volontà di far respirare spontaneamente il paziente. La APRV può essere applicata anche a pazienti passivi, ma in questo caso è inutile chiamarla APRV, il suo nome più corretto diventa pressione controllata a rapporti invertiti e perde tutti i vantaggi che descriveremo (che sono legati proprio alla presenza del respiro spontaneo): pertanto parleremo solo della “vera” APRV, cioè quella applicata in presenza di respiro spontaneo.

La necessità di aumentare il volume polmonare a fine espirazione ci fa venire subito in mente la Acute Respiratory Distress Syndrome (ARDS), condizione in cui spesso la capacità funzionale residua diventa inferiore ad 1 litro. Per questo motivo la principale applicazione della APRV è proprio la ARDS, mentre la APRV può essere vista come un controsenso in chi già soffre un elevato volume di fine espirazione, come i pazienti con iperinflazione dinamica associata a broncopneumopatia cronica ostruttiva.

Solo la presenza di attività respiratoria spontanea consente di sfruttare appieno i vantaggi della APRV. Per questo motivo la APRV non offre vantaggi rispetto alla ventilazione protettiva convenzionale (anzi, potrebbe anche essere peggiore) nelle fasi più gravi di ARDS, quando è necessario sedare e paralizzare i nostri pazienti. La APRV può diventare però un’arma decisiva quando si vogliano sospendere paralisi e sedazione nei casi di ARDS grave-moderata: spesso in questi pazienti l’inizio della ventilazione assistita è tempestoso, con tachipnea associata ad elevati volumi correnti, il tutto in un mare di asincronie. La CPAP della APRV lascia libero il paziente di respirare senza necessità di sincronia, e le inspirazioni su Palta, prive di supporto inspiratorio, normalmente si associano a volumi correnti accettabili. Ovviamente non si chiede al paziente di garantire da solo tutta la ventilazione/minuto, è sufficiente un contributo del paziente pari al 10-30% della ventilazione minuto (il resto lo faranno i passaggi in Pbassa, come vedremo in seguito). Il ripristino del respiro spontaneo favorisce l’aumento della portata cardiaca e la perfusione splancnica (per aumento del ritorno venoso associato a sedazione ridotta o abolita), il miglioramento dell’ossigenazione (si privilegia la ventilazione delle zone basali del polmone e la ridistribuzione dei gas alveolari) e la prevenzione della disfunzione dei muscoli respiratori indotta dalla ventilazione.

La pressione bassa.

La APRV deve anche supportare il paziente nell’eminazione di CO2 e questo risultato è ottenuto con i brevi periodi di Pbassa: nel passaggio a Pbassa (definito “rilascio di pressione“) i polmoni esalano un volume di gas che contiene CO2 ed il ritorno a Palta si ottiente con un volume di gas fresco che non contiene CO2. Si capisce bene a questo punto perchè si chiama “ventilazione a rilascio di pressione nelle vie aeree“: grazie ai rilasci di pressione si concretizza il supporto della ventilazione (=eliminazione di CO2), che sarà tanto maggiore quanto più frequenti saranno le fasi di Pbassa e quanto più grande il volume esalato nel passaggio a Pbassa.

In sintesi: il paziente rimane prevalentemente in CPAP (Palta) e non riceve alcun supporto inspiratorio ed i brevi rilasci di pressione consentono di eliminare “aria sporca” (=con CO2) e sostituirla con “aria pulita” (=senza CO2).

Al termine del periodo di Pbassa è comunque necessario che rimanga nei polmoni una pressione positiva (concettualmente simile alla PEEP totale) in linea con i valori di PEEP che riteniamo appropriati  per evitare l’atelectrauma. Grazie alla breve durata della Pbassa, questo risultato sarà ottenuto per merito dell’auto-PEEP (che, come abbiamo visto nel post del 18/08/2014, non è necessariamente un veleno…). 

A rigor di termine può essere improprio parlare di PEEP ed auto-PEEP (PEEP= positve end-expiratory pressure) nella APRV, visto che il periodo di Pbassa non è “l’espirazione” ma “una delle espirazioni” del paziente, una parte delle quali si può verificare anche a Palta. La figura 3 riportata di seguito potrà chiarire meglio il concetto. Impropriamente, solo per comodità continueremo a chiamare PEEP la pressione al termine del periodo di Pbassa.

Come impostare la APRV.

La gestione della APRV potrebbe non essere semplice ed immediata perchè richiede scienza, arte ed esperienza. Pertanto finchè non si diventa familiari con le sue dinamiche, suggerisco di applicare la APRV in casi abbastanza semplici (anche se la ARDS semplice non è mai) e progressivamente cercare di dominare anche le situazioni più complesse.

L’utilizzo della APRV si fonda su due fasi che devono essere continuamente ripercorse: 1) l’impostazione dei parametri e 2) l’adeguamento dell’impostazione in base ai risultati ottenuti.

Impostazione dei parametri.

La APRV richiede l’impostazione di 4 variabili: Palta, Pbassa, la durata di Palta (T-Palta) e la durata di Pbassa (T-Pbassa). Vediamo quale può essere una loro iniziale impostazione ragionata.

Palta: inizialmente si può impostare una Palta tra i 20 ed i 25 cmH2O. E’ mia opinione che sarebbe bene stare sempre almeno 5 cmH2O al di sotto della pressione di plateau di sicurezza (che spesso viene identificata a 30 cmH2O). Non propongo calcoli che potrebbero risultare complessi, ma penso che questa scelta possa con buona sicurezza assorbire anche gli aumenti di pressione transpolmonare dovuti all’attività respiratoria del spontanea del paziente durante Palta;

Pbassa: come impostazione iniziale preferisco scegliere 0 cmH2O associata ad un T-Pbassa molto breve (vedi sotto). In questo modo il flusso espiratorio passivo che inizia con il passaggio a Pbassa si interrompe precocemente, lasciano nel paziente una certa quota di “auto-PEEP“, che noi sfrutteremo per evitare il ciclico collasso alveolare in espirazione. (esiste anche la corrente di pensiero che preferisce valori di Pbassa sopra lo zero e un T-Pbassa più lungo. Ritengo che questo approccio condizioni inevitabilmente un T-Palta troppo breve, tuttavia in alcuni pazienti anche questa scelta potrebbe essere efficace);

T-Pbassa: può essere opportuno iniziare con 0.5″-0.6″.

T-Palta: la somma T-Pbassa + TPalta descrive la durata di un ciclo completo di APRV. Se scegliessimo 0.5″ di T-Pbassa e 4.5″ di T-Palta, avremmo un ciclo di 5″. Questo significa che ogni 5″ (e quindi 12 volte al minuto) c’è un rilascio di pressione e quindi un contributo meccanico alla ventilazione. Se il T-Palta fosse ridotto a 2.5″, il ciclo sarebbe di 3″ e quindi 20 volte al minuto ci sarebbe il rilascio di pressione. Quest’ultima scelta garantisce un maggior contributo del ventilatore all’eliminazione della CO2. Quindi il T-Palta deve essere accorciato quando si vuole supportare maggiormente l’eliminazione di CO2, mentre dovrebbe essere allungato quando il paziente è in grado di mantenere una adeguata PaCO2 con la propria attività respiratoria o quando è più importante supportare l’ossigenazione.

Adeguamento dell’impostazione in base ai risultati ottenuti.

PEEP totale: la PEEP totale si può misurare con l’occlusione di fine espirazione anche in APRV e dovrebbe essere simile alla PEEP che riteniamo appropriata. Nella figura vediamo un esempio: il plateau dell’occlusione a fine espirazione è indicato dalla doppia freccia rossa e si vede la lettura della PEEP totale che compare sul display numerico durante il periodo di occlusione.



Figura 2.

Se la PEEP totale fosse eccessiva, possiamo o ridurre i volumi correnti se sono elevati (vedi sotto) e/o aumentare T-Pbassa. Se la PEEP totale fosse invece insufficiente, possiamo ridurre il T-Pbassa e/o aumentare Pbassa.

Quando non è possibile stimare la PEEP totale, viene suggerito di modulare il T-Pbassa per interrompere l’espirazione quando il flusso espiratorio raggiunte il 50-75% rispetto al picco (vedi figura 3.)


Figura 3.

Volume corrente: le variazioni di passive di volume nel passaggio da Palta a Pbassa devono essere nei limiti accettabili della ventilazione protettiva, così come le variazioni totali di volume durante una fase di Palta devono essere ragionevoli.

Le variazioni di volume devono essere capite ed interpretate correttamente, per abituarci a farlo analizziamo il caso presentato in figura 4. Con i numeri da 1 a 4 sono indicate le diverse fasi di flusso (curva verde) durante Palta. Il numero 1 indica un flusso inspiratorio che inizia al passaggio da Pbassa a Palta. Al termine di questo flusso si completa un primo aumento nella traccia di volume corrente (la curva azzurra). Possiamo stimare (proiettando la fine del flusso sulla curva di volume) che a questo punto siano entrati circa 100 ml nei polmoni del paziente. Appena finito questo flusso inspiratorio, ne inizia un altro (il numero 2), questa volta completamente spontaneo (quindi un atto in CPAP a Palta). Al termine di questo flusso, il volume corrente è aumentato a circa 600 ml. Quindi segue un flusso espiratorio indicato con il numero 3 (un‘espirazione a Palta), al termine del quale il volume si è ridotto a circa 250 ml. L’ultima inspirazione (la numero 4) che avviene a Palta è ancora spontanea e riporta nuovamente il volume corrente a poco più di 600 ml. Il risultato finale è che durante il ciclo di Palta il volume polmonare non è mai aumentato oltre 600-650 ml (la somma algebrica di tre espirazioni ed 1 espirazione) : questo dato potrebbe essere accettabile in un paziente in cui il peso ideale fosse intorno agli 80 kg (saremmo entro gli 8 ml/kg), ma non in un soggetto il cui peso ideale fosse di 50 kg (aumento di volume di circa a 12 ml/kg). (Ovviamente si possono accettare sporadici volumi “eccessivi”).


Figura 4.

Se il volume fosse troppo piccolo possiamo aumentare la differenza tra Palta e la PEEP totale, viceversa quensta va ridotta se il volume corrente fosse eccessivo.

PaCO2: se la PaCO2 fosse troppo elevata, la soluzione è ridurre T-Palta, con l’effetto di aumentare il numero di rilasci al minuto. Ovviamente possiamo aumentare il volume associato al rilascio di pressione (vedi sopra) qualora questo fosse inferiore al raccomandato.

PaO2: l’ossigenazione può essere migliorata aumentando la pressione media delle vie aeree, cosa possibile aumentando Palta e/o T-Palta.

In questo post ho cercato di sintetizzare quanto ho appreso sulla APRV dagli studi clinici e dalla mia esperienza pratica. Certamente l’argomento si presterebbe a molte ulteriori considerazioni ed approfondimenti, che eventualmente affronteremo nello spazio per i commenti.

Conclusioni. 

Riassumendo gli aspetti principali della APRV:

  • la principale indicazione alla APRV è il paziente con ARDS moderata/grave con attività respiratoria spontanea; può essere quindi particolarmente utile nella transizione dalla ventilazione controllata con sedazione/paralisi alla ventilazione assistita;
  • la APRV consente di ridurre i sedativi, ripristinare l’attività dei muscoli respiratori e migliorare l‘ossigenazione, la portata cardiaca e la perfusione renale;
  • il valore di pressione alta dovrebbe essere sempre più basso della pressione di plateau che si considera come limite superiore da non superare; un valore abituale è tra i 20 ed i 25 cmH2O;
  • la pressione bassa può essere 0 cmH2con una breve durata (0.5″-0.6″)
  • la durata della pressione alta dipende dalla capacità di respiro spontaneo del paziente; più si vuole supportare la ventilazione del paziente, più breve deve essere la durata della pressione alta, più si vuole autonomizzare il paziente, più si deve allungare il tempo di pressione alta;
  • il volume corrente passivo deve essere nei limiti della ventilazione protettiva;
  • è opportuno valutare la PEEP totale e fare in modo che essa coincida con il valore di PEEP ottimale per il paziente.

Prima di alcuni suggerimenti bibliografici sulla APRV, come sempre un sorriso a tutti gli amici di ventilab.

 

Bibliografia.

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Review free:

Daoud EG et al. Airway Pressure Release Ventilation: what do we know? Respir Care 2012;57:282-92

 

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