Flow Index: uno strumento unico per ottimizzare il supporto inspiratorio

5 apr 2023

Durante la ventilazione meccanica il supporto inspiratorio dovrebbe essere modulato per mantenere un'ottimale attività dei muscoli inspiratori.

L’attività dei muscoli respiratori può misurata come la pressione da essi sviluppata durante l’inspirazione (Pressure-time product, PTP, vedi anche post del 30/10/2016)(figura 1), che è la somma di: a) la pressione generata dai muscoli respiratori per espandere i polmoni, espressa dalla riduzione della pressione esofagea durante l’inspirazione (PTPL, area tratteggiata obliqua); b) la pressione necessaria per espandere la gabbia toracica (PTPCW, area punteggiata) che è calcolata in ciascun istante dell’inspirazione come il prodotto tra l’elastanza della gabbia toracica (calcolabile dalla presisone esofagea) e volume inspirato .

Figura 1

Il supporto inspiratorio ha l'unica funzione di supportare l'attività dei muscoli respiratori, che è misurata dalla pressione esofagea. Detto questo, sembrerebbe ovvio che la pressione più importante da misurare nei pazienti ventilati dovrebbe essere la pressione esofagea… Nella pratica clinica la pressione esofagea è misurata raramente e l’appropriatezza del supporto inspiratorio è decisa principalmente valutando frequenza respiratoria e volume corrente ed eventualmente indicatori indiretti dell'attività dei muscoli respiratori, come ad esempio P0.1 (post del 27/06/2021), PMI (post del 08/05/2016), dPocc (1) e Flow Index, argomento di questo post.

Il Flow Index.

Il Flow Index è un numero adimensionale che descrive la forma della curva di flusso inspiratorio dal suo picco fino al momento del ciclaggio (2). Se questa porzione di flusso ha una concavità verso l’alto, il Flow Index assume un valore < 1 (tanto minore quanto più evidente è la concavità verso l’alto), se decresce linearmente il Flow Index è 1il Flow Index è > 1 se invece il flusso presenta una concavità verso il basso (Flow Index tanto maggiore quanto più è marcata la concavità verso il basso) (figura 2). 

Figura 2

Il Flow Index nasce dalla consapevolezza che durante la ventilazione pressometrica il flusso inspiratorio è decrescente se il paziente è passivo, mentre la riduzione della pressione alveolare per effetto dell'attività dei muscoli respiratori produce una concavità verso il basso.

Un’immagine vale più di tante parole: in figura 3  vediamo come cambia il profilo del flusso con l’aumento del livello del supporto di pressione (PS).

Figura 3

Con PS 20 il paziente, dopo l'attivazione del trigger inspiratorio, diventa passivo per tutta l’inspirazione ed il flusso è decrescente. Man mano che si riduce il supporto inspiratorio (progredendo da destra a sinistra nella figura 3), l’attività inspiratoria diventa progressivamente più intensa e parallelamente la curva di flusso assume una morfologia con una concavità verso il basso sempre più accentuata. Ne consegue che di pari passo con l’aumento dell’attività dei muscoli respiratori il Flow Index diventa sempre più alto.

Questo concetto è tutt’altro che una novità per chi ha partecipato ai nostri corsi di ventilazione o segue ventilab: la valutazione dell’attività dei muscoli respiratori dalla valutazione della curva di flusso veniva già proposta nel nostro primo corso di ventilazione meccanica del 2007, è stata l’argomento di uno dei primi post che ho scritto su ventilab (quello del 25/03/2010) ed è una parte importante del metodo RESPIRE (in particolare della sua lettera “I”), presentato nella sua prima versione nel post del 20/08/2017

Il Flow Index ha semplicemente trasformato la valutazione soggettiva e qualitativa della curva di flusso in una misurazione oggettiva quantitativaGli studi sul Flow Index (2-4) hanno consentito di dimostrare due cose importanti:

1. la morfologia del flusso inspiratorio in ventilazione pressometrica è efficace per valutare in modo non-invasivo e continuo l’attività dei muscoli respiratori. Prima del Flow Index esisteva solamente il razionale teorico di questo approccio (che era già molto), ora a questo si è aggiunta anche la dimostrazione sperimentale;

2. la valutazione di frequenza respiratoria e volume corrente per avere un’idea dello sforzo inspiratorio non può sostituire l'informazione data dal Flow Index, ma tutt'al più deve integrare il Flow Index. Infatti la robusta associazione tra Flow Index e sforzo inspiratorio si conferma anche quando la relazione è “aggiustata" per il volume corrente e la frequenza respiratoria.

Come si calcola il Flow Index

Una breve nota tecnica. Il Flow Index esamina la parte di flusso successiva al picco e precedente il ciclaggio (figura 4) e su questa parte applica la stessa equazione utilizzata sulla pressione delle vie aeree per calcolare lo stress index: $$flusso = a + b \cdot tempo^c $$

Il parametro c, l’esponente del tempo, è il Flow Index. Di seguito due esempi.

Figura 4

Al momento il Flow Index è calcolabile solamente con una procedura di analisi matematica dei dati di flusso, ma in futuro potrebbe facilmente essere calcolato automaticamente dai ventilatori meccanici se ovviamente si aggiungeranno altre validazioni agli studi già esistenti che ne confermano la capacità di identificare i pazienti sovra- o sotto-assistiti (3,4). Nel frattempo rimane assolutamente spendibile nella pratica clinica l’analisi qualitativa della curva di flusso, che porta alla facile identificazione “a occhio” dei pazienti con elevata o ridotta attività inspiratoria, cioè con o senza concavità verso il basso nella curva di flusso.

La peculiarità del Flow Index rispetto alle altre stime dell’attività dei muscoli respiratori.

Come abbiamo accennato, oltre al Flow Index esistono anche altri indicatori dell’attività dei muscoli inspiratori. C'è però una differenza importante tra il Flow Index e gli altri indici di attività dei muscoli respiratori. 

P0.1, PMI e dPocc sono influenzati sia dall’attività inspiratoria pre-trigger che da quella post-trigger, mentre il Flow Index solo dall’attività inspiratoria post-trigger. L’implicazione clinica di questa differenza è fondamentale, cerchiamo di capire il perchè. 

Nella figura 5 è riproposto il PTP che abbiamo visto in figura 1 in una forma leggermente più complessa. 

Figura 5

L'attività inspiratoria inizia sulla linea "A" (come si può notare dall'inizio della riduzione della pressione esofagea), ma il flusso inspiratorio inizia solo sulla linea "C". La parte di PTP precedente la linea "C" è attività inspiratoria pre-trigger, dovuta al carico soglia sia all'autoPEEP (PTPpeepi) che all'attivazione del trigger (PTPtr). La porzione di PTP oltre la linea "C" (PTPpost) è attività inspiratoria post-trigger, ed è l'unica che si verifica esclusivamente dopo l'inizio del supporto inspiratorio (cioè l'aumento della pressione delle vie aeree, Paw) ed è simultanea al porzione di flusso analizzata dal Flow Index

Quindi il Flow Index è sensibile solo quella parte di sforzo inspiratorio che si origina durante il supporto inspiratorio. In altre parole, il Flow Index è un indice specifico dell'attività inspiratoria post-trigger e tra i parametri ventilatori è influenzato dall'unico che agisce post-trigger, cioè il supporto inspiratorio

Al contrario,  P0.1, PMI e dPocc sono modificati sia dallo sforzo pre- che post-trigger e quindi su di loro hanno un impatto sia le impostazioni del ventilatore che agiscono pre-trigger (trigger inspiratorio e PEEP in relazione all'autoPEEP) che quella post-trigger (supporto inspiratorio).

L'implicazione clinica è che in un paziente con segni e sintomi di eccessiva attività dei muscoli respiratori, un Flow Index > 1 (flusso con concavità verso il basso) suggerisce in prima istanza di aumentare il supporto inspiratorio. Al contrario un Flow Index ≤ 1 (flusso che decresce linearmente o con concavità verso l'alto) dovrebbe indicare che lo sforzo post-trigger è già ridotto e che quindi dovrebbe essere più efficace ridurre lo sforzo pre-trigger modificando la PEEP o il trigger oppure riducendo l'autoPEEP con la terapia broncodilatatrice e/o la posizione seduta e/o la terapia diuretica. Vediamo in figura 6 un esempio di un paziente con queste caratteristiche:

Figura 6

L’attività dei muscoli respiratori inizia in corrispondenza della linea verticale tratteggiata bianca ed il flusso inizia sulla linea tratteggiata verticale rossa. Tutto il calo della pressione esofagea (Pes) si consuma tra queste due linee. Dopo l'inizio del flusso la pressione esofagea non cala ulteriormente, segno di una attività dei muscoli inspiratori minima o nulla in questa fase. 

Una grave debolezza dei muscoli respiratori (rilevabile da una MIP molto bassa, vedi post 28/06/2013) è forse l'unica eccezione a questo approccio: in questo caso l'attività inspiratoria post-trigger è bassa qualsiasi livello di supporto inspiratorio, perchè i muscoli respiratori non riescono a generare una pressione più elevata. In questa condizione il volume corrente dipende unicamente dal supporto inspiratorio ed è l'unica condizione clinica in cui, a paziente attivo, il supporto di pressione debba essere regolato in prima istanza per ottenere il volume corrente dediderato.

Conclusioni

Una breve sintesi dei punti principale del post di oggi:

- la variazione inspiratoria della pressione esofagea è il vero obiettivo del supporto inspiratorio. Ne consegue che la pressione esofagea dovrebbe essere misurata nei pazienti inventilazione assistita, perlomeno in quelli con weaning prolungato;

- il Flow Index è un numero che misura la concavità del flusso inspiratorio ed è una stima indiretta dell’attività post-trigger dei muscoli respiratori;

- un Flow index <= 1 (flusso inspiratorio con concavità verso l’alto o con decadimento lineare) indica una passività dei muscoli respiratori durante il supporto inspiratorio (post-trigger);

- un flow index > 1 (concavità verso il basso) indica attività inspiratoria durante il supporto inspiratorio (post-trigger): tanto maggiore è il Flow Index (cioè la concavità verso il basso del flusso), tanto maggiore l'attività inspiratoria;

- nei pazienti con segni di eccessiva attività inspiratoria è opportuno incrementare il supporto di pressione se Flow Index > 1 (concavità verso il basso), mentre è meglio ottimizzare PEEP e trigger o ridurre l'autoPEEP se Flow Index <= 1 (concavità verso l'alto o decadimento lineare). Questo approccio potrebbe non essere appropriato nei pazienti con bassa MIP.

Un sorriso e buona Pasqua a tutti gli amici di ventilab.


Bibliografia

1. Bertoni M, Telias I, Urner M, et al.: A novel non-invasive method to detect excessively high respiratory effort and dynamic transpulmonary driving pressure during mechanical ventilation. Crit Care 2019; 23:346
2. Albani F, Pisani L, Ciabatti G, et al.: Flow Index: a novel, non-invasive, continuous, quantitative method to evaluate patient inspiratory effort during pressure support ventilation. Crit Care 2021; 25:196
3. Albani F, Fusina F, Ciabatti G, et al.: Flow Index accurately identifies breaths with low or high inspiratory effort during pressure support ventilation. Crit Care 2021; 25:427
4. Miao M-Y, Chen W, Zhou Y-M, et al.: Validation of the flow index to detect low inspiratory effort during pressure support ventilation. Ann Intensive Care 2022; 12:89
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Airway Pressure Release Ventilation (APRV). Parte seconda: le notevoli differenze tra ventilatori meccanici.

5 feb 2023
Nella prima parte del post ho rivisitato indicazioni, razionale e criteri di impostazione della APRV.

Ora passiamo dalla teoria alla pratica: vediamo come quattro diversi ventilatori eseguono la APRV a parità di impostazione.

Questo post penso possa essere seguito meglio se fin dall’inizio è chiaro il punto di arrivo. Per questo motivo eccezionalmente apriamo con le conclusioni, nella convinzione che forniscano un filo logico sul quale raccogliere le analisi che seguiranno.

Conclusioni.

I ventilatori meccanici, a parità di impostazione, eseguono la APRV in modo sostanzialmente differente l'uno dall'altro: il medesimo setting può produrre in un ventilatore una APRV eccellente ed in un'altro "ventilazione killer". Si può fare una buona APRV con qualsiasi ventilatore a patto che se ne capisca la specifica logica di esecuzione. Per questo scopo:
  • l'unico approccio efficace è la corretta interpretazione delle due tracce principali del monitoraggio, le curve di pressioneflusso. E' un esercizio meraviglioso e senza alternative;
  • è fondamentale capire se il ventilatore che si sta utilizzando è a "priorita di pressione" oppure a "priorità di trigger";
  • nei ventilatori con “priorità di pressione” è possibile fare un’ottima APRV con il trigger non attivo: è garantito il respiro spontaneo a Palta e vi è un rigoroso rispetto dei tempi di  Palta e Pbassa;
  • nei ventilatori con “priorità di trigger” è assolutamente indispensabile impostare la APRV con un trigger molto sensibile per consentire il respiro spontaneo del paziente a Palta;
  • in qualsiasi ventilatore, sia a “priorità di pressione” che a “priorità di trigger”, l’attivazione del trigger ha come conseguenza la variabilità dei tempi di Palta e/o Pbassa, che assumono valori spesso diversi da quelli impostati.
Dopo aver presentato le conclusioni, iniziamo l'analisi che ha portato ad esse.

Il test.

Ho testato su 4 differenti ventilatori meccanici una APRV così impostata: pressione alta (Palta) 18 cmH2O, pressione bassa (Pbassa) 0 cmH2O, tempo di Palta (TPalta) 3.5", tempo di Pbassa (TPbassa) 0.5".
Per il momento, identificherò i ventilatori con un numero (1, 2, 3 e 4): non è tanto importante sapere quale ventilatore fa una cosa e quale ne fa un’altra, ma piuttosto dare gli strumenti a ciascuno per capire cosa fa il ventilatore che utilizza quando si imposta una APRV. Comunque alla fine del post ti svelerò a che ventilatore corrisponde ciascun numero.

Nei ventilatori 1, 2 e 3 ho impostato la ventilazione come APRV e non genericamente come bilevel. Il ventilatore 4 offre un menù unico bilevel/APRV.

Su ciascun ventilatore la APRV è stata testata in tre condizioni: a paziente passivo, a paziente attivo con trigger disattivato (o impostato al valore massimo del trigger a pressione, quindi trigger molto difficile da attivare) e a paziente attivo con trigger a flusso sensibile (1-2 l/s).

Il circuito del ventilatore era collegato ad un polmone test, che da questo momento per noi sarà "il paziente", con il quale si è simulato sia il paziente attivo che passivo.

Di tutti i ventilatori presento uno screenshot con 20” consecutivi di ventilazione. Per il ventilatore 4 ho riprodotto i grafici a partire dai dati grezzi (quindi non si vede il vero aspetto dello schermo del ventilatore, anche se ho cercato di rispettare i colori originali).

APRV a paziente passivo.

Non perdo tempo a commentare le APRV a paziente passivo: tutti i ventilatori eseguono allo stesso modo il compito assegnato. In figura 1 ho affiancato le schermate dei 4 ventilatori e, a parte le differenze grafiche, in tutti troviamo sostanzialmente rispettato quello che abbiamo impostato.
Figura 1

La APRV però, come abbiamo visto nella prima parte del post, acquista il proprio senso quando accoglie l'attività respiratoria spontanea del paziente.  Pertanto analizziamo il comportamento dei 4 ventilatori con paziente attivo, prima con trigger disattivato e poi con trigger attivo.

Ventilatore 1.

Nella figura 2 vediamo il “ventilatore 1” con trigger “disattivato” (-15 cmH2O).
Figura 2

Nella figura ci sono alcune linee e frecce che ritroverai con lo stesso significato anche nelle figure successive: il passaggio a Palta è identificato dalla linea tratteggiata verticale rossa e quello a Pbassa dalla linea tratteggiata grigia. Il tempo di Palta effettivamente applicato dal ventilatore è quindi tra la linea rossa e la successiva linea grigia. Il TPalta impostato (3.5”) è indicato dalla lunghezza della freccia rossa a due punte. La reale durata di Pbassa è l’intervallo tra la linea tratteggiata grigia e la successiva rossa ed il TPbassa impostato è rappresentato dalla lunghezza della freccia a due punte blu (che corrisponde a 0.5”).

Nella figura 2, come atteso, vi è una perfetta coincidenza tra TPalta impostato e quello mantenuto dal ventilatore. Anche TPbassa effettivo ed impostato coincidono.

Nel punto “a” si vede il flusso inspiratorio al passaggio da Pbassa a Palta, generato dalla variazione di pressione del ventilatore.
Nei punti “b” e “c” vediamo una espirazione ed una inspirazione a pressione delle vie aeree costante: questa è una CPAP a Palta. La pressione resta costante perché il ventilatore ha come priorità il mantenimento della pressione impostata, indipendentemente dall’attivazione del trigger. Definiremo a “priorità di pressione” i ventilatori che si comportano in questo modo. 
Per mantenere costante la pressione delle vie aeree il ventilatore mantiene costante il volume di gas nel circuito: se il paziente inspirando sottrae gas dal circuito per portarlo nei polmoni, il ventilatore istantaneamente rimpiazza questo volume immettendo una identica quantità di gas (creando quindi un flusso inspiratorio). Se il paziente immette gas nel circuito espirandolo dai polmoni, il ventilatore istantaneamente fa uscire dalla valvola espiratoria un uguale volume di gas (creando quindi un flusso espiratorio).

Questo meccanismo, che dovrebbe essere tipico di tutte le ventilazioni bilevel, è costantemente attivo nelle fasi in cui la pressione deve rimanere costante ed è operativo indipendentemente dalla presenza di un trigger.

Nel punto “d” si vede un’espirazione con aumento della pressione. Questo accade perchè in questo caso l’espirazione attiva del paziente è stata molto più rapida della reazione del ventilatore nel far uscire dal circuito una quantità di gas pari a quella espirata dai polmoni del paziente (per l’interpretazione dell’interazione paziente-ventilatore vedi anche i post del 20/08/2017 e del 24/09/2017).

Molto interessante anche quello che si vede dopo il punto “e”. I
l paziente inizia una inspirazione già a Pbassa, come si evince dall'inizio del flusso inspiratorio in questa fase. Pbassa è uno dei due livelli di CPAP e come tale consente sia inspirazione che espirazione a pressione costante. L'attività inspiratoria a Pbassa è molto rara solo per la estrema brevità di questa fase, ma ogni tanto può comunque accadere.

Nella figura 3 vediamo cosa succede se sul ventilatore 1 attiviamo un trigger a flusso.
Figura 3

La prima cosa evidente è che la durata prestabilita di Palta (le frecce rosse) non coincide più con quella realmente erogata (tra linea verticale tratteggiata rossa e la successiva grigia). Nel punto “a” il paziente inizia un’espirazione su Palta che prosegue anche nel punto “b”, il momento in cui teoricamente Palta dovrebbe passare a Pbassa. In questo caso il ventilatore attende che l’espirazione prosegua ulteriormente prima di interrompere Palta. Per non appesantire il post, non faccio speculazioni sul possibile criterio utilizzato in questo punto per terminare Palta.

Nel punto “c” il paziente inizia un’inspirazione a Palta, che è in corso anche nel punto “d”, in cui scadrebbero i 3.5” di Palta. Il ventilatore finché il paziente inspira mantiene il livello di pressione, facendo coincidere il passaggio a Pbassa con il termine dell’inspirazione spontanea. Anche in questo caso, come nel ciclo precedente, l'effetto è l’aumento effettivo del TPalta rispetto a quello impostato.

Esattamente il contrario accade nei punti “e”, in cui il tempo di Palta si interrompe in anticipo rispetto a quello impostato. Il ventilatore rileva l'inizio dell'espirazione spontanea del paziente poco prima del termine di Palta e decide di sincronizzare il passaggio a Pbassa con l’espirazione del paziente.

L’analisi del monitoraggio evidenzia che l'esclusione o l'attivazione del trigger fa eseguire al ventilatore 1 due APRV diverse. La APRV senza trigger consente l’attività respiratoria spontanea del paziente sia a Pbassa che a Palta, ma è una vera ventilazione asincrona, che impone i propri tempi indipendentemente dalle fasi del ciclo respiratorio del paziente. Quando si attiva il trigger, la durata di Palta può essere accorciata o allungata per sincronizzarsi con l’attività respiratoria del paziente. Il tempo di Pbassa non appare sostanzialmente modificato nelle simulazioni fatte, probabilmente perché in un tempo così breve non riesce a manifestarsi un'attività respiratoria spontanea una volta che vi è la sincronia su Palta.

Ventilatore 2.

In figura 4 vediamo il ventilatore 2 con il trigger “off”: in questa macchina è possibile disattivare completamente il trigger.
Figura 4

In assenza di trigger il ventilatore 2 si comporta come il ventilatore 1, facendo una APRV rigidamente asincrona con il rispetto della durata dei tempi di Palta e Pbassa.

Da notare l'ottima stabilità di Palta durante l’attività respiratoria del paziente (punti “a”, “b”, “c”), anche quando questa è chiaramente asincrona (“a”): anche questo è un ventilatore a “priorità di pressione” e mantiene efficacemente le pressioni impostate indipendentemente dalla presenza del trigger.

Nella figura 5 si vede come esegue la APRV il ventilatore 2 dopo aver attivato il trigger a flusso.
Figura 5

Nel ventilatore 2, diversamente dal ventilatore 1, l’attivazione del trigger mantiene costante il tempo di Palta sul valore impostato, ma consente di abbreviare la durata di Pbassa, come evidente nel punto “a”, in cui nel periodo a Pbassa il paziente attiva il trigger anticipando l’inizio del periodo a Palta e riducendo il TPbassa.

Ventilatore 3.

La figura 6 mostra la APRV con il ventilatore 3 con il paziente attivo ed il trigger "disattivato" (in realtà il meno sensibile possibile , -15 cmH2O).
Figura 6

La scelta di disattivare il trigger, assolutamente efficace con i ventilatori 1 e 2, con il ventilatore 3 mette in atto una ventilazione killer. Nel punto “a” si può vedere che a Palta è consentita l’espirazione se si genera un aumento della pressione delle vie aeree. I punti “b” invece mostrano cosa accade quando il paziente tenta di inspirare: se non viene superata la soglia trigger, il ventilatore non eroga flusso e la conseguenza è la riduzione della pressione delle vie aeree. In altri termini, senza l’attivazione del trigger il paziente inspira contro valvole chiuse e depressurizza il circuito. Il ventilatore non si preoccupa della riduzione della pressione finchè questa è inferiore al trigger impostato. Nel punto “c” il paziente (ricordo che in realtà è un polmone test…) riesce con uno sforzo erculeo a generare una depressione superiore alla soglia trigger: solo a questo punto il ventilatore ritiene vi siano le condizioni per aprire la valvola inspiratoria e consente di far arrivare il tanto agognato flusso inspiratorio al paziente. Possiamo definire a ”priorità di trigger” i ventilatori che si comportano in questo modo.

Con i ventilatori a “priorità di trigger” è quindi PROIBITO fare APRV con trigger poco sensibile, cosa invece assolutamente possibile con i ventilatori a “priorità di pressione” come abbiamo visto in precedenza.

Vediamo nella figura 7 cosa succede se nel ventilatore 3 si imposta un trigger a flusso di 2 l/min.
Figura 7

Ora la APRV consente l’inspirazione a Palta grazie all'attivazione del trigger ad ogni tentativo di inspirazione del paziente.

Analogamente al ventilatore 1, anche nel ventilatore 3 l’attivazione del trigger sincronizza la durata di Palta con l’attività respiratoria del paziente e il TPalta impostato non necessariamente coincide con quello effettivo. In particolare vediamo nei punti “a” che il ventilatore sincronizza sempre la discesa a Pbassa con il termine del flusso inspiratorio a Palta. Questo può anticipare il termine di
Palta se avviene poco prima del termine programmato di TPalta (come nel primo, secondo e quarto punto “a”). Nei punti “b” e “c” si vede che il termine di Palta è posticipato se al momento prefissato di termine di TPalta è in corso un atto respiratorio del paziente (è già stata iniziata un’espirazione (“b”) oppure sta iniziando un’inspirazione (“c”)).

Il ventilatore 3 con l'attivazione del trigger risolve il problema dell’inspirazione su Palta. La sincronizzazione introdotta su Palta non mantiene la durata prefissata di TPalta

Ventilatore 4.

Nella figura 8 vediamo come si comporta il ventilatore 4 facendo la APRV con il trigger "disattivato" (cioè al minor livello di sensibilità possibile, -20 cmH2O).
Figura 8

Similmente al ventilatore 3, il ventilatore 4 è a “priorità di trigger”: l’impostazione della APRV senza trigger garantisce il rispetto dei tempi di Palta e Pbassa a prezzo di un’impossibilità ad inspirare durante Palta (punti “b”), mentre l’espirazione è possibile se viene superata la Palta impostata (punti “a”).

Quindi anche con il ventilatore 4 non bisogna mai fare APRV senza trigger! Assolutamente vietato.

Attivando il trigger a flusso sul ventilatore 4 vediamo cosa succede (figura 9):
Figura 9

Anche in questo caso l'attivazione del trigger consente l'inspirazione del paziente a Palta.
La durata di Palta effettiva può diventare più breve di quella impostata se il ventilatore rileva l’inizio di una espirazione a Palta poco prima del termine prefissato di TPalta (punto “a”): in questo caso la fine di Palta viene fatta coincidere con l’inizio dell’espirazione. Se al termine di TPalta il paziente sta inspirando (punto “b”), il ventilatore prolunga TPalta fino al momento dell’inizio della successiva espirazione (punto “c”). TPalta ha la durata impostata se non si verificano gli eventi precedenti (punti “d”). Il tratto comune di questi criteri è che comunque il passaggio a Pbassa avviene sempre quando inizia o è in corso un’espirazione.

Questo ventilatore è l’unico dei 4 in cui si riesce ad osservare un significativo allungamento del tempo di Pbassa (dal punto “e” al punto “f”); se il paziente attiva il trigger a Pbassa, questo ventilatore passa a Palta solo quando cessa il flusso inspiratorio a Pbassa (punto “f”).

APRV: ventilatori a confronto.

La ventilazione asincrona su due livelli (cioè la “vera APRV”) è di fatto possibile solo con ventilatori a “priorità di pressione” senza trigger.

L’attivazione del trigger, indispensabile per i ventilatori a “priorità di trigger” e opzionale in quelli a “priorità di pressione”, ha come conseguenza la variabilità dei tempi di Palta e Pbassa rispetto ai valori impostati.

L’attivazione del trigger ha comunque prodotto risultati diversi nei 4 ventilatori.
- Durata Palta. In un solo ventilatore (il 2) si è mantenuto il TPalta costante al valore impostato, accettando che i
l termine di Palta possa cadere in qualunque fase del respiro del paziente. Con i ventilatori 1, 3 e 4 (il primo a “priorità di pressione” e gli altri due a “priorità di trigger”) TPalta può allungarsi o abbreviarsi quando vi sono le condizioni per sincronizzare la fine di Palta con l’inizio di un’espirazione spontanea. Possiamo dire che nel ventilatore 2 il TPalta è uguale a quello impostato in tutti i cicli di Palta, mentre negli altri ventilatori probabilmente il TPalta realmente applicato è in media simile a quello impostato, potendo variare tra un ciclo ed un altro.

- Durata Pbassa. Nei ventilatori 1 e 3 non ho osservato significative variazioni del TPbassa, che sembra sempre coincidere con quello impostato. Il ventilatore 2 accorcia invece il TPbassa se il paziente inizia a inspirare in questa fase (di fatto il trigger è attivo solo a Pbassa). Può essere una scelta ragionevole, perché se il paziente inizia a inspirare probabilmente il volume polmonare non è eccessivamente elevato e la riduzione del TPbassa potrebbe avere un razionale. In maniera opposta al ventilatore 2, il ventilatore 4 allungare il TPbassa se il paziente inizia ad inspirare in questa fase. Essendo il paziente in inspirazione, l’allungamento del TPbassa non dovrebbe determinare un aumento del dereclutamento (il volume polmonare aumenta) e quindi questo non dovrebbe essere un problema. Potrebbe essere forse più discutibile il passaggio a Palta proprio al termine di una inspirazione spontanea, che produce di fatto una doppia inspirazione senza espirazione tra le due (punto “f” nella figura 9). Il rischio di raggiungere una variazione di volume eccessiva con questo meccanismo è però bilanciato dal fatto che l’aumento della pressione a Palta produce una variazione di volume ridotta se il paziente ha smesso di inspirare ed ha già un elevato volume polmonare che genera una elevata pressione alveolare.

Possiamo quindi concludere che ventilatori diversi fanno APRV diverse, alcune identiche a quella ideale, altre invece “aggiustate”. Conoscere il proprio ventilatore ci consente di evitare APRV “killer” e di adeguare l’impostazione del ventilatore alla reale interazione paziente-ventilatore.
Come esercizio ti propongo di capire da solo come funziona la APRV sui tuoi ventilatori meccanici utilizzando un pallone test al posto del paziente.

E per finire sveliamo i nomi dei ventilatori testati: il ventilatore 1 è Bellavista 1000 (il modello testato è IMT, oggi è un ventilatore Vyaire), il ventilatore 2 è Elisa 800 Löwenstein, il ventilatore 3 è G5 Hamilton ed il ventilatore 4 è Servo-u Getinge.

Faccio un complimento a tutti coloro che sono riusciti a seguire fino in fondo questo lunghissimo ed impegnativo post. Sono convinto che, oltre ad avere dato informazioni utili per fare APRV, sia stato un bell’esercizio di analisi della ventilazione meccanica e del monitoraggio grafico.

Come sempre, un sorriso a tutti gli amici di ventilab.
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Airway Pressure Release Ventilation (APRV). Parte prima: la modalità di ventilazione.

31 gen 2023
La Airway Pressure Release Ventilation (APRV) in alcuni casi consente di ottenere risultati impossibili per tutte le altre modalità di ventilazione assistita nei pazienti con ARDS

Vale la pena ricordare che due meta-analisi hanno mostrato che la APRV riduce la mortalità nei pazienti con insufficienza respiratoria ipossiemica rispetto alle modalità di ventilazioni convenzionali (1, 2). Non ritengo che le meta-analisi siano la risposta definitiva ai nostri dubbi, ma mi sembra che questa premessa sia un motivo sufficientemente valido per conoscere la APRV e sfruttarla in quei casi in cui le modalità di ventilazione convenzionali mostrano i propri limiti.

Non è la prima volta che dedico un post alla APRV. Questo è diviso in due parti: nella prima parte cercherò di riproporre in maniera originale i concetti principali che caratterizzano la APRV, nella seconda parte metterò a confronto il modo di applicare la APRV di quattro differenti ventilatori meccanici. Scopriremo che spesso i ventilatori meccanici non fanno la APRV come vorremmo e che bisogna imparare a leggere bene il proprio ventilatore per non rischiare di fare una APRV omicida.

Il paziente candidato alla APRV.

La APRV può essere utile quando si ha tachipnea (frequenza respiratoria superiore a 35-40/min), elevato volume corrente (600-800 ml, cioè > 10 ml/kg di peso ideale) ed elevata driving pressure (alla pausa di fine inspirazione più di 15-20 cmH2O sopra PEEP) dopo la sospensione della paralisi e la riduzione della sedazione nei pazienti con ARDS.

La APRV.

La APRV è una ventilazione in cui il livello più elevato di pressione (Palta) è mantenuto per un tempo superiore rispetto al livello inferiore di pressione (Pbassa) (figura 1).
Figura 1

Nell'esempio in figura 1 il tempo di applicazione di Palta (TPalta) (parentesi rossa)  è 3.5”, mentre il tempo in cui il ventilatore mantiene Pbassa (TPbassa, parentesi grigia) è 0.5”. Si nota che il passaggio da Palta a Pbassa (linea punteggiata verticale grigia) genera un flusso espiratorio, mentre al contrario il passaggio da Pbassa a Palta  (linea punteggiata verticale rossa) produce un flusso inspiratorio.

Le due pressioni che si alternano nella APRV altro non sono che due livelli di CPAP, uno a Palta  e l'altro a Pbassa: il paziente può respirare spontaneamente su entrambi i livelli di CPAP (figura 2).
Figura 2

Durante i periodi di Palta  (tra la linea tratteggiata rossa e la successiva linea tratteggiata grigia) le inspirazioni spontanee, cioè non associate ad aumento della pressione delle vie aeree (aree evidenziate in azzurro), si alternano alle espirazioni spontanee.

Il TPbassa invece è così breve (0.5”) che non in realtà non consente una libera attività respiratoria spontanea e solitamente è caratterizzato dal flusso espiratorio secondario alla riduzione di pressione.

Dal momento che Pbassa ha una durata talmente breve da non consentire di fatto il respiro spontaneo su questo livello, la APRV è di fatto una CPAP alla sola Palta.

Le brevi fasi di riduzione della pressione a Pbassa sono “rilasci” di pressione che aggiungono una ventilazione controllata al respiro spontaneo. Per questo si chiama “release ventilation”: il rilascio di pressione determina una espirazione seguita immediatamente da una inspirazione per effetto del ripristino di Palta: una specie di ventilazione al contrario, dove prima si espira e poi si inspira.

APRV: i vantaggi della ventilazione asincrona.

La APRV è (o dovrebbe essere, come vedremo nella seconda parte del post) una ventilazione asincrona, in cui non vi è un adattamento del ventilatore all’attività respiratoria del paziente. L'asincronia evita che l’inspirazione del paziente coincida ogni volta con l’insufflazione del ventilatoreL’asincronia della APRV determina la riduzione del volume corrente medio e delle variazioni tidal della pressione transpolmonare (3, 4), un effetto protettivo nella ventilazione dei pazienti con elevato drive respiratorio.

Questa asicronia peraltro non penalizza significativamente l'interazione paziente-ventilatore perchè in fondo la APRV è per circa il 90% del tempo una CPAP a Palta: la CPAP non ha bisogno di sincronizzazione essendo un respiro spontaneo senza supporto inspiratorio.

Perchè mantenere a lungo Palta.

L’applicazione di un'elevata pressione positiva per un lungo periodo è supportata da un duplice razionale:
- nella ARDS una pressione positiva sufficientemente elevata può ridurre il dereclutamento alveolare, favorendo una più omogenea distribuzione della ventilazione nei polmoni con un minor stress dinamico a parità di volume corrente; 
- l’inspirazione su un elevato livello di pressione determina una riduzione delle variazioni tidal di pressione pleurica (e quindi transpolmonare) rispetto all’inspirazione su valori di pressione più bassi (5).

Come impostare Palta.

La scelta di Palta è il compromesso tra diversi obiettivi: mantenere una pressione sufficientemente elevata da garantire un efficace reclutamento alveolare, evitando però eccessive variazioni di volume nelle fasi di rilascio o un risentimento emodinamico
Spesso si suggerisce una Palta inferiore alla pressione di plateau che si accetta durante la ventilazione convenzionale. Personalmente penso che sia ragionevole iniziare con un valore di Palta tra 20 e 25 cmH2O, riservando i valori più alti di questo range ai pazienti con compliance particolarmente bassa. E' opportuno rivalutare il livello di Palta se questo si associa a variazioni di volume eccessive (superiori al volume corrente accettato nella ventilazione protettiva) o insufficienti (se si avvicinano allo spazio morto). Volendomi sbilanciare, suggerirei di mantenere una variazione di volume durante i rilasci mediamente tra 4-6 ml/kg di peso ideale.

Come impostare la durata di Pbassa

Sperimentalmente una espirazione a ZEEP non superiore a 0.5" non ha il tempo di produrre un rilevante collasso alveolare (6). Per questo la durata della Pbassa in APRV, salvo buoni motivi, non dovrebbe essere superiore a 0.5”. Per evitare un rilevante collasso alveolare durante Pbassa alcuni propongono di regolare il TPbassa per interrompere il flusso espiratorio che a circa il 75% del picco.

Come impostare la durata di Palta.

Essendo TPbassa poco variabile (≤ 0.5"), il tempo su cui si può agire molto più liberamente è il TPalta. Più il TPalta è breve, più frequenti sono i rilasci di pressione, maggiore il contributo della ventilazione meccanica e quindi minore la necessità di ventilazione spontanea del paziente. Viceversa l'allungamento del TPalta, riduce il numero di rilasci ed allo stesso tempo prolunga le fasi del possibile respiro spontaneo a Palta. Nei soggetti che iniziano APRV ancora in coda di sedazione/paralisi si potrebbe suggerire un TPalta di circa 3”: in questo modo, con 0.5” di TPbassa, vi sarebbero circa 17 rilasci al minuto. Ma appena inizia a vedersi una sufficiente attività inspiratoria spontanea, TPalta dovrebbe essere aumentato, tenendo conto che a 4.5” i rilasci diventano 12 al minuto.

Conclusione.

Per concludere, riassumiamo i concetti fodamentali:
  • La APRV è una ventilazione per pazienti con ARDS con attività respiratoria spontanea;
  • La APRV è una ventilazione asincrona che riduce le escursioni tidal di pressione transpolmonare;
  • La parte spontanea della respirazione avviene come una CPAP Palta;
  • Il ventilatore genera una ventilazione controllata grazie ai rilasci a Pbassa;
  • Il tempo di Pbassa deve essere molto breve per evitare il collasso alveolare in espirazione;
  • L’allungamento del tempo di Palta aumenta la quota di respiro spontaneo.
Ti aspetto a berevissimo per la seconda parte del post. Come sempre un sorriso algi amici di ventilab.

Bibliografia

  1. Carsetti A, Damiani E, Domizi R, et al.: Airway pressure release ventilation during acute hypoxemic respiratory failure: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Ann Intensive Care 2019; 9:44
  2. Lim J, Litton E: Airway pressure release ventilation in adult patients with acute hypoxemic respiratory failure: a systematic review and meta-analysis. Crit Care Med 2019; 47:1794–1799
  3. Rittayamai N, Beloncle F, Goligher EC, et al.: Effect of inspiratory synchronization during pressure-controlled ventilation on lung distension and inspiratory effort. Ann Intensive Care 2017; 7:100
  4. Richard JCM, Lyazidi A, Akoumianaki E, et al.: Potentially harmful effects of inspiratory synchronization during pressure preset ventilation. Intensive Care Med 2013; 39:2003–2010
  5. Yoshida T, Grieco DL, Brochard L, et al.: Patient self-inflicted lung injury and positive end-expiratory pressure for safe spontaneous breathing: Curr Opin Crit Care 2020; 26:59–65
  6. Neumann P, Berglund JE, Mondéjar EF, et al.: Dynamics of lung collapse and recruitment during prolonged breathing in porcine lung injury. J Appl Physiol 1998; 85:1533–1543
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