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ARDS e miorisoluzione: alla ricerca della luce

31 gen 2021

 


Igor e Mirella sono due pazienti con sedazione e paralisi dopo da mezza giornata di intubazione per ARDS grave da COVID-19. Entrambi hanno una grave disfunzione polmonare (PaO2/FIO2 attorno a 100 mmHg) e bassa compliance dell’apparato respiratorio (inferiore a 20 ml/cmH2O). Che facciamo, sospendiamo la paralisi (ed eventualmente la sedazione) oppure è meglio mantenere per qualche giorno la paralisi muscolare?

Cerchiamo di prendere la decisione migliore sia tenendo conto della letteratura scientifica che analizzando meccanica respiratoria ed interazione paziente ventilatore.

Alla fine del post vediamo se possiamo capire e condividere la risposta ed il suo razionale.

I due trial randomizzati, controllati, multicentrici sulla paralisi nella ARDS.

Il 2010 è l’anno di svolta nell'uso dei miorilassanti (o bloccanti neuromuscolari, nomi appropriati della classe di farmaci conosciuti come “curari”) nei pazienti con ARDS. Un momento che è stato anticipato nel post del 10/03/2010, uno dei primi brevi post di ventilab, (che ha compiuto 11 anni proprio questo mese). Infatti nel settembre del 2010 veniva pubblicato sul New England Journal of Medicine il trial controllato, randomizzato, multicentrico ACURASYS che riportava una riduzione di mortalità nei pazienti con ARDS e PaO2/FIO2 < 150 mmHg sottoposti a paralisi per 48 ore rispetto a quelli che non erano stati paralizzati (1).

Abbiamo quindi la risposta definitiva al problema? Per qualche anno è forse sembrato di sì, ma nove anni dopo, nel maggio del 2019, il New England Journal of Medicine pubblicò il trial controllato, randomizzato, multicentrico ROSE che ripropone il confronto tra pazienti con ARDS (e PaO2/FIO2 < 150 mmHg) paralizzati e non paralizzati per 48 ore e non trova alcuna differenza di mortalità (2).

L’analisi dei due trial e delle loro differenze sarebbe interessantissima ma richiederebbe molto tempo, ci limiteremo ad una considerazione preliminare ma sostanziale per arrivare pragmaticamente alla risposta alla domanda che ci siamo posti all’inizio del post.

Innanzitutto, entrambi gli studi sono d’accordo su una cosa: curarizzare questi pazienti per un paio di giorni non aumenta la mortalità.

Ma come spiegare il risultato comunque differente? La paralisi riduce o non riduce la mortalità?

Lo studio ROSE ha una grave limitazione che, prima di ogni altra considerazione, pregiudica il suo valore nella pratica clinica: molto probabilmente non ha arruolato pazienti rappresentativi di tutti i pazienti con ARDS, cioè è limitato da un bias di selezione. Cerchiamo di capire in cosa consiste questo problema.

Lo studio ROSE ha arruolato pazienti dal 2016 al 2018, cioè 6-8 anni dopo la pubblicazione del ACURASYS, quando la paralisi muscolare era diventata pratica ampiamente utilizzata nella ARDS grave (nel 2014 in circa il 40% dei pazienti (3)).

Ipotizza che, a questo stato delle conoscenze, un medico venga invitato a partecipare ad uno studio che vuole confrontare l’impatto della paralisi nei pazienti con ARDS grave. Immagina che questo medico abbia intubato da poco un paziente con ARDS grave: secondo te, se la sentirebbe di sospendere la paralisi, la cui efficacia è documentata (in quel momento), solo per farlo partecipare alle studio? Tu lo faresti? Forse faresti un tentativo di sospensione, verificheresti se questo paziente anche così mantiene una appropriata ventilazione meccanica e solo a questo punto lo candideresti all’arruolamento nello studio. Viceversa riprenderesti la curarizzazione e lo escluderesti dall’arruolamento.

E qui sta il problema: lo studio ROSE ha escluso dall’arruolamento i pazienti che erano paralizzati al momento dello screening per l’arruolamento nello studio. Se si è agito eticamente, viene da pensare che sono stati arruolati e randomizzati solo i pazienti in cui la paralisi può essere sospesa senza immediati evidenti problemi. 

La flow chart dello studio (figura 1) conferma che questa esclusione è stata quantitativamente rilevante, coinvolgendo 655 pazienti, più della metà (ben il 65%) di quelli arruolati.



 

Il campione dello studio non rappresenta quindi tutta la popolazione dei pazienti con ARDS, ma la sottopopolazione dei pazienti con ARDS che può essere serenamente trattata senza paralisi. Ed in questi conferma che la paralisi non dà vantaggi.

Quindi la cosiddetta Evidence-based Medicine ci porta a questa conclusione: possiamo sospendere la paralisi a Igor e Mirella se è possibile farlo.

Interazione paziente-ventilatore e meccanica respiratoria.

Dobbiamo necessariamente percorrere altre strade per decidere se sospendere la paralisi nei casi specifici di Igor e Mirella. Di seguito condivido con te questo possibile approccio basato su interazione paziente ventilatore e meccanica respiratoria. 

Innanzitutto bisogna adeguare la ventilazione meccanica per arrivare ad una buona interazione paziente-ventilatore: alla sospensione della paralisi l’impostazione del ventilatore meccanico non può più essere uguale a quella decisa a paziente curarizzato.

Una volta ottimizzata la ventilazione meccanica, una semplice analisi della meccanica respiratoria ci aiuterà a prendere una decisione con una logica.

Torniamo concretamente a Igor e Mirella. Entrambi durante la ventilazione controllata hanno impostato la PEEP e volume corrente per ottenere la minor driving pressure (se possibile comunque non superiore a 15-16 cmH2O) e mantenere lo stress index < 1.1 (vedi post del 28/02/2015). Con questo approccio si sono ottenute due ventilazioni ultraprotettive: con ventilazione volumetrica, Igor ha volume corrente 240 ml e PEEP 2 cmH2O, Mirella volume corrente 180 ml con PEEP 8 cmH2O. Entrambi hanno una bassissima compliance (16 e 11 ml/cmH2O). Il prezzo da pagare per questa impostazione è l’acidosi respiratoria, ma questo lo mettiamo in conto (vedi post del 03/08/2013). Ecco le immagini dello schermo del ventilatore, in alto la pressione delle vie aeree in giallo (in marroncino la pressione esofagea), in basso in verde il flusso (figura 2 Igor, figura 3 Mirella):


Figura 2




Figura 3

Ad entrambi decidiamo di sospendere la paralisi per valutare come proseguire il trattamento.

 

L’interazione paziente-ventilatore.




Figura 4

Vediamo cosa succede ad Igor. Lasciando inalterata l’impostazione del ventilatore, puoi vedere in figura 4 cosa succede appena la paralisi muscolare cessa il proprio effetto. Cosa sta succedendo?

Nella figura 5 rivedi la figura 4 con alcuni dettagli evidenziati. Quando la frequenza respiratoria impostata sul ventilatore è elevata (in questo caso 30/min), se riprende l’attività respiratoria spontanea del paziente, è facile che si verifichino delle asincronie.




Figura 5

Le frecce rosse indicano l’inizio delle insufflazioni del ventilatore (flusso e pressione delle vie aeree iniziano ad aumentare, le frecce blu indicano l’inizio dell’inspirazione del paziente, identificata dal calo della pressione esofagea (traccia marroncina). La regolarità e la ritmicità dell’intervallo tra inizio dell’insufflazione meccanica ed inizio dell’inspirazione del paziente fa pensare ad un reverse triggering (vedi post del 26/12/2014).

Le frecce verticali bianche sottolineano che l’attività inspiratoria del paziente abbassa la pressione delle vie aeree rispetto al valore che dovremmo attenderci (vedi post del 20/08/2017).

Si può risolvere l’asincronia riducendo la frequenza respiratoria del ventilatore ad un valore nettamente inferiore alla frequenza respiratoria spontanea del paziente, in modo da far triggerare tutti gli atti ventilatori al paziente. Lo abbiamo fatto abbassando la frequenza respiratoria di Igor a 10/min, ed il risultato è mostrato in figura 6:





Figura 6


L’inizio dell’inspirazione ora è ben sincrono tra paziente e ventilatore, come si evidenzia con le linee tratteggiate grigie: la riduzione della pressione delle vie aeree e della pressione esofagea e l’inizio del flusso inspiratorio sono ora sempre contemporanei.

Ma nonostante l’ottenimento della sincronia di inizio inspirazione, la ventilazione rimane chiaramente inappropriata: la pressione delle vie aeree non aumenta durante l’inspirazione (compresa tra linea tratteggiata grigia e linea tratteggiata rossa), ed è addirittura negativa nella prima parte dell’inspirazione. Avrai probabilmente notato il flusso inspiratorio sinusoidale nonostante l’impostazione di una ventilazione volumetrica con onda quadra di flusso; questo segno (sempre associato alla marcata depressurizzazione delle vie aeree) compare quando l’inadeguatezza del supporto inspiratorio è veramente critica.

Per cercare di risolvere l’insufficiente supporto inspiratorio, per prima cosa passiamo da una ventilazione volumetrica ad una pressometrica, che eroga un flusso più elevato all’inizio dell’inspirazione: nel caso di Igor è stata scelta inizialmente una ventilazione pressometrica a target di volume nel tentativo di mantenere il volume corrente protettivo.

Al tempo stesso è stata aumentata la PEEP (a 6 cmH2O), cosa suggerita quando si passa al respiro spontaneo nei pazienti con ARDS per ridurre il patient self-inflicted lung injury (P-SILI) (4). Nel nostro caso inoltre eviterà l’inopportuna negativizzazione della pressione delle vie aeree (e quindi ancor più di quella alveolare) durante il trigger.

Ecco il risultato nella figura 7:




Figura 7

Rispetto alla figura precedente, sicuramente notiamo che in inspirazione la pressione non si negativizza più, ma persiste, indistinguibile da prima, l’assenza di un supporto inspiratorio, cioè il mancato aumento della della pressione delle vie aeree durante il flusso inspiratorio. Questo è dovuto al fatto che il volume corrente generato dal paziente è perlomeno uguale (in questo caso era 244 ml) a quello impostato: di fatto Igor inspira da solo tutto il volume corrente, perché il suo cervello (i suoi centri respiratori) vogliono un volume corrente più alto di quello che noi abbiamo deciso ed i suoi muscoli respiratori sono abbastanza forti da farglielo raggiungere. A questo punto vediamo l’effetto su Igor di un aumento del volume corrente, compromesso necessario per mantenere sospesa la paralisi. Passiamo quindi alla ventilazione a pressione controllata, che, come tutte le ventilazioni in cui si imposta una pressione inspiratoria, garantisce un’assistenza inspiratoria costante indipendente dall’attività del paziente. Vediamo nella figura 8 (in cui la pressione esofagea è la linea sottile violetta) il risultato di una pressione controllata di 10 cmH2O, mantenendo costanti le altre impostazioni.


 

Figura 8

Il volume corrente è diventato 360 ml e la frequenza respiratoria 30/min.

Ora va tutto bene, i problemi finora notati sono scomparsi e possiamo dire di aver finalmente ottimizzato l’interazione-paziente ventilatore mentre Igor non è paralizzato. Tutti i passaggi dalla 4 alla figura 8 sono stati fatti in 8 minuti (come rilevato dagli orari che compaiono sugli screenshot del monitor del ventilatore): un processo innocuo per il paziente e di poco impegno quantitativo per il medico.

 

La valutazione della meccanica respiratoria.

Ma la domanda di partenza è: era meglio quando Igor era paralizzato o è meglio senza paralisi? Per ottimizzare la ventilazione senza paralisi abbiamo dovuto accettare l’aumento del volume corrente: Igor non accetta di ventilare con 240 ml di volume corrente, se si sospende la paralisi si “mette tranquillo” con almeno 360 ml di volume corrente. Ma questo nuovo volume corrente è sicuro per Igor? Ripetiamo la misurazione di pressione di plateau e driving pressure per aiutarci (figura 9).




Figura 9

Facciamo una occlusione di fine inspirazione e vediamo la pressione di plateau: 27 cmH2O, che con 6 di PEEP dà una driving pressure di 21 cmH2O, decisamente elevata per una ventilazione protettiva.

Un piccolo approfondimento con la valutazione della pressione transpolmonare. Se vogliamo complicarci la vita, consideriamo anche la pressione transpolmonare, cioè la pressione che effettivamente distende i polmoni, che calcoliamo come differenza tra pressione delle vie aeree e pressione esofagea. Come vediamo in figura 9, la pressione tranpolmonare a fine inspirazione (durante il plateau) è 20 cmH2O (27 cmH2O nelle vie aeree meno 7 cmH2O in esofago). A fine espirazione la pressione transpolmonare è 1 cmH2O (6 cmH2O nelle vie aeree meno 5 cmH2O in esofago, figura 9). Quindi la driving pressure transpolmonare, cioè la differenza di pressione transpolmonare tra fine inspirazione e fine espirazione, è 19 cmH2O. I valori di pressione transpolmonare devono essere considerati in maniera approssimativa, come sempre quando di mezzo c’è la pressione esofagea. Ma 19 cmH2O di driving pressure transpolmonare sono un valore comunque decisamente superiore ai 10-12 cmH2O ritenuti il limite superiore (5).

Nel caso di Igor la sospensione della paralisi ha imposto a sviluppare driving pressure troppo elevate per essere serenamente accettate. Nel suo caso è quindi preferibile proseguire ancora un po’ con la paralisi che consente di mantenere ancora per qualche giorno un volume corrente protettivo associato a driving pressure accettabili.

 

E cosa è successo a Mirella con la sospensione della paralisi? Per brevità evito tutti i passaggi che abbiamo fatto per ottimizzare l’interazione paziente-ventilatore e presento nella figura 10 il risultato finale ottenuto con una ventilazione pressometrica a target di volume con 240 ml di volume corrente (siamo stati costretti anche con lei ad accettare un incremento di volume corrente con la sospensione della paralisi) e mantenendo la PEEP a 8 cmH2O. La frequenza respiratoria è diventata 24/min. 



Figura 10

 

Per valutare se accettare questo nuovo volume corrente, facciamo la solita un’occlusione delle vie aeree a fine inspirazione e vediamo il risultato nella figura 11.



Figura 11

La driving pressure è 13 cmH2O, un valore ampiamente accettabile in un soggetto con ARDS. Questo significa che la sospensione della paralisi ha portato anche ad un miglioramento della compliance (da 11 a 18 ml/cmH2O), forse per il reclutamento di aree polmonari poco ventilate senza l’utilizzo dei muscoli respiratori. Facendo anche per lei i calcoli sulle pressioni tranpolmonari che abbiamo visto per Igor, vediamo che la pressione transpolmonare di fine inspirazione è 15 cmH2O, quella di fine espirazione è 4 cmH2O, e la differenza tra queste due (la driving pressure transpolmonare) è 11 cmH2O. Accogliamo positivamente anche la contenuta frequenza respiratoria con questa nuova impostazione.

Mirella ha superato la prova della sospensione della paralisi, e può iniziare subito la sospensione della paralisi e l’inizio della ripresa della ventilazione spontanea.

 

Abbiamo visto due pazienti apparentemente simili (bassa compliance ed ipossiemia grave) che possono ragionevolmente portare ad un diverso atteggiamento sulla paralisi muscolare. Il post è stato lungo e forse un po’ complesso, spero abbia almeno dato qualche spunto di riflessione.

Quello proposto è il mio approccio, consapevole che la verità assoluta non ce l’ha in tasca nessuno (e quindi nemmeno io). Ritengo solo che la verità non sia banale in medicina e che lo studio ed il ragionamento clinico quotidiano aiutino a muoversi con umiltà nella complessità della malattia.

 

Possiamo concludere fissando alcuni punti chiave del post:

  1. La paralisi può essere un trattamento ragionevole nelle prime giornate di ventilazione meccanica nei pazienti con ARDS grave;

  2. La sospensione della paralisi e la conseguente ripresa di attività respiratoria spontanea necessità un adeguamento dell’impostazione del ventilatore per ottimizzare l’interazione paziente-ventilatore;

  3. Spesso il volume corrente utilizzato in ventilazione protettiva deve essere incrementato quando il paziente riacquista il proprio drive respiratorio. Può essere ragionevole un suo aumento della PEEP, soprattutto se è bassa, al recupero dell’attività respiratoria spontanea;

  4. La valutazione “flessibile” (senza integralismi) della driving pressure può aiutare a definire se la sospensione della paralisi è accettabile o meno. In caso di driving pressure chiaramente superiori ai limiti raccomandati è ragionevole prolungare il periodo di paralisi. In caso di elevata driving pressure, può essere utile verificare se essa si conferma anche sulla driving pressure transpolmonare.

 

Come sempre, un sorriso agli amici di ventilab.

 

 

Bibliografia.

1. Papazian L, Forel J, Gacouin A, et al.: Neuromuscular Blockers in Early Acute Respiratory Distress Syndrome. N Engl J Med 2010; 363:1107–1116

2. The National Heart, Lung, and Blood Institute PETAL Clinical Trials Network: Early Neuromuscular Blockade in the Acute Respiratory Distress Syndrome. N Engl J Med 2019; 380:1997–2008

3. Bellani G, Laffey JG, Pham T, et al.: Epidemiology, Patterns of Care, and Mortality for Patients With Acute Respiratory Distress Syndrome in Intensive Care Units in 50 Countries. JAMA 2016; 315:788–800

4. Yoshida T, Grieco DL, Brochard L, Fujino Y. Patient self-inflicted lung injury and positive end-expiratory pressure for safe spontaneous breathing. Curr Opin Crit Care 2020; 26:59–65

5. Mauri T, Yoshida T, Bellani G, et al.: Esophageal and transpulmonary pressure in the clinical setting: meaning, usefulness and perspectives. Intensive Care Med 2016; 42:1360–1373

 



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Ventilazione meccanica in anestesia e complicanze polmonari postoperatorie.

31 mag 2019

La ventilazione meccanica può ridurre le complicanze polmonari postoperatorie? Come? Risponderemo a questa domanda analizzando il caso di un paziente, che chiameremo Valerio, sottoposto a emicolectomia sinistra laparoscopica. Un caso che può essere interessante anche per chi non pratica l’anestesia…

Valerio è obeso (Body Mass Index 32 kg/m2), con un peso ideale di 80 kg. L’intervento a cui è sottoposto ha la durata di alcune ore, con pneumoperitoneo in posizione di Trendelenburg. Per interventi di questo tipo, le complicanze polmonari postoperatorie sono frequenti (nei pazienti con ASA > 2 si verificano in un terzo dei casi) e si associano ad un incremento della mortalità ospedaliera (1). Facciamo quindi un buon servizio se possiamo contribuire a prevenirle con una buona ventilazione meccanica.

So per esperienza che la prima domanda che viene in mente a questo proposito è: quale modalità di ventilazione? A mio parere qualsiasi modalità va bene, se utilizzata correttamente. Qualsiasi modalità può essere nociva se i criteri di ventilazione non sono corretti. In particolare si possono ridurre le complicanze se si impostano appropriatamente volume corrente e PEEP. Ribadisco, qualunque sia la modalità di ventilazione. Se non ne sei convinto, scrivi le tue perplessità in un commento, magari dopo aver letto il post del 16/12/2015.

Il volume corrente è abbastanza facile da impostare. Infatti è ormai ben supportato il ricorso alla scelta di un volume “protettivo” (cioè fisiologico) anche in anestesia, stimato approssimativamente in 6-8 ml/kg di peso ideale (2). Per Vittorio potrebbe essere adeguato un volume corrente tra 480 e 640 ml: la scelta nel caso reale è stata di 500 ml.

Sulla PEEP esistono invece più incertezze (3), anche legate al fatto che spesso ci si fa la domanda sbagliata: “meglio una PEEP alta o una PEEP bassa?” (4). E’ una approccio classico, ma probabilmente non molto sensato. Infatti in alcuni casi può essere meglio una PEEP alta, in altri una PEEP bassa. Nei pazienti con ARDS ci siamo abituati a ragionare in maniera individualizzata scegliendo la PEEP che minimizza la driving pressure, cioè la differenza tra pressione di plateau e PEEP (vedi anche post del 18/10/2015). La scelta della PEEP che si associa alla minor driving pressure sembra una scelta molto ragionevole anche per ridurre le complicanze postoperatorie in anestesia (5).

L’intervento di Vittorio prevede diverse fasi, nelle quali può cambiare la meccanica respiratoria per effetto delle diverse combinazioni tra posizione (supina o Trendelenburg) e pneumoperitoneo (assente o presente). Ho valutato la PEEP che si associa alla minor driving pressure nelle diverse fasi, vediamo il risultato.

Fase 1: posizione supina senza pneumperitoneo

Dopo l’induzione ho applicato due livelli di PEEP, 5 e 10 cmH2O. Nella figura 1 sono riprodotte le curve di pressione.



Figura 1

Nel riquadro bianco vediamo pressione di plateau (Pplat) e PEEP (cerchiata in rosso). Ho aggiunto in bianco il valore della driving pressure, che è di 9 cmH2O a PEEP 5 e 10 cmH2O a PEEP 10. Possiamo concludere che la modificazione della PEEP non ha avuto un impatto significativo sulla driving pressure (ritengo trascurabile una differenza di 1 cmH2O nelle pressioni delle vie aeree*, a meno che si inserisca in un trend ben identificabile.). Visto che la PEEP più alta non migliora (cioè non riduce) la driving pressure, scelgo la PEEP di 5 cmH2O, che mi consente di ottenere il medesimo risultato con la minor pressione applicata. Questa fase dell’intervento è molto breve, abbiamo fatto questo esercizio per “conoscere” il paziente ed avere un valore basale su cui confrontare le modificazioni che potrebbero essere indotte da posizione, pressione addominale ed eventuali complicanze. La miglior compliance (volume corrente/driving pressure) in questa fase è circa 55 ml/cmH2O.

Fase 2: posizione supina con pneumoperitoneo

Anche questo periodo è abbastanza breve, proviamo comunque a valutare che modificazioni ha prodotto lo pneumoperitoneo e quale PEEP è preferibile in questa condizione. Nella figura 2 possiamo vedere la driving pressure a diversi livelli di PEEP:


Figura 2

A parità di volume corrente, vediamo che la driving pressure a 5 cmH2O di PEEP aumenta moltissimo rispetto alla fase precente (da 9 a 20 cmH2O). L’aumento della PEEP (diversamente dalla fase precedente) riduce notevolmente la driving pressure, che considero raggiungere il valore minimo (sempre con l’approssimazione di 1 cmH2O) già a 15 cmH2O di PEEP. La miglior compliance in questa fase è diventata circa 40 ml/cmH2O . Avrai forse notato che la pressione di plateau non si modifica aumentando la PEEP da 5 a 10 cmH2O, un fenomeno interessante e complesso di cui oggi non parleremo.

Fase 3: Trendelenburg con pneumoperitoneo

Questa è la condizione che viene mantenuta per la maggior parte del tempo operatorio. La ventilazione in questa fase è pertanto quella che può avereil maggior impatto sulle complicanze polmonari postoperatorie. Ho applicato in rapida successione PEEP crescenti da 0 a 20 cmH2O, calcolando per ciascuna la driving pressure.


Figura 3

Nella figura 3 vediamo il collage della pressione delle vie aeree alle diverse PEEP. E’ una sequenza ottenuta con incrementi successivi di 2 cmH2O, che consente di avere una bella documentazione del caso. Nella pratica clinica più pragmaticamente si potrebbero testare livelli incrementali di PEEP di 4-5 cmH2O alla volta. Una volta trovata la PEEP che si associa alla miglior driving pressure, si può raffinire il risultato rilevando la driving pressure con PEEP aumentata e ridotta di 2 cmH2O rispetto a questo valore.

Il risultato non propone certamente l’applicazione di una PEEP “convenzionale”: la driving pressure diventa minima a 18-20 cmH2O (la compliace è circa 35 ml/cmH2O). Può rimanere il dubbio se ulteriori aumenti di PEEP avrebbero potuto ridurre ulteriormente la driving pressure, ma ho preferito evitare di testare valori più elevati per due motivi: 1) a 18-20 cmH2O di PEEP la driving pressure si è comunque ridotta a valori ritenuti accettabili, cioè ≤ 15 cmH2O. Siamo comunque al limite massimo della driving pressure, dato che suggerisce di non aumentare il volume corrente (driving pressure=volume corrente/compliance); 2) nella posizione di Trendelenburg il ritorno venoso è favorito (il cuore è più in basso dell’addome). Infatti la stabilità cardiovascolare di Valerio era ottimale anche alle PEEP più elevate. Ma bisogna pensare anche al deflusso dal circolo cerebrale, che avviene invece “in salita” (la testa è più in basso del cuore). L’effetto della PEEP sulla pressione atriale destra (che condiziona il ritorno venoso) è complesso, ma in assenza di monitoraggi più avanzati preferisco non eccedere nel valore di PEEP.

Fase 4: Trendelburg senza pneumoperitoneo

In questa fase si procede all’estrazione della porzione resecata del colon attraverso una piccola incisione sulla parete addominale. La sua durata è relativamente breve, vediamo comunque come si modifica la driving pressure con la normalizzazione della pressione addominale.


Figura 4

Vi è un cambio sostanziale rispetto alla fase precedente. Arrivati ai 6-8 cmH2O di PEEP, la driving pressure ha raggiunto il suo valore minimo (compliance circa 45 ml/cmH2O).

In sintesi: Valerio aveva una PEEP ottimale di 5 cmH2O dopo l’induzione dell’anestesia, quindi è diventata 15 cmH2O con l’inizio dello pneumoperitoneo, è aumentata a 18-20 cmH2O durante la fase in Trendelenburg con pneumoperitoneo, è scesa a 6-8 cmH2O con il Trendelenburg senza pneumoperitoneo.

In conclusione, possiamo riassumere quando detto finora in alcuni punti:

– la ventilazione meccanica può avere un impatto sull’outcome del paziente sottoposto a chirurgia, soprattutto nelle procedure di almeno 2 ore di durata e nei pazienti con maggior rischio perioperatorio;
– la modalità di ventilazione è indifferente, se si scelgono correttamente volume corrente e PEEP;
– il volume corrente dovrebbe essere di 6-8 ml/kg di peso ideale, comunque senza superare una driving pressure di 15 cmH2O;
– la PEEP può essere ragionevolmente scelta per ridurre la driving pressure (una volta definito il volume corrente);
– i valori ottimali di PEEP possono variare da paziente a paziente, ed anche (e molto) nello stesso paziente durante tempi diversi dell’intervento.

Questo è quanto di ragionevole possiamo fare alla luce delle conoscenze attuali. La medicina (se vuole essere, per quanto possibile, scientifica) non deve essere vista come una verità definitivamente acquisita: dobbiamo essere sempre disponibli a cambiare idea se emergeranno nuove conoscenze.

Un sorriso a tutti gli amici di ventilab.
* la pressione delle vie aeree di solito è misurata con la precisione di ±1 cmH2O.

Bibliografia.

1. Fernandez-Bustamante A, Frendl G, Sprung J, et al.: Postoperative Pulmonary Complications, Early Mortality, and Hospital Stay Following Noncardiothoracic Surgery: A Multicenter Study by the Perioperative Research Network Investigators. JAMA Surgery 2017; 152:157

2. Guay J, Ochroch EA, Kopp S: Intraoperative use of low volume ventilation to decrease postoperative mortality, mechanical ventilation, lengths of stay and lung injury in adults without acute lung injury [Internet]. Cochrane Database Syst Rev 2018; 7:CD011151

3. Neto AS, Hemmes SNT, Barbas CSV, et al.: Protective versus Conventional Ventilation for Surgery: A Systematic Review and Individual Patient Data Meta-analysis. Anesthesiology 2015; 123:66–78

4. PROVE Network: High versus low positive end-expiratory pressure during general anaesthesia for open abdominal surgery (PROVHILO trial): a multicentre randomised controlled trial. Lancet 2014; 384:495–503

5. Neto AS, Hemmes SNT, Barbas CSV, et al.: Association between driving pressure and development of postoperative pulmonary complications in patients undergoing mechanical ventilation for general anaesthesia: a meta-analysis of individual patient data. The Lancet Respiratory Medicine 2016; 4:272–280

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