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I filtri HME sulla branca espiratoria del circuito ventilatorio: problema o soluzione?

30 mar 2022

Nei post precedenti (del 08/01/2022 e del 21/01/2022 ) abbiamo discusso alcuni aspetti dell'immagine che ripropongo in figura 1 che hanno attirato l'attenzione dei lettori di ventilab. Oggi vediamo che cosa ha colpito me quando ho sono passato davanti al monitor e mi ha fatto fermare per analizzare e risolvere una evidente criticità. Oggi cerchiamo di analizzare in maniera sistematica il problema, che era stato rilevato anche da alcuni lettori di ventilab.

Figura 1

Come puoi vedere nella figura 2, il picco di flusso inspiratorio (0.97 l/s) è più del doppio del picco di flusso espiratorio (0.42 l/s). 

Figura 2

L’inspirazione del volume corrente (che coincide con la presenza di flusso inspiratorio nel tempo inspiratorio) si completa molto velocemente, utilizzando solo i primi 0.44 secondi del 1.2 secondi del tempo inspiratorio. Al contrario l’intero tempo espiratorio (1.2 secondi, come l’inspirazione), non è sufficiente per azzerare il flusso espiratorio. In altri termini, in inspirazione si intuisce una costante di tempo molto bassa ("inspirazione veloce") mentre in espirazione una costante di tempo molto alta ("espirazione lenta"). (Sulla costante di tempo puoi vedere i post del 30/06/2016, del 17/07/2016 e del 05/02/2014).

Un comportamento decisamente abnorme in ventilazione pressometrica, nella quale ci aspetteremmo picchi di flusso inspiratorio ed espiratorio con ampiezza simile (o un picco di flusso espiratorio maggiore di quello inspiratorio in caso di autoPEEP), così come simili dovrebbero essere le morfologie delle curve di flusso inspiratorio ed espiratorio (in assenza di flow limitation).

La compresenza di un’inspirazione “veloce ed un’espirazione “lenta può essere spiegata o da una grande differenza tra resistenza inspiratoria ed espiratoria o dalla presenza di flow limitation (sulla flow limitation puoi vedere il post del 04-06-2012). In questo caso possiamo ragionevolmente escludere la flow limitation osservando una normale cinetica di decadimento esponenziale del flusso espiratorio.

Rimane come unica possibile spiegazione una notevole differenza tra le resistenze inspiratorie ed espiratorie. Queste resistenze includono sia la resistenza delle vie aeree del paziente che la resistenza del circuito respiratorio.

Abbiamo visto nella figura 2 che il picco di flusso espiratorio è meno della metà del picco inspiratorio: poichè il flusso è inversamente proporzionale alla resistenza, la resistenza espiratoria è più del doppio di quella inspiratoria, una condizione che sarebbe davvero poco ragionevole attribuire alle vie aeree.

Deduciamo che ci debba essere una resistenza espiratoria aggiuntiva che non appartiene al paziente

E così era nel nostro caso: come talvolta (o spesso, a seconda delle abitudini) accade nelle Terapie Intensive, era stato posizionato un filtro antibatterico HME (Heat and Moisture Exchanger) al termine della branca espiratoria del circuito respiratorio per proteggere la valvola espiratoria da possibili contaminazioni presenti nell’espirato.
Il problema è che i filtri HME sono fatti per assorbire umidità, e a questo proposito possono essere utili se messi alla Y del circuito: accumulano l’umidità espirata e la restituiscono immediatamente al paziente durante l'inspirazione.
Quando però un filtro HME viene invece messo sulla branca espiratoria del circuito, esso assorbe l'eventuale umidità in eccesso (è il suo mestiere), ed "inzuppandosi di acqua" diventa una resistenza aggiuntiva tra il paziente e la valvola espiratoria del ventilatore. Una resistenza esclusivamente espiratoria.


Spieghiamo meglio il meccanismo guardando la figura 3, nella quale è raffigurato il circuito di ventilazione, con la parte INSP che porta il flusso di gas dal ventilatore al paziente e quella ESP che raccoglie il flusso espiratorio e lo porta all’esterno, facendolo passa attraverso la valvola espiratoria del ventilatore (disegnata in rosso). 

Figura 3

In verde è disegnato il filtro HME posto sull’uscita espiratoria a protezione della valvola espiratoria.

In espirazione la valvola espiratoria adegua continuamente la propria apertura contro il flusso per mantenere al suo ingresso una pressione uguale alla PEEP impostata.

Se il filtro HME posto al termine della branca espiratoria diventa una resistenza significativa, la pressione a monte del filtro HME (verso il paziente) sarà decisamente più elevata di quella a valle (verso la valvola espiratoria).
In questa condizione la valvola espiratoria continua a modulare la pressione nel tratto interposto tra essa ed il filtro HME, ma è insensibile alla pressione che è a monte del HME (tra HME e paziente), che pertanto diventa determinata dalla resistenza del HME e non dalla valvola espiratoria.

Il paziente avrà una pressione espiratoria decisamente più alta rispetto alla PEEP impostata che diventerà un ostacolo alla l’espirazione.

Nella figura 4 puoi vedere la differenza tra la PEEP impostata a 6 cmH2O (linea orizzontale grigia) e la reale pressione in espirazione, che non riesce a raggiungere nemmeno a fine espirazione il valore impostato ma si ferma di fatto ad una PEEP di 8 cmH2O (linea orizzontale rossa). In giallo tratteggiato è disegnata la pressione che idealmente avrebbe dovuto esserci durante l’espirazione, cioè un immediato passaggio dalla pressione inspiratoria alla PEEP: possiamo ipotizzare che nel tratto di circuito tra HME e valvola espiratoria la pressione possa essere stata molto simile a questa.

Figura 4

La conferma della corretta interpretazione di quanto stava accadendo si è ottenuta eliminando il filtro HME dalla branca espiratoria. Il risultato immediato lo puoi vedere in figura 5.

Figura 5
 

Il colpo d’occhio è completamente diverso dall’immagine in figura 1, le grossolane differenze tra inspirazione ed espirazione sono scomparse. Ne abbiamo conferma se andiamo a misurare i picchi di flusso inspiratorio ed espiratorio e la durata del flusso in inspirazione (figura 6). 

Figura 6

Residuano piccole differenze, difficili da cogliere senza misurazioni, ed assolutamente compatibili con la normalità.

Il problema che abbiamo descritto può avere implicazioni sfavorevoli per i pazienti. Nel nostro caso non ha creato problemi, limitandosi a dare 3 cmH2O di autoPEEP (misurati con l'occlusione di fine espirazione) in un paziente restrittivo in sedazione e paralisi.
Ma proviamo a pensare ad un paziente ostruttivo durante ventilazione assistita. L’impedimento all’espirazione ed il conseguente aggravamento dell’iperinflazione dinamica, produrrebbe un incremento del lavoro respiratorio associato ad una minor efficienza diaframmatica dovuta all’appiattimento del muscolo per l’aumento del volume polmonare di fine espirazione. Potrebbe in altre parole perpetuare iatrogenicamente la dipendenza dalla ventilazione meccanica in pazienti con potenzialità di svezzamento da essa.

Considerati i rischi che abbiamo visto, è corretto posizionare un filtro sulla branca espiratoria? I rischi superano i benefici? 

A mio parere non dovrebbe servire alcun filtro se sono corrette l’umidificazione del gas inspirato e la somministrazione delle terapie inalatorie. Durante la somministrazione dei farmaci inalatori potrebbe essere preferibile utilizzare un trigger a pressione per limitare l'effetto del flusso continuo del trigger a flusso (vedi post del 22/05/2011), che potrebbe favorire il passaggio del farmaco dal punto di somministrazione alla valvola espiratoria.

E se umidificazione e somministrazione di farmaci non fossero corretti, la soluzione dovrebbe essere migliorarli e non mettere filtri. In caso di umidificazione inappropriata, applicare un filtro per proteggere il ventilatore mantiene il problema di una eccessiva umidificazione. Se invece il problema sono i farmaci che finiscono nella branca espiratoria, l'utilizzo del filtro mantiene il problema che una parte della terapia che dovrebbe andare al paziente è in realtà "buttata via" nel filtro: l'unica vera soluzione è la corretta somministrazione del farmaco.

Mi rendo conto che a volte possano esserci condizioni in cui posizionare il filtro sull’uscita espiratoria sia comunque il male minore o che possa avere una teorica funzione di evitare la contaminazione ambientale con patogeni: in questi casi sarebbe forse meglio utilizzare un filtro non HME, tenendo comunque sempre d'occhio il monitoraggio delle curve di flusso e pressione per rilevare tempestivamente il momento della sostituzione del filtro.

Facciamo due calcoli…

In questa sezione analizziamo in maniera quantitativa quanto abbiamo descritto finora: un piccolo esercizio di meccanica respiratoria. Se non ti interessa questo approfondimento con calcoli e formule, salta pure alle conclusioni senza problemi.
Nella figura 7 puoi rivedere le curve con una serie di valori rilevati durante i picchi di flusso inspiratorio ed espiratorio.

Figura 7

La Compliance.

Per prima cosa possiamo calcolare la Compliance (C), grazie al fatto che la pressione inspiratoria costante si associa ad periodo senza flusso per oltre metà del tempo inspiratorio: questa è a tutti gli effetti una pressione di plateau (Pplat). La PEEP totale (PEEPtot) è stata misurata con una occlusione di fine espirazione ed ho riportato in figura il valore (9 cmH2O ). La differenza tra Pplat (25 cmH2O ) e PEEPtot è la pressione elastica (Pel): 16 cmH2O .

La compliance, cioè il rapporto tra volume corrente (225 ml) e Pel, è 14 ml/cmH2O .
Il valore della compliance in seguito consentirà di stimare la Pel a diversi volumi polmonari, essendo sempre Pel il rapporto tra volume (V) e compliance (V/C). La pressione alveolare (Palv) è sempre la somma di Pel e PEEPtot.

Pressione resistiva e resistenza durante il picco di flusso inspiratorio.

Il flusso è sempre generato da una differenza di pressione, definita anche pressione resistiva (Pres).
La Pres che genera il picco di flusso inspiratorio (PIF) è la differenza tra la pressione nelle vie aeree (Paw) quando c’è il PIF (25
cmH2O, in questo caso casualmente uguale a Pplat) e Palv nello stesso momento.
Al momento del PIF, nei polmoni ci sono 116 ml di volume (sopra il volume di fine espirazione), che determinano una Pel in quell’istante di 8
cmH2O (V/C). Sommando Pel e PEEPtot, stimiamo una Palv di 17 cmH2O.
La Pres del PIF è la differenza tra Paw e Palv: 25
cmH2O - 17 cmH2O = 8 cmH2O .
La resistenza è calcolata come rapporto tra Pres e flusso da essa generato. La resistenza durante il PIF è pertanto: 8
cmH2O / 0.97 l/s =  8 cmH2O·l-1·s.

Pressione resistiva e resistenza durante il picco di flusso espiratorio.

Ripetendo gli stessi calcoli sul picco di flusso espiratorio (PEF), possiamo stimare una Pel durante il PEF di 14 cmH2O, generata dai 190 ml di volume che sono ancora nei polmoni in quel momento. Sommando a questa la PEEPtot si ottiene una Palv durante PEF di 23 cmH2O.
La Pres del PEF è 3
cmH2O, cioè la differenza tra i 23 cmH2O di Palv e la Paw che c’è durante il PEF, cioè 20 cmH2O (figura 7). La resistenza durante il PEF è quindi: 3 cmH2O/ 0.42 l/s =  7 cmH2O·l-1·s.

Il fatto che resistenza inspiratoria ed espiratoria (calcolate al momento dei rispettivi picchi di flusso) siano simili (8  e 7 cmH2O·l-1·s, rispettivamente) conferma che la differenza tra resistenza inspiratoria ed espiratoria non sia attribuibile al paziente. Infatti abbiamo fatto i calcoli utilizzando i 20 cmH2O di pressione durante il PEF che evidentemente il ventilatore misura prima (a monte) del filtro HME. Forse la figura 8 può aiutarti a comprendere meglio la spiegazione: nei cerchi azzurri trovi le pressioni rilevate in diversi punti nel momento del PEF, nei riquadri grigi sulla destra le differenze di pressione tra i vari punti. 

Figura 8

Il filtro HME oppone una resistenza al flusso che può essere misurata conoscendo la differenza di pressione a monte ed a valle di esso. A monte del filtro HME, durante il PEF, ci sono i 20 cmH2O che abbiamo misurato, a valle stimiamo ci sia la PEEP impostata (6 cmH2O), che la valvola espiratoria dovrebbe mantenere costante per tutta l'espirazione.

La Pres del filtro HME durante PEF risulta così essere 14 cmH2O, che con il flusso di 0.42 l/s fa calcolare una resistenza di 33 cmH2O·l-1·s.

Il paziente nell’espirazione deve vincere sia la propria resistenza (7 cmH2O·l-1·s) che quella del HME (33 cmH2O·l-1·s), per un totale di 40 cmH2O·l-1·s. Una resistenza enorme in gran parte (83%) determinata dal HME.
Per questo motivo la presenza del HME è la causa del problema espiratorio e la sua rimozione ne è la soluzione.

Conclusioni.

Proviamo a sintetizzare i punti principali di questo post:

  1. il monitoraggio grafico rileva problemi, anche gravi, che non sono rilevati dagli allarmi del ventilatore meccanico: solo la valutazione delle curve di pressione e flusso ci ha consentito la diagnosi e soluzione del problema in un attimo;
  2. la necessità di utilizzare filtri sulla branca espiratoria del circuito del ventilatore è condizionata da inadeguata umidificazione delle vie aeree e/o inefficiente somministrazione di farmaci inalatori. In questi casi la soluzione prioritaria dovrebbe essere l'ottimizzazione di umidificazione ed erogazione dei farmaci piuttosto che mettere un filtro a protezione della valvola espiratoria;
  3. qualora si renda comunque opportuno mettere un filtro al termine della branca espiratoria del circuito respiratorio, potrebbe essere forse preferibile scegliere un filtro antibatterico/antivirale non HME e mantenere comunque sotto stretto controllo le curve di pressione e flusso ed assicurarsi che:
    • la pressione espiratoria ritorni rapidamente al valore della PEEP impostata fin dall’inizio dell’espirazione;
    • se si è in ventilazione pressometrica, che la morfologia del flusso inspiratorio ed espiratorio siano grossolanamente speculari nei pazienti passivi senza flow limitation.


Come sempre, un sorriso a tutti gli amici di ventilab.

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Costante di tempo dell'apparato respiratorio

30 giu 2016



Il concetto di costante di tempo è affascinate ed ostico al tempo stesso. Come è nello stile di ventilab, cercheremo di rendere la costante di tempo facilmente accessibile e pratica, senza per questo toglierle nulla del suo fascino. Per fare questo, iniziamo prima a capire cosa si intende per costante di tempo dell’apparato respiratorio, quindi come utilizzare questo concetto durante la ventilazione meccanica. (Ho specificato che parleremo della costante di tempo dell’apparato respiratorio, perchè la costante di tempo non è esclusiva dell’apparato respiratorio ma è una caratteristica comune a tutti i processi con una cinetica esponenziale)

La costante di tempo descrive il tempo necessario e sufficiente per ottenere il 63% della variazione di volume dell’apparato respiratorio quando gli si applica una pressione di insufflazione costante o quando si ha una espirazione passiva. L’unità di misura della costante di tempo sono i secondi.



Figura 1

Facciamo un esempio per comprendere meglio cosa significa e quali sono i fattori che governano la costante di tempo (figura 1). Immaginiamo di avere un soggetto che ha terminato l’espirazione ed ha raggiunto la capacità funzionale residua. In quel momento nei suoi alveoli c’è una pressione pari a quella atmosferica, cioè 0 cmH2O. Applichiamo ora una pressione positiva continua all’apertura delle vie aeree, ad esempio di 20 cmH2O. La differenza di pressione tra ventilatore ed alveoli genera un flusso di gas, che va dal ventilatore (dove la pressione è più alta) agli alveoli (dove la pressione è più bassa). In questo modo i polmoni si riempiono di gas, aumentano il proprio volume ed inevitabilmente aumenta anche la pressione al loro interno. L’aumento di volume e pressione polmonare termina quando la pressione alveolare diventa uguale a quella applicata alle vie aeree, che nel nostro esempio corrisponde a 20 cmH2O. Di che entità deve essere l’aumento del volume polmonare per fare aumentare la pressione da 0 a 20 cmH2O? Ammettiamo che il soggetto in questione abbia una compliance di 100 ml/cmH2O. Questo significa che il volume polmonare aumenterà di 100 ml per ogni incremento di pressione di 1 cmH2O. A questo punto il calcolo è semplice: dopo l’applicazione di 20 cmH2O, il volume polmonare sarà aumentato di 20 volte la compliance, cioè di 2000 ml. Poichè la costante di tempo è il tempo necessario e sufficiente a far aumentare il volume dell’apparato respiratorio del 63% rispetto alla variazione finale, nel nostro esempio coincide con il tempo necessario per aumentare il volume dell’apparato respiratorio di 1260 ml.

Il tempo per raggiungere questa variazione di volume dipende dalla velocità con la quale il volume di gas si muove verso i polmoni, cioè dal flusso inspiratorio. Poichè il flusso dipende dalla resistenza (flusso= differenza di pressione/resistenza), tanto maggiore è la resistenza, tanto maggiore il tempo per ottenere la variazione di volume, cioè la costante di tempo.

Da quanto abbiamo detto è anche vero che tanto maggiore è la compliance, tanto maggiore la variazione di volume e quindi (a parità di resistenza) il tempo necessario per raggiungere il 63% di essa (cioè la costante di tempo). 


Figura 2

Vediamo ora la costante di tempo applicata all’espirazione. Il volume corrente inspirato (di qualsiasi entità esso sia) genera una pressione alveolare definita dal suo rapporto con la compliance. Siamo abituati a vedere questa pressione come la pressione di fine inspirazione, ma evidentemente la possiamo anche considerare la pressione di inizio espirazione, cioè la pressione alveolare a cui inizia la fase espiratoria. Facciamo l’esempio di un soggetto che ha compliance di 80 ml/cmH2O ed un volume corrente di 400 ml (figura 2). Come abbiamo visto in precedenza, la compliance descrive la variazione di volume associata ad una variazione di pressione di 1 cmH2O. Quindi, 400 ml di variazione di volume in un soggetto con 80 ml/cmH2O di compliance richiedono una variazione di pressione di 5 cmH2O (cioè volume/compliance). La pressione alveolare di inizio espirazione in questo caso sarà di 5 cmH2O (sopra PEEP) e rappresenta la forza che inizialmente “spinge” il flusso espiratorio. Più è alta la compliance, minore la pressione di inizio espirazione, minore la forza per “spingere” l’aria fuori dai polmoni, più lungo il tempo che serve per espirare il 63% del volume corrente, cioè la costante di tempo. Anche in questo caso un aumento della resistenza riduce il flusso espiratorio e quindi, a parità di compliance, aumenta la costante di tempo.

Risulta ora chiaro perchè la costante di tempo (normalmente definita dalla lettera greca τ, tau) dipenda esclusivamente da compliance (C) e resistenza (R), a tal punto da poter essere calcolata dal loro prodotto:

τ = C R

La costante di tempo è caratteristica di ogni singolo apparato respiratorio, indipendente dalla pressione applicata in inspirazione o dal volume espirato. Dopo 1 costante di tempo come abbiamo visto si raggiunge il 63% della variazione di volume all’equilibrio, dopo 3 costanti di tempo il 95% e dopo 5 costanti di tempo il 99%.

Nella pratica clinica non ci serve tanto sapere di quanti secondi è la costante di tempo di un paziente, ma piuttosto ci è utile una semplice valutazione qualitativa che ci dica se il paziente ha una costante di tempo “lunga” o “breve”, cioè se l’apparato respiratorio “si riempie” e “si svuota” lentamente (τ lunga) o velocemente (τ breve). E se questo processo si svolge in modo omogeneo all’interno dei polmoni.

Impariamo ora a riconoscere i pazienti con costante di tempo “breve” o “lunga”. Una premessa indispensabile: “breve” o “lungo” rispetto a cosa? Da un punto di vista clinico ritengo che il tempo inspiratorio ed il tempo espiratorio siano validi termini di riferimento per la definizione del concetto di “breve” o “lunga” riferito alla costante di tempo inspiratoria ed espiratoria. Una seconda premessa fondamentale è che la costante di tempo descrive solo fenomeni passivi e che quindi può essere valutata solo se il paziente inspira ed espira passivamente.

In inspirazione, la costante di tempo può essere valutata solo nelle ventilazioni pressometriche, anche a target di volume, poichè garantiscono una pressione di insufflazione costante.

I soggetti con costante di tempo “breve” hanno un flusso inspiratorio rapidamente decrescente che si conclude con una fase di zero flusso al termine della inspirazione. In espirazione, la costante di tempo può essere valutata indipendentemente dalla modalità di ventilazione e, come in inspirazione, i soggetti con costante di tempo “breve” hanno un flusso rapidamente decrescente che si azzera facilmente prima dell’inizio dell’inspirazione successiva (ad eccezione dei soggetti con tempo espiratorio molto breve) (Figura 3).



Figura 3

Nei soggetti con costante di tempo “lunga” invece il flusso inspiratorio (in ventilazione pressometrica) ed il flusso espiratorio decrescono lentamente, a tal punto che alla fine dell’inspirazione e dell’espirazione il flusso non si è azzerato (figura 4).

Figura 4

In pazienti con costante di tempo eccezionalmente lunga, il flusso inspiratorio in pressione controllata si riduce talmente lentamente da sembrare costante invece che decrescente, tanto da avere l’apparente paradosso di una ventilazione con onda quadra sia di flusso che di pressione (figura 5). Immagini come queste sono rare e ringrazio l’amico Guido Amodeo del S. Giovanni Bosco di Napoli per averla saputa cogliere, capire ed averla condivisa con me.

Figura 5

Per oggi mi fermo qui, abbiamo già messo molta carne al fuoco. Nel prossimo post cercheremo di capire insieme le implicazioni cliniche delle costanti di tempo nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica.

Come sempre, un sorriso a tutti gli amici di ventilab. E buone vacanze!

 

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