Il successo della ventilazione meccanica dipende in maniera decisiva anche dall’appropriatezza della sua impostazione. Se in un paziente con ARDS sbagliamo la scelta di volume corrente e PEEP, possiamo trasformare una tecnica molto efficace in un problema senza soluzione; se durante la ventilazione assistita utilizziamo costantemente un supporto inspiratorio eccessivo o insufficiente, possiamo perpetuare la dipendenza dalla ventilazione meccanica invece che avviarci verso lo svezzamento.
A volte ho la sensazione che ci si dimentichi questo concetto fondamentale quando si parla di ventilazione non-invasiva: si passa il tempo a discutere se sia efficace o meno, senza specificare i criteri di impostazione. E’ un approccio profondamente sbagliato: la ventilazione non-invasiva non è efficace perchè si applica una maschera sulla faccia, ma perchè si eroga una ventilazione meccanica…
Oggi vediamo come impostare il supporto inspiratorio (cioè la pressione di supporto o la differenza IPAP-EPAP) in maniera efficace quando curiamo un paziente con insufficienza respiratoria acuta (anche in presenza di una componente cronica). Su questo argomento esistono diversi approcci ed opinioni autorevoli, quello che propongo è ciò che personalmente ritengo più logico.
Consideriamo il momento in cui si inizia la ventilazione non-invasiva. In questa fase la pressione di supporto dovrebbe essere la più elevata possibile. E’ opportuno iniziare con un basso livello di supporto inspiratorio (ad esempio 5 cmH2O) e rapidamente (in pochissimi minuti) raggiungere, per incrementi successivi, il massimo livello che il paziente tollera o ritiene confortevole e che si associa ad un livello gestibile di perdite aeree.
E’ importante raggiungere il massimo possibile perchè in questa fase la ventilazione non-invasiva viene sempre proposta a pazienti che hanno o 1) una insufficienza della pompa respiratoria o 2) un elevato lavoro dei muscoli respiratori.
Dovremmo intendere come insufficienza della pompa respiratoria quella condizione in cui si ha una acidemia (cioè un pH < 7.35) senza ipocapnia (PaCO2 > 35 mmHg) (vedi post del 29/01/2011). Rientrano in questa categoria, oltre alla classica acidosi respiratoria ipercapnica, anche quei casi di acidosi metabolica senza una ipocapnia. Durante acidosi metabolica, la normale risposta di una pompa respiratoria efficiente è qualla di iperventilare per ridurre la PaCO2 e quindi tendere alla correzione del pH. Se la pompa respiratoria è esaurita, la PaCO2 rimane attorno ai 40 mmHg senza alcun tentativo di correzione respiratoria del pH.
L’elevato lavoro dei muscoli inspiratori è una condizione di stress che può precedere la vera e propria insufficenza della pompa respiratoria, e clinicamente si manifesta con dispnea, tachipnea (aumento della frequenza respiratoria), polipnea (aumento della ventilazione/minuto), non di rado iperpnea (aumento della profondità dell’inspirazione), e utilizzo dei muscoli accessori della respirazione (è ben esplorabile lo sternocleidomastoideo). In questa fase la PaCO2 può essere normale o ridotta ed il pH normale o alcalino. Quando i muscoli inspiratori iniziano a cedere sotto il peso di un prolungato periodo di elevato lavoro respiratorio, iniziamo a vedere il respiro rapido e superficiale ed infine il respiro paradosso (addome e torace si espandono in maniera alternata invece che sincrona durante gli atti respiratori).
In entrambe queste condizioni un obiettivo fondamentale della ventilazione non-invasiva è mettere a riposo il più possibile i muscoli inspiratori. E’ sbagliato pensare di ottenere questo obiettivo impostando una pressione di supporto sufficiente a raggiungere un volume corrente di 6-8 ml/kg (di peso ideale). Questo può essere un obiettivo necessario ma certamente non sufficiente. Infatti molti pazienti con elevato lavoro respiratorio sono già in grado di inspirare un volume corrente normale (o elevato) anche senza alcun supporto inspiratorio: sono cioè ancora in grado di combattere, seppur ad un elevato prezzo metabolico e di stress. In queste condizioni i muscoli respiratori possono utilizzare anche più del 25% dell’ossigeno consumato dall’intero l’organismo (in condizioni di normalità è circa il 1-2%), con sovraccarico della funzione cardiaca e sofferenza di altri tessuti.
Dobbiamo quindi affidarci a criteri diversi dal volume corrente. Possono aiutarci a scegliere il livello di supporto inspiratorio la valutazione della frequenza respiratoria, della dispnea, dell’utilizzo dei muscoli accessori della respirazione e, come sempre, il monitoraggio grafico della ventilazione.
Se durante ventilazione non-invasiva il volume corrente fosse compreso tra 420 e 470 ml potremmo essere soddisfatti nella maggior parte dei pazienti. Ma il monitoraggio grafico della ventilazione meccanica può fornirci informazioni decisive per una impostazione appropriata della pressione di supporto.
Nella figura 1 vediamo il flusso nelle vie aeree nello stesso paziente con 3 diversi livelli di pressione di supporto (da sinistra a destra: 5, 15 e 20 cmH2O sopra la PEEP di 5 cmH2O). Tra le 3 condizioni, il volume corrente varia effettivamente tra 420 e 470 ml.
Nel riquadro C abbiamo un flusso che, dopo il picco iniziale (porzione verticale viola), è (quasi) decrescente, tipico della ventilazione pressometrica passiva. Questo vuol dire che il paziente, dopo aver attivato il ventilatore, tende a mettere a riposo i muscoli inspiratori. Osserviamo la parte viola della curva di flusso nei riquadri A e B: dopo il picco iniziale, il flusso inspiratorio non decresce come nel riquadro C, segno di una persistente attività dei muscoli inspiratori, che è tanto più marcata tanto più ci si allontana dalla teorica decrescita passiva.
La figura 2 presenta le stesse curve della figura 1, con una retta che congiunge l’iniziale picco di flusso con il flusso quando inizia il ciclaggio tra inspirazione ed espirazione (istante in cui il flusso inizia a crollare verso lo zero).
Questa rappresentazione aiuta a capire cosa si intende per flusso decrescente e come valutare, seppur in maniera grossolana e qualitativa, quando e quanto un soggetto continua ad utilizzare i muscoli inspiratori durante il supporto inspiratorio. Nel riquadro A c’è un’area molto rilevante tra la traccia di flusso e la linea tratteggiata che dovrebbe descrivere l’ipotetico decadimento passivo del flusso; nel riquadro B c’è ancora una evidente area tra flusso e linea di decadimento passivo, però minore rispetto a quella vista in A e quindi segno di un minor contributo dei muscoli inspiratori; in C praticamente tutto il flusso è sulla liena di decadimento e ci fa pensare che resti solo eventualmente una minima attività dei muscoli inspiratori dopo il triggeraggio.
Ora possiamo capire bene perchè, quando iniziamo la ventilazione non-invasiva, dovremmo incrementare la pressione di supporto per avvicinarci il più possibile al profilo di flusso che vediamo in C. E’ importante fermarsi nell’incremento della pressione di supporto appena si nota questo pattern. Il livello di assistenza inspiratoria va rivalutato, con l’approccio appena visto, tutte le volte che si osservi un cambiamento del pattern respiratorio. Spesso vedremo che poco dopo l’inizio della ventilazione non-invasiva potremo ridurre il supporto inspiratorio mantenendo una bassa attività dei muscoli inspiratori.
Quando la condizione di insufficienza di pompa respiratoria o di elevato lavoro dei muscoli inspiratori tendono a risolversi, potremo tranquillamente abbassare il livello di pressione di supporto, senza più ricercare la passività del paziente. Viceversa, se non si dovesse arrivare a questo punto in tempi ragionevolmente brevi, dovremmo iniziare a pensare all’intubazione tracheale.
Se siamo d’accordo su quando detto finora, dobbiamo ammettere che la CPAP raramente può essere una tecnica ottimale di ventilazione non-invasiva.
Uno dei problemi a cui espone questo approccio è quello di avere qualche paziente che genera volumi correnti molto elevati, anche 10-12 ml/kg. Dobbiamo però essere lucidamente consapevoli che questo volume corrente non è passivamente generato dal livello di supporto inspiratorio se abbiamo scelto il livello di pressione inspiratoria necessario e sufficiente a far riposare i muscoli respiratori. Infatti stiamo semplicemente aiutando il paziente a fare ciò che il suo cervello (=centri del respiro) comanda. Se dal cervello partono ordini potenzialmente dannosi (=generare un alto volume corrente), la soluzione non è mettere in difficoltà la pompa respiratoria per impedire che ciò accada. In questa situazione vale la pena valutare se il volume corrente tenderà a ridursi man mano che si metteno a riposo i muscoli respiratori. Se ciò non dovesse accadere, a noi la responsabilità di scegliere se accettare un volume corrente elevato o iniziare una ventilazione protettiva, che non potrà che essere invasiva e con sedazione/parlisi. Ma questo è un altro capitolo…
Per concludere, facciamo una breve sintesi dei punti principali:
- all’inizio della della ventilazione non-invasiva il supporto inspiratorio dovrebbe essere regolato per rendere il più decrescente possibile il flusso inspiratorio; ne risulterà anche la riduzione della dispnea, della tachipnea e dell’utilizzo dei muscoli accessori della ventilazione;
- dopo aver scaricato i muscoli respiratori da un eccessivo lavoro, si dovrebbe iniziare a ridurre il supporto, accettando un livello di attività respiratoria compatibile con le risorse muscolari;
- qualora con questo approccio si ottenesse un volume corrente che si ritiene causa di possibile danno indotto dalla ventilazione, una soluzione normalmente ragionevole è passare alla ventilazione protettiva invasiva.
Un sorriso a tutti gli amici di ventilab.