Reverse triggering e sforzo inefficace: un esempio molto particolare

28 nov 2021

Ho ricevuto questo contributo dal dott. Cristiano Stefanello, un amico medico veterinario che lavora nella Clinica Veterinaria San Marco a Veggiano (PD). 

Cristiano da anni si dedica con passione e competenza alla ventilazione meccanica nel proprio ambito professionale. Propongo molto volentieri il suo post, integralmente e volutamente senza alcun commento. 

I commenti, vostri e miei, saranno ben accetti nell'apposito spazio al termine del post.

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In questo post discuteremo di un paziente veterinario, cane setter inglese maschio  adulto di 14 kg. Il volume tidalico stimato è di circa 15 ml/kg.  Il paziente viene ricoverato per un’infezione tetanica: si presenta in decubito laterale con ipertono estensorio diffuso, scialorrea con difficoltà alla deglutizione e progressiva riduzione della capacità ventilatoria. All’esame radiografico i campi polmonari suggeriscono la presenza di una polmonite da aspirazione.  

Il cane viene intubato e  ventilato al fine di consentire l’uso di miorilassanti e sedativi per controllare le crisi tetaniche, garantendo allo stesso tempo il supporto della funzione respiratoria.
Dopo le prime 72 ore di intubazione e ventilazione controllata in sedazione profonda,  si decide di superficializzare il paziente, riducendo i livelli di sedazione al solo uso delle benzodiazepine. Si imposta una ventilazione pressumetrica a target di volume garantendo  una frequenza minima obbligata di 15 atti/minuto. Inizialmente data l’assenza di un drive respiratorio del paziente la nostra ventilazione si mostra di fatto una pressumetrica totalmente controllata. 

Il giorno seguente compaiono delle profonde incisure sulla  curva di pressione e flusso nel pieno della fase inspiratoria (freccia blu in Figura 1). A  queste incisure si accompagna un aumento del volume erogato. Nel secondo atto l’incisura si manifesta più tardivamente nella fase inspiratoria ( freccia verde), si accompagna ad un arrotondamento del profilo della curva di pressione (lo si apprezza meglio se confrontato con il profilo più squadrato dei respiri 3 e 6) e ad un minor aumento del volume erogato rispetto al precedente atto.

Figura 1

  

Torniamo ad analizzare il respiro 1 di cui ritagliamo un ingrandimento in Figura 2 e disegniamo con la linea arancio l’ipotesi di decadimento del flusso se l’inspirio fosse passivo: notiamo un rallentamento del decadimento esponenziale previsto nella curva di flusso (freccia blu) proprio in corrispondenza di un’ incisura nella curva pressoria, espressione dell’ attivazione dei muscoli inspiratori che tolgono flusso al sistema (in direzione inspiratoria) e riducono la pressione in questa fase. Il ventilatore in presenza di una riduzione di pressione continua ad erogare flusso per almeno tutta la durata del tempo inspiratorio; più tempo inspiratorio rimane più flusso verrà erogato in questa fase. Questo rappresenta il guadagno in volume dell’attivazione del paziente.  Nel respiro numero 2 in Figura 1 avviene la stessa cosa ma il tempo inspiratorio che resta è minore e quindi il contributo dato dall’attivazione inspiratoria del paziente incontra rapidamente il ciclaggio del ventilatore che passa alla fase espiratoria impedendo un ulteriore guadagno in volume. 

Figura 2
 

Al fine di comprendere meglio questi fenomeni viene inserita una sonda per la misurazione della pressione esofagea.

Figura 3

La pressione esofagea rappresenta la miglior stima della pressione pleurica. Durante il respiro spontaneo ci aspettiamo si riduca a seguito dell’attivazione dei muscoli inspiratori; a questo seguirà la caduta della pressione intrapolmonare con la formazione del gradente pressorio che crea il flusso dalla bocca al polmone.  Durante la ventilazione a pressione positiva un  aumento della pressione esofagea  è da interpretare come un segnale di passività del paziente.
Il ventilatore disegna l’atto triggerato colorando lo spazio sotto la curva; in questo caso nessun atto respiratorio è segnalato come triggerato.  L’assenza di un’incisura negativa sulla curva esofagea e sulla curva di pressione all’inizio dell’atto respiratorio (freccia blu, figura 3) lo confermano

La curva esofagea prosegue aumentando il suo valore  (passività del paziente) fino ad un determinato punto in cui inverte la tendenza (segno di attivazione dei muscoli inspiratori), si riporta al valore iniziale per proseguire negativamente (rettangolo blu trasparente).  L’attivazione che inizia a circa due terzi del tempo inspiratorio prosegue oltre il ciclaggio del ventilatore entrando nel tempo espiratorio. Questa attività inspiratoria  inverte il flusso portandolo vicino alla linea dello zero  (freccia rossa) per poi terminare rilassando i muscoli inspiratori, riportando ai livelli basali la pressione esofagea e consentendo di espirare nuovamente il volume come mostra la ripresa del flusso espiratorio  (freccia gialla, Figura 3). Questo fenomeno lo vediamo ripetersi sistematicamente su tutti gli atti respiratori.

Il reverse triggering è definito come un’attivazione dei muscoli inspiratori poco dopo l’inizio dell’insufflazione da parte del ventilatoreE’ dunque il ventilatore che innesca il  trigger del paziente che si troverà in ritardo rispetto alla fase inspiratoria impostata nel ventilatore stesso. L’attivazione neurale del paziente prosegue nella fase espiratoria creando uno sforzo inefficace che non supera la soglia di attivazione del ventilatore e si esaurisce subito dopo. La causa a mio avviso è da imputare ad un profondo livello di sedazione ancora presente.

La soluzione in questo caso è stata la riduzione dei livelli di  assistenza e di anestesia, eventi che hanno consentito al paziente di emergere con un proprio drive respiratorio e dettare la frequenza del supporto impostato

Si ringrazia per le immagini ed il caso clinico lo staff di Terapia intensiva della Clinica veterinaria Privata San Marco.
Dr. Stefanello Cristiano 


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Ringrazio ancora Cristiano per il contributo.

Ed un sorriso a tutti gli amici di ventilab


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