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Broncoscopia e ostruzione delle vie aeree

20 ago 2022

La broncoscopia è una tecnica ormai imprescindibile nella cura dei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica e per questo ormai divenuta di uso quotidiano. A volte forse di abuso quotidiano… Come anticipato nell’ultimo post, parliamo delle indicazioni alla broncoscopia nei pazienti con intubazione tracheale o tracheostomia. In particolare, tra le molte indicazioni alla broncoscopia, oggi prenderemo in considerazione solamente la broncoscopia disostruttiva, cioè quella che ha l’obiettivo di risolvere una ostruzione delle vie aeree.

La diagnosi, o almeno il sospetto diagnostico, di ostruzione delle vie aeree è spirometrica e/o radiologica, mentre spetta alla broncoscopia la funzione terapeutica.

Se si concorda con questo approccio, si potrà evitare di ricorrere alla broncoscopia in reazione a qualsiasi problema ventilatorio si manifesti nei nostri pazienti sottoposti a ventilazione meccanica. La broncoscopia andrebbe eseguita solo quando necessario perchè, oltre ai problemi meccanici discussi nel post precedente, può acutamente ridurre l’ossigenazione e l'aspirazione durante fibroscopia solitamente derecluta i polmoni, cioè ne riduce il volume di fine espirazione (figura 1) (1).

Figura 1

I segni di ostruzione delle vie aeree sono di norma spirometrici in caso di ostruzione tracheale e radiologici per le occlusioni bronchiali. Da qui in avanti intenderemo per ostruzione tracheale quella della trachea o del tubo tracheale.

Analizziamo i due scenari, le caratteristiche diagnostiche e cosa può fare la fibroscopia.

Spirometria e ostruzione tracheale.

L’ostruzione tracheale non dà alcun segno si sè finchè non raggiunge almeno il 50% della superficie della trachea e diventa clinicamente rilevante anche a riposo quando è superiore almeno al 70% (2). Questo significa che quando ipotizziamo che il problema di un paziente sia l’ostruzione tracheale, possiamo confermare broncoscopicamente l'ipotesi diagnostica solo se vediamo una ostruzione della maggior parte della trachea, altrimenti bisogna cercare il problema del paziente da un’altra parte.

Il loop flusso-volume della spirometria forzata mostra alterazioni caratteristiche nei diversi tipi di ostruzione tracheale. Sui nostri ventilatori meccanici siamo però abituati a vedere il grafico flusso-tempo, il cui profilo assomiglia a quello del loop flusso-volume forzato quando è presente un’ostruzione tracheale nei pazienti in ventilazione assistita. Questo accade perché di fatto tutti i pazienti con ostruzione tracheale hanno una espirazione intensamente attiva per cercare di vincere l’ostruzione, facendo di fatto un’espirazione forzata. Inoltre il cambio di asse orizzontale dal volume al tempo non modifica drasticamente la morfologia della curva di flusso.

Fatta questa premessa, analizziamo le caratteristiche dei loop flusso-volume durante alcuni tipi di ostruzione delle vie aeree, sapendo che le ritroveremo sulle abituali curve flusso-tempo. Nella figura 2 i loop flusso-volume di due diverse forme di ostruzione tracheale sono messi a confronto con i loop di un paziente sano ed uno con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) (3, 4).

Figura 2

La freccia “espirazione” ci mostra in che senso guardare la curva durante la progressione dell’espirazione. Nei soggetti con BPCO il flusso espiratorio forzato, seppur ridotto di grandezza, mantiene il profilo decrescente, mentre le espirazioni forzate dei soggetti con ostruzione tracheale mostrano un flusso espiratorio ridotto e costante per tutta la durata dell’espirazione.

Un caso clinico.

Nella figura 3 vediamo il flusso espiratorio di una paziente con ostruzione tracheale durante la ventilazione con pressione di supporto. 

Figura 3
Il flusso espiratorio è certamente attivo (non è decrescente, vedi post del 20/08/2017), costante e ridotto (solamente 14 l/min, che equivale a 0,23 l/s). Per apprezzare meglio la presenza di una marcata riduzione del flusso espiratorio, probabilmente vale la pena abituarsi a guardare questa grandezza in tutti i nostri pazienti.

Nella paziente in figura 3 il flusso inspiratorio è di più difficile interpretazione: possiamo dire che, anche grazie all'elevato supporto inspiratorio di 20 cmH2O (una condizione che, in termini di flusso, dovrebbe assomigliare ad una inspirazione ben attiva), è decisamente superiore al flusso espiratorio. Una condizione che ricorda l’ostruzione variabile intratoracica (ultimo loop a destra della figura 1). Alla fine del post ti dirò che cosa aveva questa paziente…

Le ostruzioni tracheali.

Analizziamo ora la differenza tra ostruzione tracheale fissa e variabile intratoracica mostrate in figura 1. 

In caso di ostruzione fissa, l’ostruzione è costante in inspirazione ed espirazione. Il caso più tipico nei pazienti intubati è l’ostruzione del tubo tracheale con materiale solido (che non viene spostato né dal flusso inspiratorio né da quello espiratorio). L’ostruzione fissa si manifesta con la riduzione sia del flusso espiratorio che di quello inspiratorio.

L’ostruzione tracheale variabile intratoracica invece si manifesta con la sola riduzione del flusso espiratorio, mantenendo un flusso inspiratorio superiore a quello espiratorio. Nei pazienti intubati o tracheotomizzati l’ostruzione tracheale variabile intratoracica si manifesta prevalentemente in due condizioni, che sono ben differenziabili con la fibroscopia:

1) "tappo" parzialmente mobile. Il caso più frequente nel paziente ventilato è la presenza di secrezioni o coaguli in parte adesi all’estremità distale della cannula tracheale, che si allontanano da essa spinti dal flusso inspiratorio (e quindi si riduce l’ostruzione) e vi si riavvicinano spinti dal flusso espiratorio (così aumentando l'ostruzione). Se la broncoscopia conferma questo tipo di ostruzione, spesso è anche in grado di risolverla con la rimozione della massa mobile occludente.

2) collasso dinamico delle vie aeree. L’ostruzione tracheale variabile intratoracica può anche essere causata dal collasso dinamico delle vie aeree (5), una condizione in cui la pars membranacea della trachea è spinta verso la porzione cartilaginea dall’aumento della pressione intratoracica durante l’espirazione attiva. In inspirazione invece la riduzione della pressione intratoracica (e l’aumento della pressione delle vie aeree nei pazienti con supporto inspiratorio) ristabilisce una normale dimensione tracheale (figura 4).

Figura 4

Questo meccanismo è abbastanza frequente nei pazienti intubati e va capito bene nella sua genesi per evitare trattamenti impropri sulle vie aeree o ripetute sostituzioni di tubi tracheali o tracheocannule.

L’espirazione attiva dei pazienti che presentano un collasso dinamico della trachea è solitamente la conseguenza di un elevato drive respiratorio: l’inspirazione è molto intensa ed a essa segue inevitabilmente una espirazione altrettanto intensa. E’ esperienza di ciascuno che quando aumenta il drive respiratorio, ad esempio durante uno sforzo fisico, sia l’inspirazione che l’espirazione diventano entrambe molto attive: è impensabile ad una inspirazione “stressata” seguita da un'espirazione lenta e tranquilla.
Se la broncoscopia conferma che 
il collasso dinamico della trachea è la causa dell’ostruzione tracheale variabile intratoracica, la soluzione è la riduzione del drive respiratorio. Questa può essere raggiunta in due modi: o aumentando il supporto inspiratorio o riducendo farmacologicamente il drive respiratorio. Se il progressivo aumento del supporto inspiratorio non riduce il drive respiratorio o la fa solo portando il paziente ad una ventilazione potenzialmente dannosa (volume corrente eccessivo con elevata frequenza respiratoria), allora il controllo farmacologico del drive respiratorio con la sedazione diventa un’opzione ragionevole. Una volta ridotto il drive respiratorio, spariranno anche gli eventuali movimenti di occlusione espiratoria della cannula tracheale.

Imaging e ostruzione bronchiale.

Mentre la spirometria è la valutazione preliminare per dare indicazione alla broncoscopia in caso di ostruzione tracheale, un’indagine radiologica dovrebbe essere l’esame che precede la broncoscopia in caso di ostruzione bronchiale. Una ostruzione bronchiale ha solitamente come conseguenza clinica un peggioramento della funzione respiratoria, grossolanamente valutabile con il PaO2/FIO2, e come correlato radiologico l’atelettasia, cioè il collasso di una parte di polmone secondario all’assenza di ventilazione in un ramo bronchiale. Le tecniche radiologiche che consentono di diagnosticare un’atelettasia sono la radiografia (addensamento con retrazione di mediastino o emidiaframma), l'ecografia (addensamento con assenza di broncogramma aereo) o la TC che consente di localizzare con precisione il bronco occluso ed il conseguente addensamento del parenchima polmonare.

Eseguire una broncoscopia disostruttiva non preceduta dall’evidenza di un bronco da disostruire (cioè non preceduta da un’indagine radiologica) ha tre possibili implicazioni negative: 1) sostituisce il sano ragionamento clinico (che ha bisogno di conoscenze mediche e di logica) con l’esecuzione casuale di indagini diagnostiche alla ricerca di qualcosa che non va; 2) espone inutilmente il paziente ad uno stress; 3) aumenta inutilmente i costi perchè il fibrobroncoscopio avrà poi bisogno di essere sottoposto ad un ciclo di pulizia e disinfezione o sostituito se monouso.

Cosa aveva la paziente della figura 3? 

La paziente presentata in precedenza alla fibroscopia aveva un "tappo mobile", un massa di secrezioni bronchiali parzialmente occludente adesa alla parte terminale della cannula tracheale. Una parte flottante della massa occludente veniva spinta dal flusso espiratorio verso la cannula, rendendo massima l'occlusione. Aveva cioè una ostruzione tracheale variabile intratoracica.

Conclusioni.

Possiamo sintetizzare questo post in pochi punti: 

1) In un iter di diagnosi e cura ottimale, la broncoscopia per ripristinare la pervietà di trachea e bronchi dovrebbe essere eseguita dopo la diagnosi di ostruzione di trachea o bronchi; 

2) L’ostruzione della trachea in un paziente con ventilazione assistita ha come caratteristica principale un flusso espiratorio che è basso nonostante sia attivo (quindi costante e non decrescente). Se questo si accompagna anche ad un flusso inspiratorio molto ridotto, probabilmente l’ostruzione è fissa, se il flusso inspiratorio non è gravemente ridotto probabilmente l’ostruzione è intratoracica variabile;

3) l’ostruzione bronchiale si manifesta come atelettasia visibile a radiografia, ecografia o TC del torace;
 
4) La broncoscopia può essere un trattamento efficace ad eccezione dell’ostruzione tracheale intratoracica variabile secondaria a collasso dinamico della trachea. In questo caso il trattamento è la riduzione del drive respiratorio.
 
Come sempre, un sorriso ed un saluto a tutti gli amici di ventilab.

Bibliografia.
1.    Greenstein YY, Shakespeare E, Doelken P, Mayo PH. Defining a ventilation strategy for flexible bronchoscopy on mechanically ventilated patients in the medical intensive care unit. J Bronchol Interv Pulmonol 2017;24:206–210.
2.    Murgu SD, Egressy K, Laxmanan B, Doblare G, Ortiz-Comino R, Hogarth DK. Central Airway Obstruction. Chest 2016;150:426–441.
3.    Miller RD, Hyatt RE. Evaluation of Obstructing Lesions of the Trachea and Larynx by Flow-Volume Loops. Am Rev Respir Dis 1973;108:475–481.
4.    Pellegrino R. Interpretative strategies for lung function tests. Eur Respir J 2005;26:948–968.
5.    Park JG, Edell ES. Dynamic Airway Collapse: distinct from tracheomalacia. J Bronchol 2005;12:143–146.

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Ventilazione meccanica e fibroscopia

30 giu 2022

Quando si esegue una fibroscopia in un paziente con intubazione tracheale si genera un'interferenza nella ventilazione meccanica. A volte questo può indurre ad adeguare l'impostazione della ventilazione meccanica: la modifica dei parametri ventilatori, se non si hanno obiettivi chiari, potrebbe essere solo apparentemente efficace ma in realtà controproducente.

Nel post di oggi cerchiamo di capire cosa succede quando un fibroscopio è introdotto nel tubo tracheale, e quando e come eventualmente modificare l'impostazione della ventilazione meccanica.

Utilizzeremo a questo scopo la simulazione in  un paziente "virtuale", un approccio che produce scenari assolutamente realistici (se si fonda su appropriate basi fisiopatologiche ed informatiche) e che al contempo consente di valutare serenamente l’impatto di qualsiasi scelta ventilatoria senza esporre realmente a rischi una persona in carne ed ossa.

La ventilazione prima della broncoscopia.

La nostra “paziente virtuale” è Roberta, una donna con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e polmonite. Roberta è intubata con un tubo tracheale con diametro interno di 7.5 mm. E’ sedata ed è ventilata in volume controllato con volume corrente  450 ml, PEEP 5 cmH2O, frequenza respiratoria 20/min, 1'' di tempo inspiratorio (di cui 0.25'' di pausa di fine inspirazione) e 2'' di tempo espiratorio (il che corrisponde ad un I:E 1:2). La compliance dell’apparato respiratorio di Roberta è 40 ml/cmH2O, le resistenze delle vie aeree quelle tipiche dei pazienti con BPCO (1) e sono utilizzati per la simulazione i carichi resistivi dei tubi tracheali con e senza fibroscopio (2).  

In figura 1 ci sono le curve di pressione e flusso corrispondenti alle suddette impostazioni. Vediamo una pressione di picco (Pmax) di 26 cmH2O, una pressione di 18 cmH2O al termine dei 0.25'' di pausa di fine inspirazione di (PEIP) e l'assenza di iperinflazione dinamica e autoPEEP (il flusso espiratorio si azzera prima dell’inizio dell’inspirazione successiva). Il picco di flusso espiratorio (PEF) è -0.79 l/s.

Figura 1

Con una doppia occlusione delle vie aeree, una a fine espirazione ed una a fine inspirazione, rileviamo una pressione di plateau (Pplat) di 16 cmH2Oe, come atteso, una PEEP totale (PEEPtot) di 5 cmH2O, uguale alla PEEP impostata (figura 2).

Figura 2


La ventilazione durante la broncoscopia.

Partendo da questa condizione, Roberta viene sottoposta a broncoscopia con un fibroscopio con 5 mm di diametro. Durante la manovra è stato incrementato il limite di pressione del ventilatore a 100 cmH2O per evitare la riduzione della ventilazione durante la fibroscopia. Senza questo accorgimento si rischia una marcata riduzione della ventilazione durante la fibroscopia (3).

Nella figura 3 vediamo cosa succede. Per mantenere la ventilazione impostata, la pressione di picco è aumentata da 26 a 59 cmH2O, la pressione al termine della pausa di fine inspirazione è diventata di 20 cmH2O, il picco di flusso espiratorio si è più che dimezzato (ora è -0.34 l/s). Il rallentamento del flusso espiratorio non consente di completare l'espirazione nei 2" di tempo espiratorio, come si vede chiaramente dall'interruzione del flusso espiratorio all'inizio dell'inspirazione successiva. 

Figura 3
Le occlusioni delle vie aeree evidenziano una pressione di plateau di 18 cmH2O ed una autoPEEP di 2 cmH2O (uguale alla differenza tra i 7 cmH2O di PEEP totale ed i 5 cmH2O di PEEP) (figura 4).

Figura 4

Vediamo che l'aumento di resistenza dovuto alla presenza del fibroscopio nel tubo tracheale ha avuto effetti diversi sull'inspirazione e sull'espirazione: in inspirazione è aumentata la pressione, in espirazione si è ridotto il flusso.

In inspirazione è aumentata la pressione perchè il flusso inspiratorio è "spinto" dal ventilatore meccanico. Come ben sappiamo la pressione necessaria per generare un flusso è uguale al prodotto del  flusso per la resistenza (vedi anche post del 5/12/2011):

pressione = flusso ∙ resistenza.         (eq. 1)

Poichè l'obiettivo del ventilatore meccanico durante la ventilazione a volume controllato è mantenere fisso il flusso inspiratorio, l'incremento di resistenza ha come conseguenza l'aumento della pressione applicata.

In espirazione il flusso espiratorio è "spinto" dalla pressione che c'è nei polmoni, che all'inizio dell'espirazione coincide con quella di fine inspirazione e durante l'espirazione si riduce progressivamente con il ridursi del volume all'interno dei polmoni. Risulta chiaro che la pressione che genera il flusso espiratorio dipende unicamente dalle caratteristiche meccaniche dell'apparato respiratorio e dal volume polmonare e non dall'impostazione del ventilatore meccanico. Nell'espirazione pertanto il flusso espiratorio non è costante come nell'inspirazione, ma varia al variare di pressione polmonare e resistenza:

flusso = pressione / resistenza.        (eq. 2)

Questo spiega perchè l'incremento di resistenza si manifesta con un aumento di pressione in inspirazione ed una riduzione di flusso in espirazione.

Torniamo a Roberta: ritieni che la condizione mostrata in figura 3 e 4 possa essere dannosa? Perchè? Faresti qualcosa?

Durante il ciclo respiratorio la pressione nel ventilatore varia tra la PEEP (in espirazione) e la pressione di picco (in inspirazione). Sappiamo però che le pressioni che misuriamo nel ventilatore sono diverse da quelle ci sono nei polmoni. Solo nei periodi di assenza di flusso (come avviene durante le occlusioni delle vie aeree) possiamo ritenere simili le pressioni nel ventilatore e nei polmoni. Ne consegue che mediamente la pressione nei polmoni oscilla tra il valore di PEEP totale (assenza di flusso a fine espirazione) e la pressione di plateau (assenza di flusso a fine inspirazione).

Durante la fibroscopia c’è stato un grande aumento (di ben 23 cmH2O ) della pressione inspiratoria del ventilatore, ma un aumento di solo 2 cmH2O della pressione dei polmoni sia inspiratoria (pressione di plateau) che espiratoria (PEEP totale). Probabilmente questa modifica è clinicamente irrilevante e può essere tollerata. Anche in presenza di una elevata pressione di picco. 

Come puoi constatare nel prossimo paragrafo, farsi guidare dal desiderio di ridurre la pressione di picco durante la fibroscopia potrebbe addirittura essere controproducente, esponendo i polmoni del paziente a pressioni più elevate. 

La mossa sbagliata: ridurre la pressione di picco con il I:E

Possiamo comprendere quanto sia fuorviante regolare la ventilazione per ridurre la pressione di picco provando a modificare il I:E da 1:2 a 1:1. A parità degli altri parametri, questa modifica aumenta il tempo inspiratorio da 1" a 1.5” e di conseguenza riduce il flusso inspiratorio (il volume corrente viene erogato in un tempo più lungo) e di conseguenza diminuisce la pressione applicata dal ventilatore (eq. 1).

La modifica del I:E determina anche la riduzione del tempo espiratorio da 2” a 1.5”

In figura 5 vediamo come si modificano le pressioni con il passaggio del I:E da 1:2 a 1:1:

Figura 5

La pressione di picco si riduce a da 59 a 40 cmH2O , la pressione alla pausa di fine inspirazione aumenta da 20 a 23 cmH2O ed il picco di flusso espiratorio diventa -0.38 l/s. Nella figura 6 si vedono i valori ottenuti durante le occlusioni, cioè le pressioni polmonari:

Figura 6
La diminuzione del tempo espiratorio ha reso ancora più incompleta l'espirazione e quindi aumentato la PEEP totale da 7 a 11 cmH2O (autoPEEP da 2 a 6 cmH2O ).  Questo aumento della PEEP totale è alla base dell'incremento della pressione di plateau da 18 a 22 cmH2O .

Con questo approccio si riduce la pressione inspiratoria nel ventilatore (= pressione di picco) al prezzo di un aumento della pressione nei polmoni sia a fine inspirazione (= pressione di plateau) che a fine espirazione (= PEEP totale). Certamente un cambio favorevole per l’estetica del  ventilatore, ma che espone il paziente ad un maggior volume e pressione intrapolmonare.

La mossa giusta: eliminare l'autoPEEP aumentando il tempo espiratorio

Se comunque ritenessimo appopriato ridurre durante la broncoscopia le pressioni polmonari, la strategia ottimale sarebbe quella di aumentare il tempo espiratorio: poiché l'incremento delle pressioni polmonari è causato dallo sviluppo di autoPEEP, l’aumento della durata della fase espiratoria può consentire di arrivare ad una espirazione completa nonostante l'aumento di resistenza espiratoria casuato dall'introduzione del fibroscopio nel tubo tracheale.

Possiamo aumentare il tempo espiratorio riducendo la frequenza respiratoria a parità di tempo inspiratorio. Quindi proviamo dall’impostazione iniziale a ridurre la frequenza respiratoria a 12/min, mantenendo il tempo inspiratorio a 1”. La frequenza respiratoria di 12/min determina una durata del ciclo respiratorio (inspirazione+espirazione) di 5". Ne consegue che il tempo espiratorio diventa 4” ed il I:E 1:4.
Questa impostazione del ventilatore produce il risultato che vedi in figura 7:

Figura 7
La pressione di picco (cioè la pressione inspiratoria nel ventilatore) è rimasta elevata (56 cmH2O ), ma la pressione alla pausa di fine inspirazione è tornata quella basale, mostrata in figura 1. Il picco di flusso espiratorio è ridotto rispetto a quello della figura 1, ma l'allungamento del tempo espiratorio consente la completa espirazione anche con un flusso rallentato.

Le pressioni statiche polmonari ottenute con le pause di fine inspirazione ed espirazione (figura 8) sono anch'esse tornate uguali a quelle basali viste nella figura 2.

Figura 8

Con quest'ultima impostazione per i polmoni non è cambiato nulla rispetto alla ventilazione pre-fibroscopia, il fibroscopio resta un “peso” solo per il ventilatore.

L'effetto del diametro interno del tubo tracheale.

Fino ad ora abbiamo visto l'effetto della fibroscopia con un tubo tracheale 7.5 mm. Se la stessa fibroscopia fosse stata fatta con un tubo tracheale 8 mm ci sarebbe stato un impatto nettamente ridotto, quasi trascurabile, sulle pressioni polmonari. Al contrario l'utilizzo di un tubo tracheale con diametro interno leggermente ridotto avrebbe esacerbato i problemi

Vediamo rapidamente cosa sarebbe successo facendo le stesse cose viste in precedenza se Roberta fosse stata intubata con un tubo da 7 mm.

Nella figura 9 possiamo vedere la ventilazione basale, che non è significativamente diversa da quella ottenuta con il tubo 7.5 mm che abbiamo visto nelle figure 1 e 2.

Figura 9

L'introduzione del fibroscopio avrebbe modificato drasticamente la pressione di picco, portandola addirittura a 92
cmH2O , ed avrebbe anche aumentato la PEEP totale a 11 cmH2O e la pressione di plateau a 22 cmH2O (figura 10). 

Figura 10

Il maldestro tentativo di ridurre la pressione di picco portando il I:E a 1:1 per ridurre il flusso inspiratorio avrebbe effettivamente ridotto la pressione di picco a 57 cmH2O , ma avrebbe prodotto un rilevante peggioramento dell'iperinflazione dinamica, con una PEEP totale di 17 cmH2O (figura 11), un valore che può avere anche un rilevante impatto emodinamico.

Figura 11

La riduzione della frequenza respiratoria, a parità di tempo inspiratorio, invece avrebbe mantenuto una elevatissima pressione inspiratoria nel ventilatore, ma avrebbe riportato le pressioni nei polmoni (pressione di plateau e PEEP totale) ai valori basali perchè il tempo espiratorio è sufficiente per completare l'espirazione (figura 12).

Figura 12

Conclusioni

Possiamo sintetizzare in pochi punti tutto quello che abbiamo visto in questo post:

1) La fibroscopia ha un impatto rilevante sulla ventilazione meccanica, tanto maggiore quanto più è piccolo il diametro interno del tubo tracheale. Con un comune fibroscopio di 5 mm di diametro, i problemi iniziano a manifestrarsi concretamente con un tubo tracheale con diametro interno di 7.5 mm, per diventare veramente rilevanti con un tubo tracheale di 7 mm;

2) L'impatto della fibroscopia sui polmoni deve essere valutato osservando le pressioni misurate durante le pause di fine inspirazione e di fine espirazione. Se queste pressioni non si modificano in maniera clinicamente rilevante non è necessario modificare l'impostazione della ventilazione meccanica;

3) eventuali variazioni della ventilazione meccanica durante la fibroscopia sono favorevoli solo se riducono l'autoPEEP e la pressione di plateau (o comunque la pressione al termine della pausa di fine inspirazione);

4) l'unica strategia ventilatoria efficace per ridurre l'iperinflazione durante la fibroscopia è quella di incrementare il tempo espiratorio ed il modo più efficiente di farlo è la temporanea riduzione della frequenza respiratoria, che potrà tornare ai valori iniziali al termine della manovra.

Resta da approfondire quando è realmente utile fare una broncoscopia ad un paziente intubato. Questo lo vedremo nel prossimo post.

Un sorriso con l'augurio di buone vacanze a tutti gli amici di ventilab.

Bibliografia

1) Guerin, C. et al. Lung and chest wall mechanics in mechanically ventilated COPD patients. J Appl Physiol 74, 1570–1580 (1993). 

2) Kuo, A. S., Philip, J. H. & Edrich, T. Airway ventilation pressures during bronchoscopy, bronchial blocker, and double-lumen endotracheal tube use: an in vitro study. J Cardiovasc Ultrasound 28, 873–879 (2014).

3) Nay, M.-A., Mankikian, J., Auvet, A., Dequin, P.-F. & Guillon, A. The effect of fibreoptic bronchoscopy in acute respiratory distress syndrome: experimental evidence from a lung model. Anaesthesia 71, 185–191 (2016).

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