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MIP/NIF nello svezzamento (weaning) dalla ventilazione meccanica: la forza ed il carico.

28 giu 2013

Come promesso ad alcuni amici di ventilab, ecco il post sulla Maximun Inspiratory Pressure (MIP) (o Negative Inspiratory Force, NIF). Cosa sono, a cosa servono? Per rispondere a queste domande, commentiamo insieme il caso di Piero.

Piero è un uomo di 78 ricoverato per una riacutizzazione postoperatoria di BPCO. E' trachetomizzato ed ha difficoltà di svezzamento dalla ventilazione meccanica. Quando è deconnesso dal ventilatore, nel volgere di poche ore manifesta dispnea e respiro rapido e superficiale. Un quadro clinico che siamo abituati a vedere relativamente spesso nei nostri pazienti. Perchè Piero non riesce a conquistare il weaning dalla ventilazione meccanica?

Sappiamo che la dipendenza dalla ventilazione meccanica può essere ricondotta principalmente a due cause: un elevato carico o una ridotta forza dei muscoli respiratori.



Se riusciremo a capire quale, tra questi due, sia il problema principale per Piero, potremo indirizzare i nostri sforzi verso la vera cura del problema.

Per esaminare la forza dei muscoli respiratori possiamo misurare la MIP. La MIP è la misurazione della variazione di pressione generata dai muscoli respiratori durante un'inspirazione massimale contro una via aerea chiusa. Nei pazienti intubati o tracheotomizzati (come Piero) si deve occludere la via aerea a fine espirazione e far eseguire al paziente l'inspirazione più profonda possibile che è in grado di fare. La variazione della pressione nelle vie aeree è la nostra MIP. Alcuni ventilatori meccanici hanno ormai l'opzione per farlo automaticamente, altrimenti è possibile eseguire un'occlusione delle vie aeree un attimo prima dell'inizio dell'inspirazione massimale, congelare la traccia di pressione delle vie aeree durante la manovra e successivamente analizzarla. Il paziente deve essere istruito su ciò che deve fare e mentre esegue la manovra deve essere guidato ed incentivato a farla bene. E' raccomandabile eseguire 3-5 manovre ed utilizzare la più grande variazione di pressione come valore di MIP. Nei pazienti non collaboranti è stato suggerito di occludere le vie aeree (con una valvola unidirezionale) per 20-25 secondi consecutivi e rilevare la massima variazione di pressione nelle vie aeree.

Noi abbiamo misurato la MIP a Piero, come facciamo spesso nei pazienti con weaning dalla ventilazione meccanica particolarmente impegnativo. Gli abbiamo spiegato la manovra e gliela abbiamo fatta eseguire tre volte. Abbiamo messo Piero in CPAP a 0 cmH2O (cioè l'abbiamo lasciato collegato al ventilatore senza alcuna pressione positiva) ed abbiamo eseguito l'occlusione delle vie aeree a fine espirazione. Contemporaneamente abbiamo registrato la pressione delle vie aeree. Ecco il risultato:

Piero è stato capace di ridurre la propria pressione nelle vie aeree al massimo di 30 cmH2O durante l'occlusione delle vie aeree. Che significato ha una MIP di 30 cmH2O? Piero appare essere un paziente relativamente debole, ma questa non sembra essere l'unica causa del fallimento del weaning. Infatti  la MIP "normale" per Piero dovrebbe essere nettamente superiore (tra 50 e 95 cmH2O, vedi nota), ma la debolezza muscolare diventa di per sè causa di fallimento dello svezzamento dalla ventilazione meccanica se la MIP è inferiore a 20 cmH2O.


La MIP quindi ci ha dato un'informazione utile ma, in questo caso, insufficiente per inquadrare il problema. Adesso dobbiamo capire quanto è il carico dei suoi muscoli respiratori, in altre parole quanto "costa" fare un respiro. Quindi abbiamo misurato la pressione esofagea ed ecco la risposta:



Durante un normale ciclo respiratorio la pressione esofagea si riduce mediamente di circa 16 cmH2O per ogni inspirazione. Nella figura qui sopra vediamo riprodotta la traccia durante tre inspirazioni consecutive: ogni riduzione della pressione corrisponde all'entità della pressione generata dai muscoli respiratori durante la normale respirazione.


Adesso conosciamo i due fattori in gioco: carico e forza dei muscoli respiratori di Piero. Il carico è di circa 16 cmH2Oe la forza di 30 cmH2O. In ogni inspirazione Piero deve utilizzare più della metà della forza massima che è capace di sviluppare: uno sforzo insostenibile. Si ritiene infatti che uno la respirazione spontanea non possa essere mantenuta a lungo quando il rapporto tra carico (=variazione di pressione esofagea durante la normale respirazione) e forza (=MIP) è superiore a 0.2, cioè quando si utilizza per ogni respiro più del 20% della propria forza massima.


Possiamo quindi affermare che Piero, pur non avendo una debolezza estrema (la MIP è > 20 cmH2O ), deve sostenere un lavoro troppo elevato per le sue forze. Abbiamo misurato la PEEP intrinseca di Piero ed abbiamo visto che è di 8 cmH2: in ogni respiro, metà dello sforzo è speso per annullare la PEEP intrinseca.


Ora abbiamo tutti gli elementi per orientare consapevolmente i nostri sforzi per  svezzare Piero dalla ventilazione meccanica. In primis cercare di ridurre la PEEP intrinseca che si genera durante la respirazione spontanea (in questo caso non ci interessa combattere la PEEPi durante ventilazione meccanica): 1) massimizzare la broncodilatazione; 2) ridurre frequenza respiratoria e ventilazione minuto spontanea: ridurre la produzione di CO2 (corretto apporto nutrizionale e controllo della ipertermia), eventuale saltuario utilizzo di oppioidi durante episodi di tachipnea che non si risolvono rapidamente; 3) ridurre la flow limitation: mantenimento della posizione seduta.


Sarà poi anche importante comunque aumentare la forza dei muscoli respiratori di Piero. Per fare questo, a mio modo di vedere, il fattore più importante è il corretta modulazione della assistenza ventilatoria, con l'obiettivo di evitare sia l'affaticamento costante che il ridotto utilizzo dei muscoli respiratori (eccessiva assistenza e, peggio, autociclaggio). Quindi un corretto apporto nutrizionale (calorie, proteine, calcio, fosforo). E probabilmente anche esercizi quotidiani di respirazione contro un carico soglia. Ed il mantenimento della posizione seduta: anche il diaframma ha bisogno di punti di appoggio.


Non abbiamo certamente già risolto i problemi del nostro Piero, ma sicuramente sappiamo molto di più di della semplice constatazione del fallimento del weaning ed abbiamo creato una prospettiva di cura personalizzata.


Per concludere:


1) la MIP/NIF può esserci utile nella pratica clinica nei casi di svezzamento difficile;


2) se rileviamo un valore di MIP inferiore  a 20 cmH2O, il problema principale è la debolezza dei muscoli respiratori: bisogna agire principalmente su questo (per quanto possibile);


3) se la MIP è, come spesso accade, tra 20 e 50 cmH2O, diventa utile valutare il carico, cioè la variazione di pressione esofagea durante la normale ventilazione. Un rapporto (variazione normale pressione esofagea)/MIP superiore a 0.2 significa carico troppo elevato per le risorse del paziente.


Un sorriso a tutti gli amici di ventilab (sperando che torni il bel tempo...)


Nota. Il range di MIP normale può essere così calcolato: nei maschi 126 - 1.028*età + 0.343*peso in kg+ 22.4; nelle femmine 171 - 0.694*età+ 0.861*peso in kg- 0.743*altezza in cm + 18.5


Bibliografia


- ATS/ERS Statement on Respiratory Muscle Testing. Am J Respir Crit Care Med 2002; 166: 518-624
- Cader SA et al. Inspiratory muscle training improves maximal inspiratory pressure and may assist weaning in older intubated patients: a randomised trial. J Physiother 2010; 56:171-7
- Harik-Khan RI et al. Determinants of maximal inspiratory pressure: the Baltimore Longitudinal Study of Aging. Am J Respir Crit Care Med 1998; 158:1459-64
- Martin AD et al. Inspiratory muscle strength training improves weaning outcome in failure to wean patients: a randomized trial. Crit Care 2011; 15:R84
- Moxham J et al. Assessment of respiratory muscle strength in the Intensive Care Unit. Eur Respir J 1994; 7: 2057-61
- Truwit JD at al. Validation of a technique to assess maximal inspiratory pressure in poorly cooperative patients. Chest 1992; 102;1216-9



Riproduciamo qui i commenti CON IMMAGINI originariamente pubblicati su ventilab.org (per i commenti senza immagini, vedi la sezione commenti al termine del post):
 








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Weaning dalla ventilazione meccanica e BPCO: che fine ha fatto Maria?

1 lug 2010

Riprendiamo il caso di Maria, descritto nel post del 10 giugno. In sintesi, Maria ha 77 anni, una BPCO riacutizzata, è tracheotomizzata e sembra dipendente dalla ventilazione assistita. Ogni trial di respiro spontaneo è caratterizzato da respiro rapido e superficiale e dispnea. Tutto questo mentre le condizioni generali sembrano molto buone.

Nel post del 23 giugno abbiamo abbozzato gli elementi chiave, da un punto di vista fisiopatologico, nello svezzamento dalla ventilazione meccanica. Ecco come li abbiamo utilizzati nel caso reale di Maria. Per prima cosa abbiamo misurato il carico soglia imposto dalla PEEP intrinseca. Durante una breve fase di respiro spontaneo abbiamo occluso le vie aeree di Maria alla fine della espirazione. Nella pratica impostato una CPAP 0 cmH2O con il trigger a flusso "ipersensibile" ed abbiamo occluso le vie aeree alla fine dell'espirazione con l'apposito tasto del ventilatore meccanico. Abbiamo mantenuto l'occlusione per 3-4 tentativi di inspirazione con le valvole chiuse. Abbiamo spiegato a Maria di non preoccuparsi e di comportarsi normalmente se ogni tanto il respiro le sarebbe sembrato strano ed un po' più difficoltoso. Quindi abbiamo salvato la curva pressione-tempo sul ventilatore meccanico e con il cursore abbiamo misurato la pressione nelle vie aeree durante l'occlusione tra i vari tentativi di inspirazione. Gli amici che hanno partecipato al Corso di Ventilazione Meccanica sanno bene come eseguire la manovra e valutare la qualità delle fasi di pseudorilasciamento. Per gli altri l'invito a partecipare al Corso o a seguire www.ventilab.it perchè probabilmente in futuro tratteremo nel dettaglio questa manovra. Abbiamo alla fine misurato una PEEP intrinseca di 3 cmH2O. Poco. Sicuramente il carico soglia non era il problema di Maria. Dovevamo capire di più.

A questo punto abbiamo posizionato un palloncino esofageo per misurare le variazioni di pressione pleurica durante la respirazione. La riduzione inspiratoria della pressione pleurica stima la somma dei carichi elastico, resistivo e soglia. Abbiamo visto che mediamente Maria riduceva la pressione esofagea di 9-10 cmH2O ad ogni inspirazione. Un valore accettabile per molti pazienti. Quindi abbiamo ipotizzato che non essendoci un problema di carico, la dipendenza dalla ventilazione fosse dovuta ad una riduzione della forza muscolare.

Abbiamo quindi misurato la riduzione della pressione esofagea chiedendo a Maria di fare il massimo sforzo inspiratorio per lei possibile mentre le occludevamo le vie aeree. Questo valore prende il nome di maximum inspiratory pressure (MIP). La MIP era 54 cmH2O. Buona. La forza di Maria sembra più che sufficiente per essere svezzata.

E allora? Allora Maria DOVEVA riuscire a respirare da sola. Abbiamo accettato quindi il suo respiro rapido e superficiale. Abbiamo approfondito il problema della dispnea, ed abbiamo scoperto (c......i a non averlo chiesto prima!!!) che lei fa sempre fatica a respirare, anche quando se ne sta tranquilla a casa propria. Quindi abbiamo tollerato anche la dispnea. In due giorni Maria era completamente libera dalla ventilazione artificiale e dopo pochi giorni è stata trasferita in un centro riabilitativo.

Dispnea e rapporto frequenza respiratoria/volume corrente: due elementi chiave della valutazione dello svezzamento ci stavano portando fuori strada.  Potevamo risolvere il caso anche senza misurare la pressione esofagea? Con il senno del poi, certamente! Ma nel caso specifico ha risparmiato a noi ed alla paziente un prolungamento inutile dello svezzamento dalla ventilazione meccanica.

A mio parere, nel weaning prolungato è spesso opportuno misurare la pressione esofagea, come gli amici del corso di Ventilazione Meccanica hanno ben imparato.

Un caro saluto a tutti.
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