COVID-19 e intubazione tracheale.

10 dic 2020

Quando decidere che è arrivato il momento dell’intubazione tracheale nei pazienti con COVID-19? Iniziamo le nostre riflessioni partendo da un caso clinico.

Il caso.

La signora Maria è una donna di 70 anni, ipertesa, ricoverata in ospedale per polmonite da COVID-19. Dopo circa una settimana dal ricovero è richiesta una consulenza rianimatoria per un eventuale trasferimento in Terapia Intensiva. La signora Maria da tre giorni è dipendente dalla ventilazione non-invasiva, senza la quale ha immediata dispnea ed ipossiemia (SpO2 75%). Durante la ventilazione non-invasiva (EPAP 8 cmH2O, IPAP 14 cmH2O, FIO2 0.7) non avverte dispnea nonostante la grave disfunzione polmonare (PaO2/FIO2 84 mmHg). L’equilibrio acido-base mostra un’alcalemia mista (pH 7.55, PaCO2 34 mmHg). 

Due immagini della TC torace della signora Maria sono presentate in figura 1.


Figura 1

Secondo te, in questo momento sarebbe opportuno proporre alla signora Maria l’intubazione tracheale e la ventilazione meccanica invasiva?

 

Dopo averti fatto questa domanda, aggiungo un dato: durante la ventilazione non-invasiva la signora Maria ha un volume corrente di 1100 ml (ed è attiva durante l’inspirazione) con una frequenza respiratoria di 25/min. Se si elimina il supporto inspiratorio (cioè si passa in modalità CPAP), il volume corrente si riduce a 850 ml. La signora Maria è alta 160 cm ed ha un peso ideale predetto di 52 kg (http://www.tidalvolumecalculator.com/): il volume corrente durante ventilazione non-invasiva è quindi di circa 21 ml/kg di peso ideale, che si riduce a 16 ml/kg di peso ideale durante la CPAP.

 

Ti ripropongo ora la stessa domanda di prima: secondo te, in questo momento sarebbe opportuno proporre alla signora Maria l’intubazione tracheale e la ventilazione meccanica invasiva?

 

A Maria in queste condizioni è stata realmente proposta l’intubazione tracheale, che però ella ha rifiutato perché convinta che l’intubazione sia dannosa per i pazienti con COVID-19. Maria appare in pieno possesso delle proprie facoltà mentali e pertanto, in presenza del suo dissenso, decidiamo di lasciarla in corsia a proseguire il trattamento in corso.

Il giorno seguente siamo nuovamente chiamati a valutare Maria, che nel frattempo ha ripensato alla propria decisione ed ora è disponibile ad accettare il ricovero in Terapia Intensiva, l'intubazione e la ventilazione invasiva. 

Maria viene trasferita quindi in Terapia Intensiva. L’emogasanalisi arteriosa che precede l’intubazione mostra che anche la pompa respiratoria sta cedendo, come testimoniato dalla comparsa di acidosi respiratoria (pH 7.35 e PaCO2 49 mmHg). 

Oggi, dopo 25 giorni dall’intubazione, Maria è ancora in Terapia Intensiva, tracheostomizzata e svezzata dalla ventilazione meccanica. Speriamo di cuore possa completare con successo questo difficile percorso di cura e tornare felicemente a casa.


Le riflessioni.

La decisione di procedere all’intubazione tracheale ed alla ventilazione invasiva nei pazienti COVID-19 non è sempre ovvia: dovrebbe quindi essere affidata a medici esperti ed i casi dubbi dovrebbero essere discussi collegialmente.

Aleggia la strana idea che l’intubazione “faccia male” ai pazienti con COVID-19 (il caso di Maria è esemplare). Per affrontare costruttivamente questo problema ragioniamo separatamente su due scenari completamente diversi tra loro: 

  • 1° scenario: l’intubazione tracheale è immediatamente necessaria per cercare di evitare una morte certa

  • 2° scenario: l’intubazione tracheale, pur non immediatamente necessaria per evitare la morte certa, è però preferibile alla ventilazione non-invasiva perchè ha maggiori probabilità di salvare la vita


1° scenario: l’intubazione tracheale non ha alternative 

Il primo scenario è quello in cui si deve intervenire nei casi di insufficienza respiratoria molto grave (quando ormai il paziente “non ce la fa più a respirare”, nemmeno con la ventilazione non-invasiva). In questa condizione l’intubazione tracheale (e la ventilazione meccanica invasiva) può essere assimilata al massaggio cardiaco in caso di arresto cardiaco: è indiscutibilmente l’unica cosa da fare, per tentare di evitare una morte che viceversa si verificherebbe sicuramente. Una parte delle persone che arrivano alla ventilazione meccanica in queste condizioni moriranno comunque (similmente a quanto accade a molti che ricevono il massaggio cardiaco dopo un arresto cardiaco), ma la loro morte è la conseguenza di una malattia gravissima ed incurabile e non di un trattamento “sbagliato”. Ogni persona intubata che sopravvive è certamente una vita guadagnata, mentre ogni persona intubata che muore sarebbe morta ugualmente

Mi sembra che l'indicazione all’intubazione in questo scenario sia talmente evidente da non meritare altri ragionamenti.


2° scenario: l’intubazione tracheale è la migliore tra le opzioni terapeutiche. 

Questo secondo scenario ci chiede di capire se l'insifficienza respiratoria possa essere trattata per tutto il suo decorso con la ventilazione non-invasiva come massimo livello di intensità terapeutica. (Parto dall’assunto che ogni paziente con COVID-19 ed insufficienza respiratoria dovrebbe fare, quando possibile, almeno un breve ciclo di ventilazione non-invasiva).

 

La nostra signora Maria si trova in questo secondo scenario: la ventilazione non-invasiva è al momento sufficiente a farla sopravvivere, ma dobbiamo decidere se potrà essere risolutiva o se sarà destinata a fallire. In quest'ultimo caso prima o poi ci troveremo nel sopra descritto scenario 1: a quel punto la scelta diventerà ovvia, ma il ritardo nel passaggio dalla ventilazione non-invasiva all’intubazione tracheale aumenterà il rischio di morte (1-4).

 

Il vero problema è quindi saper fare una fondata previsione sul possibile fallimento della ventilazione non-invasiva. I pazienti con polmonite e/o grave con insufficienza respiratoria ipossiemica hanno un'elevata probabilità di fallimento della ventilazione non-invasiva (3-6). Questo non significa che in questi pazienti non si debba tentare una iniziale ventilazione non-invasiva, ma deve rendere consapevoli che si dovrebbe procedere rapidamente all'intubazione tracheale se dispnea ed ipossiemia persistono nonostante la ventilazione non-invasiva. Potrebbe essere utile supportare la propria previsione con il HACOR score (figura 2), che nei pazienti con insufficienza respiratoria ipossiemica si associa ad un elevato rischio di fallimento (> 80%) della ventilazione non-invasiva se è superiore a 5 punti dopo 1-6 ore dall’inizio della ventilazione non-invasiva (3,6).

Figura 2
Figura 2. HACOR score


La valutazione del volume corrente durante ventilazione non-invasiva è un altro aspetto importante per l’indicazione all’intubazione tracheale. Un elevato volume corrente è sia di per sé dannoso nei pazienti con ARDS (ne aumenta la mortalità), sia associato al fallimento della ventilazione non-invasiva (7): per questo motivo, l’intubazione tracheale è raccomandabile in presenza di un volume corrente alto (ad esempio > 10 ml/kg di peso ideale).


Per sintetizzare tutte queste considerazioni, a puro titolo di esempio condivido i criteri di intubazione tracheale che nella nostra Terapia Intensiva utilizziamo per i pazienti con COVID-19. L'intubazione è indicata qualora, durante ventilazione non-invasiva, vi sia almeno 1 di questi segni o sintomi: PaO2/FIO2 < 100 mmHg; dispnea; frequenza respiratoria > 35/min; utilizzo dei mm. inspiratori accessori; respiro paradosso; acidosi respiratoria; volume corrente > 10 ml/kg di peso ideale (per altezze “standard”, > 700 ml nei maschi o > 550 ml nelle femmine). Ovviamente bisogna calare questi criteri nella specificità di ogni singolo paziente evalutare tutti gli ulteriori elementi che possano meglio definire il rapporto rischio/beneficio.


A questo punto torniamo a Maria: nel suo caso specifico è corretta l’indicazione all’intubazione tracheale o è meglio aspettare? Mi sembra ci siano tutti gli elementi che supportano l’intubazione tracheale ora: un rapporto PaO2/FIO2 < 100 mmHg (che da solo determina un HACOR score > 5) dopo 3 giorni di ventilazione non-invasiva già di per sé può essere una valida indicazione all’intubazione (3,6,7), ma ancora di più se associato ad un volume corrente “folle” (20 ml/kg!), che, oltre a far prevedere il fallimento della ventilazione non-invasiva, rischia di sfasciare ancora di più i polmoni già gravemente danneggiati.


In merito all’intubazione tracheale nei pazienti con COVID-19 possiamo concludere che:

  • è indiscutibile in tutti quei casi in cui la ventilazione non-invasiva ha già fallito nel supporto della funzione respiratoria, pena la morte quasi certa del paziente

  • è altamente raccomandabile, per ridurre il rischio di morte, quando, nonostante la ventilazione non-invasiva, persistano dispnea, ipossiemia grave, tachipnea e acidosi respiratoria.

  •  i pazienti con COVID-19 meritano una tempestiva intubazione tracheale come i pazienti con qualsiasi altra malattia. Quando intubiamo pazienti che hanno “tirato troppo la corda” con la ventilazione non-invasiva, spesso ci troviamo di fronte all’immediata inefficacia anche della ventilazione invasiva. Dovremmo evitare questa situazione, quando possibile ovviamente. 

 

Un sorriso a tutti gli amici di ventilab, sperando che il Santo Natale ci porti un po’ di serenità...



Bibliografia

1. Carrillo A, Gonzalez-Diaz G, Ferrer M, Martinez-Quintana ME, Lopez-Martinez A, Llamas N, Alcazar M, Torres A. Non-invasive ventilation in community-acquired pneumonia and severe acute respiratory failure. Intensive Care Med 2012;38:458–466.

2. Brochard L, Lefebvre J-C, Cordioli R, Akoumianaki E, Richard J-C. Noninvasive Ventilation for Patients with Hypoxemic Acute Respiratory Failure. Semin Respir Crit Care Med 2014;35:492–500.

3. Duan J, Han X, Bai L, Zhou L, Huang S. Assessment of heart rate, acidosis, consciousness, oxygenation, and respiratory rate to predict noninvasive ventilation failure in hypoxemic patients. Intensive Care Med 2017;43:192–199.

4. Antonelli M, Conti G, Moro M, Esquinas A, Gonzalez-Diaz G, Confalonieri M, Pelaia P, Principi T, Gregoretti C, Beltrame F, Pennisi M, Arcangeli A, Proietti R, Passariello M, Meduri G. Predictors of failure of noninvasive positive pressure ventilation in patients with acute hypoxemic respiratory failure: a multi-center study. Intensive Care Med 2001;27:1718–1728.

5. Rana S, Jenad H, Gay PC, Buck CF, Hubmayr RD, Gajic O. Failure of non-invasive ventilation in patients with acute lung injury: observational cohort study. Crit Care 2006;10:R79.

6. Carrillo A, Lopez A, Carrillo L, Caldeira V, Guia M, Alonso N, Renedo A, Quintana ME, Sanchez JM, Esquinas A. Validity of a clinical scale in predicting the failure of non-invasive ventilation in hypoxemic patients. J Crit Care 2020;60:152–158.

7. Carteaux G, Millán-Guilarte T, De Prost N, Razazi K, Abid S, Thille AW, Schortgen F, Brochard L, Brun-Buisson C, Mekontso Dessap A. Failure of Noninvasive Ventilation for De Novo Acute Hypoxemic Respiratory Failure: Role of Tidal Volume. Crit Care Med 2016;44:282–290.



21 commenti:

  1. Grazie Giuseppe. Avete qualche volta misurato la pressione esofagea come riferimento indiretto di quella pleurica e aggiungere come indicatore di IOT anche l'aumento della pressione tranpolmonare ?
    Cari Saluti
    Elio Virone

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    1. Caro Elio, misuriamo spesso la pressione esofagea nei pazienti intubati, ma prima dell'intubazione non l'ho mai fatto e penso non l'abbia fatto nessuno. E' infatti davvero improbabile avere in corsia (dove di solito si deve decidere l'intubazione) il monitoraggio per misurare la pressione esofagea. Inoltre un paziente in condizioni borderline per intubazione può essere disturbato dall'inserimento del catetere esofageo. Infine dovremmo imparare come interpretare questo segnale per valutare l'indicazione dell'intubazione. Magari future ricerche potrebbero chiarirci le idee, sicuramente più di passate polemiche.

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  2. Grazie Giuseppe. Se in NIV alziamo il supporto non scarichiamo il paziente e gli facciamo fare meno sforzo e quindi meno volume ?

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    1. Se si aumenta il supporto inspiratorio e questo riduce l'attività respiratoria del paziente, il volume corrente si modifica poco o nulla. E' però davvero improbabile che si riduca.

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Grazie Giuseppe chiarissimo come sempre
    volevo conoscere la tua esperienza con HFNC e CPAP rispetto all utilizzo del doppio livello di pressione...credo che nel caso di questi pazienti se subentra la fatica muscolare il passaggio alla ventilazione invasiva sia più indicato rispetto ad un Ps+ Peep in Niv proprio per evitare volumi molto elevati
    un caro saluto

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    1. Ciao Ivan, grazie del commento. Personalmente penso CPAP/HFNC siano buone opzioni in pazienti senza dispnea nè segni clinici di possibile sovraccarico/fatica dei mm. inspiratori (utilizzo dei mm. accessori, respiro paradosso). Negli altri casi la regola è dare una pressione inspiratoria aggiuntiva che elimini sia la dispnea che la fatica. Se non si ottiene questo risultato o se lo si ottiene al prezzo di un volume corrente molto elevato, l'intubazione tracheale diventa l'opzione di prima scelta.
      Buon Natale

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  5. Grazie Dott. Natalini .
    Iot/Vam nei nostri Pz. Covid spesso si associano a sovrainfezioni batteriche difficilmente trattabili che concorrono al peggioramento clinico . Nello stesso tempo i Colleghi Pneumologi della Subintensiva ci descrivono casi piuttosto seri ( Bassi R P/F, NIMV prolungata; quadri tac gravi) che evolvono favorevolmente con la NIMV. Quale la tua esperienza e opinione in merito ?
    Comunque parteciperò al prossimo incontro ....non posso mancarlo! Saluti Roberto Belluno

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    1. Ciao Roberto.
      - Le sovrainfezioni batteriche sono un rischio elevato in TUTTI i pazienti con malattie molto gravi: non eviterei certo un'intubazione necessaria per evitare una infezione possibile.
      - Sicuramente alcuni pazienti se la cavano anche con NIV "tirate", un'esperienza sulla quale ho doviuto fare esperienza questa primavera. Ma pensiamo anche ai tanti pazienti che invece vanno male a causa delle NIV mantenute ad oltranza... per questo bisogna valutare il rapporto rischio/beneficio, come discusso nel post.
      Buon Natale a te ed ai colleghi di Belluno

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  6. Caro Giuseppe, grazie per questi stimoli e il report della tua esperienza.
    Ti volevo domandare, quanto è affidabile la misurazione del Vt sul ventilatore in base alle diverse interfacce, soprattutto in caso di casco? Che valori considerare e come considerarli?
    Grazie mille!!!

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    1. In assenza di perdite significative, il volume espirato con maschera facciale è attendibile. Con il casco è in effetti molto più difficile giungere alla stessa conclusione. Probabilmente il volume corrente effettivo potrebbe essere circa il 30% in meno di quello misurato. Su questo punto, non essendo il casco un'interfaccia che utilizzo spesso (non mi ha mai dato molta soddisfazione...), accetto volentieri altre considerazioni.

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  7. Vorrei un tuo parere su come comportarsi in quei pazienti (secondo me non pochi) che, dopo un periodo di trattamento in ventilazione controllata, molto spesso dopo che i tamponi Covid sono negativizzati, continuano ad essere "attivatissimi", con P01 alta, e messi in PSV o in CPAP, hanno elevata frequenza respiratoria ed elevati TV. Noto spesso che, nonostante il volume minuto spesso imponente, tali paziente restano ipercapnici. Un saluto.

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    1. L'ipercapnia è spiegata da un elevato spazio morto, che nei COVID-19 è superiore a quello dei pazienti con ARDS da altre cause. Quindi a parità di ventilazione minuto, si hanno PaCO2 più elevate (che personalmente tollero, soprattutto se il pH è verso il compenso). L'elevato drive respiratorio è il vero problemo di molti di questi pazienti al momento del weaning. In questo caso sto utilizzando molto spesso forme di ventilazione asincrona. Nei commenti non abbiamo lo spazio per parlarne, le vedremo in uno dei prossimi post.

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  8. Grazie Giuseppe, seguo da anni i tuoi post. Una domanda rapida, secondo te in pazienti ipossiemici con Crs alte (quelli che come sottolineavi nel post diventano ipocapnici ma non soggettivano fatica respiratoria) e quindi con driving pressure contenute anche per VT elevati, è possibile creare VILI?

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    1. Ottima domanda. La risposta certa non ce l'ha nessuno... Un problema è che mentre i pazienti sono in NIV non riusciamo in realtà a misurare la driving pressure e quindi la compliance. E' infatti molto difficile farlo: servirebbe un ventilatore che consenta di fare un'occlusione di fine inspirazione, un paziente che si rilasci completamente durante tale occlusione, la totale assenza di perdite ed un display che mi mostri una affidabile pressione di plateau o la possibilità di misurarla con un corsore (come nei ventilatori da Terapia Intensiva).
      Al di là di questo, sappiamo da studi sperimentali che la somministrazione di un volume corrente elevato in un polmone sano, produce un danno polmonare se si mantiene per un tempo sufficientemente lungo.
      Questo significa che se ho modo sospettare che il paziente ha una compliance normale, posso essere più attendista con la NIV. Ed è quello che di fatto facciamo con i pazienti con COVID-19, che a mio parere rimangono in NIV comunque più dei pazienti con ARDS da altre cause. Ma se la ventilazione con alto volume corrente si mantiene nel tempo, i primi segni di peggioramento della funzione respiratoria (anche valutati grossolanamente con il P/F) possono essere il segnale che il momento dell'intubazione è arrivato.

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  9. Grazie per i preziosi consigli e lezioni che riuscite a tradurre in modo così semplice e comprensibile.
    Come nell'esempio spesso i pazienti con polmonite Covid in assistenza o in CPAP hanno Vc molto alti. Comprensibile sia una indicazione per l'incubazione.
    Ma, domanda, come comportarsi quando in fase di riduzione della ventilazione meccanica, con passaggio da sedazione profonda a sedazione leggera e , quindi, ripresa del frigger, il paziente sviluppi, con P.Supp o in CPAP volumi molto elevati?
    Perché è una evenienza frequentissima e pone incognite notevoli riguardo l'inizio di un Weaning o la ripresa della sedazione (per tempi anche molto lunghi). Lo chiedo perché talvolta, non curanti dei volumi, si è proceduto per svezzamento, estrazione e trasferimento, con ottimi risultati. Questo genera quindi notevole incertezza.
    Scusate l'ignoranza, spero possiate aiutarmi

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    1. Grazie per il commento, Carlo.
      Quando un paziente con COVID 19 genera un elevato volume corrente al termine del periodo di sedazione/paralisi ci si trova davanti ad una scelta non facile. Sono d'accordo che in qualche caso, lasciando fare il paziente si possa arrivare ad un buon risultato clinico. Ma quante altre volte dopo 1-2 giorni ci si ritrova un quadro drammaticamente peggiorato? E poi, domanda delle domande, quando un volume corrente deve essere considerato elevato?
      Personalmente mi regolo in questo modo: ritengo un volume corrente elevato se la driving pressure che si genera è chiaramente patologica (> 15-18 cmH2O). Ricordo che la driving pressure nella maggior parte dei casi si può misurare anche osservando una pausa di fine inspirazione in ventilazione assistita (ad esempio vedi post del 8/05/2016). Ritengo un volume corrente elevato ancor meno accettabile se si associa ad una elevata frequenza respiratoria (> 25-30/min). Quindi tendo a non accettare un volume corrente elevato in soggetti tachipnoici, mentre negli altri casi mi sento di essere più tollerante. E' comunque questo un problema aperto, ed al quale spero in futuro la ricerca clinica possa aiutarci ad avere risposte con un più solido fondamento.

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  10. La presenza di pneumomediastino in un paziente con polmonite da Sars-Cov2 che ha fatto o sta ancora facendo CPAP, può essere una indicazione alla IOT e ventilazione protettiva?

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    1. Nei pazienti con COVID-19 lo pneumediastino è molto più frequente che in altri pazienti probabilmente per fragilità delle piccole vie aeree.
      Se un paziente in NIV sviluppa pneumomediastino, deve continuare la NIV se questa è indicata ed efficace. Se è una NIV che si associa a polipnea ed elevato volume corrente (cioè probabilmente con alte pressioni transpolmonari), l'intubazione e la ventilazione protettiva possono essere efficaci sia per la prevenzione del VILI che per la limitazione dell'enfisema sottocutaneo e dello pneumomediastino.
      Un errore da non fare è sospendere la ventilazione a pressione positiva, se utile per il paziente, solo perche compare pnumomediatino: a mio parere non si deve enfatizzare troppo la comparsa di enfisema sottucaneo e pneumomediastino, che comunque di per sè non danno un aggravamento della prognosi.

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  11. Buonasera Dott. Natalini.
    Ne approfitto per una domanda tangenziale poichè l'eventualità è citata nel caso clinico. Ritiene corretto calcolare il Vt di una NIV (soprattutto Helmet) diviso pedissequamente per l' IBW del paziente? I manuali Hamilton, ad esempio, suggeriscono di ventilare in pazienti in Helmet tra 1000 e 1500 ml di Tidal. Grazie per la risposta.

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    1. Grazie del commento Tommaso. Il limite dei 10 ml/kg come predittore del fallimento della NIV è stato ottenuto in pazienti con NIV con maschera oro-nasale (ref. 7). Sono d'accordo con te che in caso di utilizzo del casco questo limite perda di significato. Però piuttosto che fissare arbitrariamente valori soglia per il casco è forse più appropriato concludere che con questa interfaccia fornisca un dato in meno per prevedere il fallimento della NIV prima che diventi eclatante.

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