Lo svezzamento da tracheocannula nel grave cerebroleso: il punto di vista del riabilitatore.

10 mar 2012

Quando e come togliere la tracheocannula
? Oggi affrontiamo questo spinoso argomento con il contributo di Chiara Mulè, fisiatra presso la Unità Operativa di Riabilitazione dell'Ospedale Habilita di Sarnico (BG). Chiara fa particolare riferimento al paziente cerebroleso, ma penso che una buona parte delle sue considerazioni si possa tranquillamente estendere anche ad altre categorie di malati. Non rubo altro spazio, entriamo subito nel merito del problema.

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La gestione della tracheocannula ed il suo svezzamento rappresentano uno degli aspetti fondamentali da affrontare nei reparti di riabilitazione nell’ottica della progressiva indipendenza da tutti i sistemi di supporto artificiali.

La rimozione della tracheocannula è sicuramente un obiettivo primario sia perché permette la ripresa dell’autonomia respiratoria ma soprattutto perché riduce il rischio di complicanze respiratorie che sono correlate al suo prolungato mantenimento (1).

Esiste inoltre una stretta correlazione, nell’ambito delle funzioni vitali, tra abilità respiratorie, deglutitorie e alimentari per cui risulta indispensabile l’integrazione tra diverse figure professionali del team riabilitativo; obiettivo comune è il ripristino delle funzioni fisiologiche di respirazione, alimentazione e fonazione (2).

La gestione della cannula tracheostomica rappresenta uno dei punti critici nel trattamento del grave cerebroleso ed è strettamente connesso con la valutazione ed il trattamento della disfagia; la valutazione, diagnosi e trattamento dei deficit di deglutizione vanno quindi effettuati al fine di contenere al minimo rischio lo sviluppo di gravi complicanze polmonari e nutrizionali (2).

Sicuramente il mantenimento della cannula tracheostomica presenta molteplici vantaggi (3):
- Permette un’adeguata ventilazione meccanica assicurando la pervietà della via aerea
- Favorisce la gestione delle secrezioni bronchiali permettendone l’aspirazione
- Protegge le vie aeree in assenza di tosse efficacia riflessa.


Di contro la presenza della cannula rappresenta un importante disagio per il paziente, rende impossibile la comunicazione verbale, aumenta la probabilità di infezioni e riduce, soprattutto se cuffiata, il normale movimento di innalzamento della laringe complicando ulteriormente la deglutizione già compromessa dalla lesione (1).

Dalla revisione degli studi presenti in letteratura si evidenzia che non esistono protocolli condivisi da tutti i Centri di riabilitazione per la gestione e lo svezzamento dalla cannula tracheostomica (2). E’ quindi difficile sistematizzare l’approccio. Inoltre nelle pubblicazioni scientifiche diverso peso viene attribuito alle alterazioni della coscienza; molteplici studi non focalizzati sulla grave cerebrolesione acquisita riportano come criterio indispensabile per il decannulamento la presenza di buona responsività del paziente che ovviamente nella grave cerebrolesione spesso è alterata (5).

In sintesi il documento finale della recente Consensus Conference sulla grave cerebrolesione acquisita raccomanda:
- Non mantenimento della cuffiatura soprattutto in pazienti non costantemente monitorati
- Decanullazione solo:
- dopo valutazione clinica della tolleranza alla progressiva chiusura - fino almeno a 48 ore consecutive (saturazione 02>92% in aria ambiente)
- sufficiente efficacia della tosse e capacità di autogestione delle secrezioni
- assenza di infezioni e rx torace negativa
- assenza di ostruzione delle vie aeree superiori
- soddisfacenti condizioni di nutrizione e efficacia almeno parziale della deglutizione
- dopo valutazione fibroscopica di pervietà delle vie respiratorie, funzionalità delle corde vocali e assenza di complicanze.


Si sottolinea che la decannulazione è possibile anche in casi selezionati di pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza dopo aver verificato una ragionevole efficacia della tosse e della deglutizione automatica.

Nelle indicazioni quindi è strettamente correlata la gestione della cannula con la valutazione delle secrezioni orofaringee e della funzione deglutitoria.
Nella Consensus Conference (2) inoltre si individuano alcuni studi che possono essere un punto di riferimento sull’attuazione di una “Best practice”.


Tra gli studi viene citato il seguente protocollo che risulta essere uno dei più seguiti e riconosciuti (3):

 

Svezzamento da cannula tracheostomica


Lo svezzamento progressivo dalla cannula tracheostomica prevede la scuffiatura della cannula per tempi sempre più lunghi prima nelle ore diurne e poi notturne, momento in cui la postura facilita episodi di inalazione.

Quando il paziente può rimanere scuffiato senza episodi di difficoltà respiratoria si procede alla graduale tappatura della cannula con contemporanea valutazione della saturazione arteriosa; il paziente ricomincia quindi a respirare attraverso le vie naturali ed il ripristino del flusso aereo fisiologico comporta molteplici vantaggi:
- aumento della sensibilità faringo-laringea
- maggior efficacia della tosse riflessa in caso di inalazione
- possibilità di comunicazione verbale
- miglioramento dell’olfatto e del gusto.


A volte la tappatura della cannula può accompagnarsi a difficoltà respiratorie con desaturazione per l’ingombro della cannula rispetto al lume tracheale; è consigliato in questi casi sostituire la cannula con una di diametro inferiore e senza cuffia e poi riprovare a tapparla.

Quando il paziente sarà in grado di respirare autonomamente per almeno 48 ore a cannula tappata senza episodi di desaturazione e con una buona espettorazione la cannula tracheostomica potrà esser rimossa.

 

Valutazione delle secrezioni naso-faringee e funzione deglutitoria


Le prove sono effettuate con blu di metilene; la valutazione della deglutizione con tale sostanza è molto importante perché permette di definire se è presente una qualsiasi forma di disfagia per liquidi, semisolidi e solidi prima della decannulazione. La presenza della cannula infatti permette di valutar meglio il paziente (individua anche l’inalazione silente) ed effettuare il trattamento della disfagia con maggior sicurezza.

Se il paziente è portatore di cannula tracheostomica cuffiata è necessario prima scuffiare la cannula; se non si presentano alterazioni della saturazione o difficoltà respiratorie si procede alla colorazione delle secrezioni con blu di metilene; dopo qualche atto deglutitorio si verifica se è presente tosse riflessa con fuoriuscita di blu di metilene dalla cannula poi si effettua comunque una tracheoaspirazione per verificare l’eventuale presenza di blu di metilene in trachea. La prova viene effettuata almeno 3 volte in una giornata e viene monitorata l’eventuale presenza di blu nelle secrezioni.
In presenza di segni di inalazione ne viene valutata la rilevanza clinica aumentando il tempo di monitoraggio del paziente a cannula scuffiata. Solo se ci sono episodi di desaturazione o infezioni recidivanti delle vie aeree per inalazione massiva è necessario mantenere la cannula cuffiata.
Se non son presenti segni di inalazione, la saturazione si mantiene e non ci son complicanza respiratorie si procede con le prove di deglutizione; le prove di deglutizione sono effettuate con le diverse consistenze (solidi, semisolidi e liquidi) colorati con blu di metilene; le consistenze vengono somministrate in giornate diverse per poter individuare un’eventuale inalazione specifica per consistenza.


Se il paziente non risulta disfagico si può procedere alla decannulazione.

Se il paziente risulta disfagico ma si prevede un’evoluzione del quadro clinico in un tempo ragionevole si può mantenere la tracheocannula come supporto nella riabilitazione della deglutizione.

Se la disfagia è grave e difficilmente risolvibile in tempi brevi, è meglio decannulare il paziente e posticipare il raggiungimento della nutrizione per os all’eventuale miglioramento del quadro neurologico. La disfagia infatti non è controindicazione assoluta alla decannulazione se i soggetti sono collaboranti con scarse secrezioni ed una buona gestione orale delle secrezioni, una tosse efficace e non hanno mai presentato a cannula scuffiata complicanze infettive.

Bibliografia

  1. Karen et al. Tracheostomy in severe TBI pazients: sequelae e relation to vocational outcome. Brain Injury 2001; 15 (6): 531-6


  2. SIMFER. Conferenza Nazionale di Consenso: Buona pratica clinica nella riabilitazione ospedaliera delle persone con gravi cerebrolesioni acquisite. 2011


  3. C. Reverberi, F.Lombardi. Tracheostomia e disfagia nel grave cerebroleso. Ed. Del Cerro.2007


  4. O’Connor et al. Tracheostomy decannulation. Respiratory Care 2010; vol 55 (8): 1076-1081



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Il contributo di Chiara Mulè, chiarissimo e con molti elementi pratici che ci possono consentire di arricchire la nostra pratica clinica. nella mia pratica clinica non affronto normalmente la rimozione della tracheocannula con un approccio così metodico. e' mia personale opinione che nel paziente tracheotomizzato non neuroleso si possano legittimamente bruciare alcune tappe: tosse e disfagia spesso non sono sempre problemi gravi in questi pazienti.

Avere però il quadro completo delle tappe opportune/necessarie per la rimozione della tracheocannula, ci consentirà sicuramente di gestire al meglio molti pazienti con tracheotomia. Grazie Chiara.

Ventilab li accoglie volentieri nei commenti tutti i dubbi e le considerazioni aggiuntive sull'argomento.

Ciao a tutti. 

10 commenti:

  1. Gian Paolo Centonze11 marzo 2012 alle ore 12:49

    caro Giuseppe, complimenti per la relazione sempre molto chiara ed esaustiva e soprattutto per aver trattato un argomento spesso sottovalutato; in particolar modo mi sembra importante porre l'attenzione sulla valutazione della deglutizione prima della eventuale decannulazione. Volevo chiederti maggiori chiarimenti circa la colorazione delle secrezioni con il blu di metilene, come va eseguita? il blu di metilene deve essere introdotto dal naso?
    Ti rigrazio anticipatamente.
    un saluto

    Gian Paolo Centonze

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  2. Caro Gian Paolo, ricambio con piacere il saluto.
    La tua domanda è più che legittima: risponderà direttamente la nostra Chiara Mulè (che in questi giorni ridiventa mamma, non demordiamo se dobbiamo attendere qualche giorno le sue risposte).

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  3. Ringrazio Beppe Natalini per la spazio concesso ad un argomento così delicato e per alcuni aspetti ancora controverso e per la possibilità di aprire un confronto tra l'esperienza dei Rianimatori e dei Riabilitatori e ringrazio Gian Paolo per l'interessamento che mi permette di approfondire alcuni aspetti.

    Il test al blu di Metilene o "test del blu di Evans" modificato è utilizzato nel valutare la disfagia nel paziente tracheostomizzato. La cannula tracheostomica diventa quindi per il riabilitatore uno strumento per valutar con maggior precisione la deglutizione ed individuare anche l l'insidiosa e purtroppo frequente inalazione silente (il passaggio di parte del bolo al di sotto delle corde vocali senza che il paziente manifesti alcun sintomo).
    La prima prova con blu indicata dal protocollo valuta la gestione orale delle secrezioni; si tratta in pratica della somministrazione orale di blu; pur essendo ormai ben nota in letteratura la validità della prova non esiste un dato univoco sulla quantità da somministrare. I dati variano da 4 gtt o 6-8 cc di blu.

    Nella pratica consiglierei di somministrar con un cucchiaino una quantità di blu adeguata a colorare bene la saliva e quindi le mucose orali. Dopo qualche atto deglutitorio provocato o volontario, in caso di paziente collaborante, si verifica se vi è fuoriuscita di blu di metilene dalla cannula (inalazione immediata) o dopo aspirazione (inalazione all'aspirazione). E' importante poi che il paziente venga controllato nell'arco della giornata poichè è possibile anche un'inalazione a distanza.

    Spero di aver chiarito alcuni aspetti che per brevità erano stati omessi; risulta comunque più facile l'applicazione pratica della descrizione teorica.
    Mi interessa molto l'esperienza ed il punto di vista del rianimatore sullo svezzamento dalla cannula per cui leggo molto volentieri tutti i commenti che arriveranno.
    Chiara Mulè

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  4. Il commento di Chiara è comparso con qualche giorno di ritardo per motivi tecnici. Mi scuso con tutti i lettori. Mi sembra però che la pazienza abbia dato i frutti desiderati: la risposta è chiarissima.
    Altri commenti?

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  5. Gian Paolo Centonze21 marzo 2012 alle ore 21:21

    ringrazio Chiara per la chiara (scusa il gioco di parole) delucidazione...
    rinnovo i saluti

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  6. Buona serata a tutti. Sono un rianimatore. La domanda alla collega Chiara non è perfettamente pertinente al tema in discussione per cui chiedo venia. I giorni scorsi avevo in reparto un paziente con tracheostomia, ventilato meccanicamente per insufficienza respiratoria cronica. Non essendo cerebroleso, è stata iniziata, poco prima del suo trasferimento in pneumologia, l'alimentazione per bocca. Ne è nata una grande discussione se durante l'assunzione di cibo la cannula dovesse rimanere cuffiata o meno. Aggiungo che la maggioranza dei colleghi non voleva che fosse scuffiata la cannula temendo l'inalazione. Il paziente, a dire la verità, riusciva a mangiare anche con la cannula cuffiata! Desidero un parere di Chiara che ringrazio per il suo utilissimo post.

    PS. Un grazie anche a Giuseppe Natalini che anima con dedizione questo sito.

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  7. Ciao Giuseppe, mi scuso per il ritardo della mia risposta ma sono alle prese con un neonato di poche settimane..
    Il problema da te posto è molto sentito ed è stato oggetto, anche in ambito riabilitativo, di ampia discussione.
    Il mantenimento della cuffiatura della cannula durante la somministrazione di alimenti in effetti impedisce l'inalazione di materiale nelle vie aeree ed una volta era consigliato anche se è noto che la cuffiatura sicuramente peggiora la dinamica deglutitoria.
    Si è visto tuttavia che il materiale inalato non penetra in profondità ma comunque ristagna in trachea al di sopra della cuffiatura e ciò può creare gravi danni ai tessuti tracheali (es tracheomalacia). Inoltre quando la cannula viene poi scuffiata il materiale penetra comunque nelle vie aeree a meno che non si proceda prima ad una difficile aspirazione dall'alto.
    Le indicazioni attuali da letteratura e linee guida consigliano quindi di somministrar il cibo a cannula scuffiata.
    Val sempre la pena, secondo me, di effettuar il test al blu di metilene alla prima somministrazione delle diverse consistenze (solidi, semisolidi e liquidi) a cannula scuffiata; ciò consente, avendo escluso l'inalazione, di proceder poi alla soministrazione di cibo con maggior serenità. La disfagia infatti è descritta non solo nel classico paziente neurologico ma anche nell'anziano (presbifagia) o semplicemente nel paziene defedato e a volte non ce ne accorgiamo perchè si tratta di inalazione silente.
    Ti ringrazio per il contributo alla discussione.
    Chiara Mulè

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  8. Devo dire che il post di Chiara e le sue risposte ai commenti sono state, per me, di grande utilità.
    In sintesi: valuta se il paziente deglutisce. Se sì, scuffia la cannula, viceversa smetti di nutrirlo per os e passa alla nutrizione enterale.
    Se hai una disfagia lieve e vuoi comunque alimentarlo, fallo a cannula scuffiata: meglio un po' di microaspirazione piuttosto del ristagno di detriti alimentari in trachea e laringe sopra la cuffia della cannula.
    Semplice, no? Grazie Chiara per averlo reso tale.

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  9. Il tema dello svezzamento dalla cannula è cruciale anche in funzione della massimizzazione della sicurezza del paziente in TI e soprattutto dopo il trasferimento dalla TI. Sistemi strutturati di segnalazioni di Eventi Avversi hanno infatti mostrato nel Regno Unito una presenza inaccettabile di eventi anche catastrofici legati alla presenza della cannula nei reparti di degenza, aventi come fattori contribuenti: presenza di pazienti con cannule poco sicure (cioè dotate di cuffia e senza controcannula); assenza di conoscenza su differenza fra tracheostomizzato e laringectomizzato; assenza di linee-guida aziendali su scelta cannula, cambio cannula, aspirazione tracheale, umidificazione, medicazione, svezzanento e rimozione della cannula; assenza di algoritmi per la gestione delle emergenze: dislocazione/rimozione accidentale, ostruzione/occlusione, emorragia dallo stoma o dalla cannula. Vorrei sottoporre alla vostra attenzione, in particolare a quella della dr.ssa Mulè, l'algoritmo "Downsizing and decannulation" adottato presso la UO di Anestesia e Rianimazione dell'Ospedale di Belluno, da me diretta ma, ahimè, non riesco ad inserirlo in questa finestra di commento. Nel caso in cui ricevessi istruzioni su come fare, sarò lieto di metterlo a disposizione.

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  10. Ciao,
    ti ringrazio per le considerazioni; non conosco lo studio specifico a cui fa riferimento e mi piacerebbe leggerlo se mi puoi indicare la bibliografia.
    In effetti il tema della cannula tracheostomica è molto delicato soprattutto nella fase di gestione post Terapia Intensiva. La cannula viene posizionata e poi difficilmente si ha il coraggio di rimuoverla; inoltre spesso non esistono ancora percorsi adeguati e specifici per la gestione della cannula nei reparti per acuti post Terapia Intensiva e purtroppo anche in alcune riabilitazioni.
    E' assurdo perder un paziente per una "banale" emorragia dovuta ad una pessima gestione della tracheocannula dopo aver lottato per settimane per mantenerlo in vita per traumi o patologie ben peggiori.
    Le stesse riflessioni secondo me valgono anche per la gestione della disfagia; molti lavori documentano la sottovalutazione del problema.
    Son molto interessata a leggere e confrontarmi sul vostro protocollo quando sarà disponibile.
    Grazie,
    Chiara Mulè

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