Polmonite e ARDS

19 mar 2010

Chi non ha mai visto un paziente che inizia ad avere una polmonite monolaterale che nel volgere di 24-48 ore si propaga anche nel polmone controlaterale (e che poi noi chiamiamo ARDS)?

Nei giorni scorsi al 30° ISICEM di Bruxelles il prof. John Marini (St. Paul - Minnesota) ha riproposto  una sua ipotesi sulle cause di questo fenomeno, con le possibili implicazioni terapeutiche.

Provo a sintetizzare il punto di vista di John Marini:

  1. perchè il polmone è diviso in lobi separati da scissure?

  2. perchè la pleura è riccamente innervata da fibre nocicettive?

  3. perchè quando si sviluppa un processo infiammatorio spesso si formano tappi di muco nelle vie aeree?


La risposta a tutti questi "perchè" convergerebbe su un'unica spiegazione: per evitare la diffusione di un processo infettivo nel polmone.

In altre parole la natura avrebbe selezionato individui con strutture polmonari "a compartimenti" perchè questo consente di limitare in una regione del polmone un'infezione. La mobilizzazione delle secrezioni (biofluidi) infette è ostacolata anche dalla immobilizzazione antalgica dovuta alla ricca innervazione pleurica ed ovviamente dal muco che tende ad ostruire le vie aeree.

Tutto questo almeno nelle prime 24-48 ore dall'inizio dell'infezione, quando le secrezioni sono ancora fluide. Quindi le secrezioni divengono più dense e il rischio di disseminazione si riduce.

Quindi limitare il movimento dei biofluidi nelle fasi iniziali delle polmoniti gravi potrebbe essere una strategia efficace per evitare la disseminazione dell'infezione nelle zone sane del polmone.

E come potremmo concretamente mettere in atto una simile strategia terapeutica? In cinque modi diversi:

  1. ridurre la mobilizzazione del paziente (pronazione inclusa)

  2. posizionare il paziente in decubito laterale di 15° con il lato infetto declive

  3. utlizzare ventilazioni in cui il rapporto tra picco di flusso inspiratorio (che muove le secrezioni distalmente) e picco di flusso espiratorio (che muove le secrezioni prossimalmente) sia il più alto possibile

  4. utilizzando bassi volumi correnti (più è elevato il volume corrente maggiore è il movimento delle secrezioni)

  5. scegliendo alte PEEP che si oppongono al movimento verso l'esterno delle secrezioni.


E forse preferendo il tracheoaspirato al BAL per la diagnostica microbiologica.

Tutto questo è per ora un'opinione fuori dal coro. Ma non ci sono nemmeno evidenze che sia vero il contrario. E John Marini è uno dei massimi esperti di meccanica respiratoria.

Quindi perchè non pensare anche a questa ipotesi la prossima volta che ci troviamo di fronte un paziente intubato con una polmonite monolaterale?

1 commento:

  1. E' un punto di vista certamente originale, suggestivo e fondato su dati anatomici e fisiopatologici, degno di un esperto come Marini.
    Si potrebbero ventilare i pazienti con la polmonite in ventilazione pressometrica, a basso I:E, bassi volumi correnti, alta PEEP; il decubito laterale, l'evitamento di mucolitici e BAL nei primi giorni si può anche fare; mi domando se l'intubazione e la ventilazione meccanica, cui l'evoluzione non ha avuto ancora il tempo di adattarsi, non interferiscano comunque con i meccanismi di difesa che la natura ci ha fornito.
    Speriamo che la strategia suggerita da Marini sia testata al più presto.

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