Il fallimento dell’estubazione: riflessioni e strategie cliniche.

29 mar 2024


L’estubazione è senza dubbio la meta agognata nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica invasiva, è la riconquista di una libertà fondamentale, quella di poter respirare da soli. Questa liberazione però richiede una strategia ben chiara per evitare che si trasformi in una trappola mortale: devono essere valutati criticamente sia i criteri per l’estubazione che quelli per una eventuale reintubazione.

La storia di Alberto.

Ripercorriamo in sintesi la storia di Alberto (nome fittizio di un paziente vero) per fare alcune riflessioni sul fallimento dell'estubazione.

Alberto ha 81 anni ed è sottoposto a ventilazione meccanica per una insufficienza respiratoria ipossiemica da polmonite. Dopo 5 giorni di intubazione tracheale, è valutabile per una possibile estubazione: ha uno stato di coscienza normale, la pressione arteriosa è 140/80 con frequenza cardiaca 80/min senza farmaci vasoattivi, ha basso supporto inspiratorio e bassa FIO2, la tosse è efficace. Esegue quindi un trial di respiro spontaneo di 30’ con CPAP 5 cmH2O. Nella figura 1 ho riassunto alcuni dati clinici che ci possono interessare a partire da questo giorno (indicato come giorno 0) e per i successivi 3 giorni.

Figura 1

Alberto termina con successo il trial di respiro spontaneo, è estubato, inizia subito una ventilazione non-invasiva profilattica che però dopo alcune ore è sospesa perchè non tollerata. Prosegue l'ossigenoterapia con alti flussi con cannula nasale (HFNC). 

Il giorno successivo all’estubazione la situazione clinica rimane sostanzialmente stabile, mentre due giorni dopo inizia a comparire delirium, con alternanza di sopore e agitazione. La mattina del terzo giorno al delirium si associa una lieve dispnea, che la sera diviene marcata, con desaturazione ed utilizzo dei muscoli respiratori accessori. A questo punto, dopo più di 3 giorni (circa 80 ore) dall’estubazione, Alberto è sottoposto ad una nuova intubazione tracheale.

La reintubazione di Alberto ci suggerisce 3 domande, a cui cercheremo di dare una risposta nei paragrafi successivi:

  1. è il fallimento della precedente estubazione o una nuova insufficienza respiratoria non correlata ad essa?
  2. quanto incide sulla prognosi?
  3. cosa ci insegna?

Fallimento dell’estubazione o una nuova insufficienza respiratoria?

La letteratura ci induce a pensare che una reintubazione sia da considerare il fallimento dell’estubazione precedente se avviene entro breve tempo da essa. Entro quale lasso di tempo una reintubazione venga considerata un’estubazione fallita è arbitrario e variabile, ma la maggior parte degli studi pongono questo limite  limite entro 48-72 ore (1). Nel caso di Alberto la reintubazione è avvenuta oltre le 72 ore, e quindi per molti sarebbe da ascrivere a una insufficienza respiratoria non correlata alla precedente, non a un fallimento dell'estubazione.

Penso che, per quanto illusoriamente comodo, non sia possibile imprigionare la definizione di estubazione fallita in un limite temporale.

Ritengo ci siano due diversi tipi di fallimento dell’estubazione, con cause e dinamiche temporali completamente diverse. 

Vi è un fallimento precoce, che si verifica quando il paziente manifesta rapidamente una grave insufficienza respiratoria dopo la rimozione del tubo tracheale: con il tubo il paziente respirava bene, senza tubo non riesce a farlo. In questo caso è evidente che la reintubazione è il fallimento dell'estubazione ed avverrà precocemente, entro poche ore o al massimo nella stessa giornata. 

In altri casi si ha un fallimento tardivo: dopo la rimozione del tubo tracheale l’insufficienza respiratoria non si sviluppa rapidamente, ma la sospensione del supporto inspiratorio e la perdita della protezione delle vie aeree assicurata dall'intubazione tracheale diventano causa o concausa di una lenta progressione verso un peggioramento che richiederà una nuova intubazione. Questo processo può richiedere anche diversi giorni per portare alla reintubazione, tanto è vero che negli ultimi anni si preferisce chiudere la finestra per la valutazione del weaning dopo una settimana (2). Mi sembra di poter dire che il caso di Alberto rientri nella categoria del fallimento tardivo e quindi possa essere considerato un fallimento dell’estubazione precedente, anche se verificatosi oltre le 72 ore.

Se è vero che è obiettivamente difficile pensare che dopo una settimana dall'estubazione si possa parlare di suo fallimento, non è vero però il contrario, cioè che tutte le reintubazioni nella prima settimana siano fallimenti dell'estubazione. Se la causa di una reintubazione è una nuova condizione non favorita dall’estubazione, non la si può considerare estubazione fallita, indipendentemente dal tempo trascorso dall’estubazione. Proprio in questi giorni abbiamo in Terapia Intensiva un paziente estubato dopo una ARDS secondaria a pancreatite, che ha necessitato dopo un paio di giorni di reintubazione per un'emorragia intraddominale da erosione vascolare arteriosa. In questo caso ovviamente non  si può parlare di estubazione fallita, anche se questa la reintubazione è stata precoce.

Quanto incide sulla prognosi? 

L’estubazione fallita di Alberto si associa a una prognosi nettamente peggiorata. E’ ben noto che il fallimento dell’estubazione si associa ad un rischio di morte nettamente aumentato (25-50 % nei rentubati vs. 3-12% negli estubati non reintubati)  (3) (vedi anche post del 30/06/2015).

Questo aumento di mortalità è riscontrabile prevalentemente in pazienti reintubati entro 48-72. Ma come è la prognosi di quelli reintubati dopo le 72 ore, come accaduto ad Alberto?

Recentemente è stato pubblicato uno studio che ha analizzato la mortalità in 1849 pazienti reintubati entro 5 giorni dall’estubazione (4). Troviamo la conferma che i pazienti reintubati hanno una mortalità 4 volte superiore alla mortalità dei pazienti che non hanno avuto bisogno di reintubazione. 

Nella figura 2 ti ho riassunto la mortalità ospedaliera suddivisa per timing di reintubazione, ricavata dai dati di questo studio. La prima colonna (blu) è quella dei pazienti mai reintubati, le colonne   sono quelle dei pazienti reintubati in funzione delle ore intercorse tra estubazione e reintubazione. Se si esamina la mortalità nelle diverse classi, si vede che nei primi 4 giorni dall'estubazione la mortalità aumenta progressivamente, rimanendo stabile tra il quarto ed il quinto giorno. 

Figura 2
Nella figura 3 puoi vedere la tabella dello studio con l’analisi dell’hazard ratio che conferma l’incremento del rischio di morte per i reintubati tra le 72 e le 96 ore

(Se sei interessato ad acquisire le capacità per capire il significato dei dati presentati nella letteratura scientifica, ti ricordo che affronteremo questi temi nel corso “Capire (cosa dice veramente) la letteratura scientifica: un percorso tra insufficienza respiratoria e ventilazione meccanica”, clicca qui per avere informazioni). 

Figura 3

Che la reintubazione tardiva si associ ad un aumento del rischio di morte non è una novità, era stato documentato già da 25 anni (5); il contributo importante di quest’ultimo studio è farci capire che questo rischio di morte aumenta soprattutto dopo i primi tre giorni di "resistenza" all'estubazione, quelli solitamenti ignorati negli studi sul weaning dalla ventilazione meccanica.

Possiamo quindi pensare che questa reintubazione per Alberto (e sua moglie) sia stata la peggior notizia possibile, non poteva esserci timing più sfavorevole per la reintubazione: chi viene reintubato oltre i 3 giorni dall’estubazione aumenta il rischio di morte del 50% rispetto a chi viene reintubato nelle prime 24 ore. Alberto purtroppo ha seguito proprio questa strada, alla fine non è riuscito a sopravvivere.

Cosa ci insegna?

La storia Alberto ci propone almeno due considerazioni.

Reintubazione precoce. 

La relazione che abbiamo visto tra mortalità e timing della reintubazione non implica necessariamente un nesso causa-effetto, ma nemmeno lo esclude. E' ragionevole pensare che, perlomeno in una parte dei pazienti, sia l'estubazione fallita che determina l'aumento del rischio di morte. L’implicazione clinica di questa considerazione è che quando si vede un paziente scivolare verso un peggioramento dopo l’estubazione, la reintubazione deve avvenire il più tempestivamente possibile, ai primi segni che possano rendere appropriata l’intubazione tracheale. Dobbiamo ricordare che l’ingombro delle vie aeree con secrezioni e l’incapacità di protezione delle vie aeree sono già condizioni di per sé sufficienti per l’intubazione tracheale. 

Dimissione tardiva. 

In una parte dei pazienti lo svezzamento dalla ventilazione meccanica dovrebbe considerarsi terminato solo dopo 5-7 giorni dall'estubazione. Ovviamente questa finestra temporale riguarda solo i pazienti che arrivano all’estubazione in condizioni di fragilità, ad esempio quelli anziani, deboli o con svezzamento prolungato (2). I soggetti più "robusti", senza le suddette condizioni, possono invece essere tranquillamente essere considerati fuori pericolo di fallimento anche dopo una sola giornata di estubazione.  

L’implicazione clinica di questa considerazione è rilevante: dopo l’estubazione un paziente non dovrebbe essere dimesso dalla Terapia Intensiva finché non possiamo ragionevolmente escludere il boomerang della reintubazione e dei rischi ad essa connessa. Quindi, limitatamente ai pazienti estubati in condizioni di fragilità, la dimissione dovrebbe avvenire 5-7 giorni dopo l’estubazione. E qualora, per qualsiasi motivo, il trasferimento dalla Terapia Intensiva dovesse avvenire prima di questo termine, dovrebbe essere chiaro che il paziente viene dimesso con un problema aperto (il completamento del weaning dalla ventilazione meccanica), la cui evoluzione deve essere tenuta in considerazione per un'eventuale pronta ripresa in carico in Terapia Intensiva.

Conclusioni

Prima di salutarci, come al solito riassumiamo i punti salienti del post:

1) il fallimento della estubazione può concretizzarsi nella prima settimana dopo l'estubazione;

2) non è sufficiente una soglia temporale per definire l'estubazione fallita. Le reintubazioni che avvengono nella prima settimana sono fallimenti dell'estubazione solo se avvengono immediatamente o sono un progressivo peggioramento dalla condizione in cui ci si trova al momento dell'estubazione;

3) più tardiva è la reintubazione, maggiore è il rischio di morte ad essa associato. La reintubazione dovrebbe in questi casi avvenire precocemente, anche quando si manifesta un solo criterio di indicazione all'intubazione;

4) nei pazienti fragili, a rischio di reintubazione, è opportuna un'osservazione clinica in area intensiva per 5-7 giorni dopo l'estubazione, proprio per cogliere rapidamente i segni del fallimento dell'estubazione e provvedere ad un tempestivo trattamento.


Buona Pasqua e, come sempre, un sorriso a tutti gli amici di ventilab.


Bibliografia.

1. Torrini F, Gendreau S, Morel J, et al.: Prediction of extubation outcome in critically ill patients: a systematic review and meta-analysis. Crit Care 2021; 25:391

2. Béduneau G, Pham T, Schortgen F, et al.: Epidemiology of weaning outcome according to a new definition. the WIND study. Am J Respir Crit Care Med 2017; 195:772–783

3. Thille AW, Richard J-CM, Brochard L: The decision to extubate in the Intensive Care Unit. Am J Respir Crit Care Med 2013; 187:1294–1302

4. Tanaka A, Shimomura Y, Uchiyama A, et al.: Time definition of reintubation most relevant to patient outcomes in critically ill patients: a multicenter cohort study. Crit Care 2023; 27:378

5. Epstein SK, Ciubotaru RL: Independent effects of etiology of failure and time to reintubation on outcome for patients failing extubation. Am J Respir Crit Care Med 1998; 158:489–493


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