Pneumotorace e ventilazione meccanica possono andare d’accordo (anche senza drenaggio pleurico)

28 mag 2022

Qualche tempo fa abbiamo avuto tra i nostri pazienti Sonia, una giovane donna vittima di un incidente stradale.
All’arrivo in ospedale Sonia ha subito eseguito una TC che ha documentato una lacerazione epatica con emoperitoneo, multiple fratture costali con pneumotorace sinistro e fratture multiple al bacino. In aggiunta a queste lesioni, Sonia ha riportato fratture bilaterali femorali e di un avambraccio.

Appena terminata la TC, Sonia è andata immediatamente in sala operatoria per una laparotomia divenuta urgente perche nel frattempo era divenuto evidente un quadro di shock emorragico.

A questo punto Sonia deve iniziare una ventilazione meccanica a pressione positiva in presenza di uno pneumotorace anteriore sinistro che si estende dall’apice alla base con uno spessore  fino a 3 cm (figura 1).

Figura 1

E’ opinione diffusa che l'inizio della ventilazione a pressione positiva possa di per sé aggravare un pre-esistente pneumotorace e che pertanto in queste condizioni sia opportuno posizionare un drenaggio pleurico prima che lo pneumotorace diventi iperteso (evento possibile in caso di presenza di un meccanismo a valvola).

La convinzione che la ventilazione meccanica possa essere di per sé più pericolosa del respiro spontaneo per lo sviluppo o aggravamento di uno pneumotorace è, a mio parere, un pregiudizio senza una base fisiologica ed in contrasto con i dati della letteratura scientifica. Proviamo ad approfondire l'argomento. 

Respiro spontaneo, ventilazione meccanica e pressione transpolmonare.

La principale differenza tra respirazione spontanea e ventilazione meccanica a pressione positiva è la pressione presente all’interno dei polmoni durante l’inspirazione: durante la ventilazione meccanica la pressione all’interno dei polmoni è più elevata rispetto a quella che si rileva con il respiro spontaneo.

Ipotizziamo che un paziente ventili senza PEEP con un volume corrente (VT) di 0.5 L ed abbia una elastanza dell’apparato respiratorio (Ers) di 24 cmH2O/L (che, per dare l'idea, corrisponde ad una compliance di 42 mL/cmH2O). In figura 2 schematizziamo le pressioni intrapolmonari a fine espirazione e fine inspirazione di questo soggetto, sia nell’ipotesi che sia in respiro spontaneo o che sia in ventilazione meccanica:

Figura 2

In caso di respiro spontaneo la pressione intrapolmonare a fine inspirazione è 0 cmH2O: la distensione della gabbia toracica da parte dei muscoli respiratori porta la pressione polmonare allo stesso livello di quella atmosferica dopo aver introdotto tutto il volume corrente.

Se lo stesso volume è introdotto con la ventilazione meccanica la pressione nei polmoni a fine inspirazione è invece di 12 cmH2O. Questo valore è ottenibile con l'equazione di moto dell’apparato respiratorio, che constente di calcolare la pressione che deve essere applicata all’apparato respiratorio durante la ventilazione (vedi anche post del 24/06/2011):

Pappl = Pel + Pres + P0

dove Pappl è la pressione da applicare, Pel la pressione elastica, Pres quella resistiva e P0 la pressione all’inizio dell’inspirazione.

Se non si utilizza la PEEP, Pappl = Pel nell’istante in cui termina l’inspirazione perchè anche la pressione resistiva (che è il prodotto di flusso e resistenza) diventa 0, essendosi azzerato il flusso quando tutto il volume corrente è stato inspirato.

La pressione nei polmoni a fine inspirazione è quindi la pressione elastica, cioè è il prodotto di elastanza e volume corrente:

Pappl = Pel = Ers٠VT = 24 cmH2O/L ٠0.5 L = 12 cmH2O.

Se ci si ferma a questo livello di analisi, l’opinione che la ventilazione meccanica abbia una maggior rischio di aggravare uno pneumotorace potrebbe avere una ragione: la pressione nei polmoni è effettivamente più elevata durante la ventilazione meccanica ed apparentemente potrebbe favorire la fuoriuscita di aria dai polmoni.

Ma è solo un’illusione, ovviamente. La pressione che in realtà distende i polmoni (e che può favorire la fuoriuscita di aria da una lesione pleurica) non è la pressione che c’è all’interno dei polmoni ma la differenza tra la pressione all’interno e quella all’esterno dei polmoni, cioè la pressione transpolmonare.

La figura 3 ripete lo schema della figura 2 a cui sono stati aggiunti i valori calcolati di pressione pleurica (cioè la pressione all’esterno dei polmoni):

Figura 3

Vediamo come si possono calcolare le pressioni pleuriche nelle diverse condizioni. Abbiamo per semplicità ipotizzato che la pressione pleurica prima che inizi l’inspirazione sia 0 cmH2O.

Ora occupiamoci del calcolo della pressione pleurica alla fine della inspirazione. Per questo è necessario conoscere il valore dell’elastanza del polmone (EL) e dell’elastanza della gabbia toracica (Ecw). L’elastanza dell’apparato respiratorio è la somma di EL e Ecw:
Ers = EL + Ecw.
Ipotizziamo che EL sia della Ers (quindi 16 cmH2O) e Ecw sia della Ers (quindi 8 cmH2O), come mediamente si può ricavare dagli studi fisiologici sulla partizione della meccanica respiratoria tra polmone e gabbia toracica. 

Questo implica che ⅔ della pressione applicata all’apparato respiratorio (quella che misuriamo nel ventilatore) è la pressione che distende i polmoni a fine inspirazione (EL٠VT). La "pressione che distende i polmoni" è la differenza tra la pressione all'interno dei polmoni e all'esterno dei polmoni, cioè nello spazio pleurico

Allo stesso modo, si può calcolare che della pressione erogata dal ventilatore sia necessaria per distendere la gabbia toracica (Ecw٠VT). La "pressione che distende la gabbia toracica" è la differenza tra la pressione all'interno della gabbia toracica (cioè nello spazio pleurico) e quella all'esterno della gabbia toracica, cioè la pressione atmosferica. Ma essendo 0 cmH2O la pressione atmosferica, la "pressione che distende la gabbia toracica" che è uguale alla pressione pleurica.
Nel nostro esempio la pressione che distende la gabbia toracica (
Pcw) a fine inspirazione durante la ventilazione meccanica è quindi:

Pcw = Ecw٠VT= 8 cmH2O/L ٠ 0.5 L = 4 cmH2O

Questo è anche il valore di pressione pleurica che trovi in figura 3 nella ventilazione meccanica.

La pressione che distende il polmone a fine inspirazione con questa simulazione è di 8 cmH2O e non di 12 cmH2O, come invece poteva sembrare guardando la figura 1 che mostrava solo le pressioni intrapolmonari. La pressione transpolmonare (PL) a fine inspirazione di 8 cmH2O, che abbiamo calcolato come differenza tra la pressione interna e quella esterna al polmone, può anche essere calcolata direttamente, in analogia con le precedenti pressioni elastiche, come:

PL = EL٠VT = 16 cmH2O/L ٠ 0.5 L = 8 cmH2O.

Questa formula ci rende assolutamente evidente che la pressione tranpolmonare a fine inspirazione dipende unicamente dal volume corrente e dall’elastanza polmonare

Poiché queste regole sono valide sia per la ventilazione meccanica che per il respiro spontaneo, la pressione che distende i polmoni a fine inspirazione sarà uguale nelle due condizioni a parità di elastanza polmonare e volume corrente

L’unica differenza tra ventilazione meccanica e respiro spontaneo è la pompa che genera il volume corrente: nella ventilazione meccanica una macchina esterna che aumenta la pressione nei polmoni, nel respiro spontaneo sono invece i muscoli respiratori che riducono la pressione all’esterno dei polmoni. In quest’ultimo caso per avere 8 cmH2O di pressione transpolmonare a fine inspirazione dobbiamo avere una pressione pleurica di - 8 cmH2O. La pressione pleurica nel paziente attivo può essere calcolata dall'equazione di moto (e nel nostro esempio sarebbe effettivamente - 8 cmH2O), ma ti risparmio i calcoli. Se qualcuno fosse interessato ad essi, possiamo riparlarne nei commenti (o fare un altro post).

Per questo è illusorio pensare che il respiro spontaneo sia più protettivo della ventilazione meccanica per l’evoluzione di uno pneumotorace. Anzi, paradossalmente la ventilazione meccanica potrebbe essere preferibile se il paziente in respiro spontaneo generasse un volume corrente elevato: infatti con la ventilazione controllata possiamo decidere di ridurre il volume corrente e di conseguenza la pressione transpolmonare.

Cosa succede applicando la PEEP.

Ipotizziamo di applicare 12 cmH2O di PEEP al nostro ipotetico paziente, sia in respiro spontaneo che in ventilazione meccanica. La situazione può essere riassunta nella figura 4:

Figura 4


L'aumento della pressione pleurica in conseguenza dell'aumento della pressione delle vie aeree avviene con gli stessi principi sia per l'erogazione del volume corrente che per l'applicazione della PEEP.

Poichè nel nostro esempio abbiamo assunto che Ecw/Ers = ⅓, l’aumento della pressione pleurica a fine espirazione dopo l'applicazione della PEEP è ⅓ della PEEP applicata. Questo porta ad avere a fine espirazione 8 cmH2O di pressione transpolmonare sia in respiro spontaneo che in ventilazione meccanica: vi è già a fine espirazione una elevata pressione transpolmonare che favorisce la fuoriuscita di aria dai polmoni. 

Ripetendo i calcoli già visti in precedenza durante l'inspirazione, arriviamo ad avere 16 cmH2O di pressione tranpolmonare a fine inspirazione indipendentemente dalla modalità di ventilazione.
Questo significa che l’applicazione della PEEP può effettivamente contribuire ad incrementare uno pneumotorace, ma questo avviene allo stesso modo in respiro spontaneo (ad esempio con una CPAP in ventilazione noninvasiva) ed in ventilazione meccanica.

Pneumotorace e ventilazione meccanica: cosa dice la letteratura.

Alla luce di quanto abbiamo detto non stupisce che la frequenza di pneumotorace spontaneo e delle sue recidive (condizioni in cui non è implicata alcuna forma di ventilazione a pressione positiva) sia particolarmente frequente nei soggetti alti e magri (1,2). Durante il respiro spontaneo un individuo alto e magro avrà la stessa pressione intrapolmonare di un soggetto basso e sovrappeso, ma ragionevolmente una pressione pleurica inferiore. Il fatto che questo tipo di costituzione favorisca lo pneumotorace spontaneo può essere una conferma che non è la pressione all'interno dei polmoni, ma la differenza tra questa e la pressione pleurica a favorire lo pneumotorace.

Ci sono diversi studi sugli effetti della ventilazione meccanica nei pazienti con pneumotorace occulto, cioè quelle forme di pneumotorace anteriore che sono ben visibili alla TC ma non evidenti alla radiografia del torace (come nel caso di Sonia). 

La letteratura conferma, sia con studi osservazionali che con trial randomizzati e controllati, che l'evoluzione clinica dello pneumotorace occulto è indipendente dalla presenza di respiro spontaneo o ventilazione a pressione positiva e la frequenza di distress respiratorio è simile nei pazienti drenati immediatamente alla diagnosi di pneumotorace occulto ed in quelli in cui il drenaggio pleurico è riservato all'insorgenza di segni di pneumotorace iperteso, più frequente nei pazienti che ricevono una ventilazione meccanica di lunga durata (maggiore di 5-7 giorni) (3-7).

Come è andata a finire Sonia.

Sonia è stata sottoposta a ventilazione meccanica con una ventilazione protettiva e senza introdurre alcun drenaggio pleurico.
La vicenda clinica di Sonia è stata molto complessa, ma dopo un mesetto di terapia intensiva si è risolta con soddisfazione ed ora è a casa.
Durante il ricovero ha avuto diverse complicanze, polmonari ed extrapolmonari, ma lo pneumotorace non ha mai dato segni di ipertensione e si è completamente riassorbito spontaneamente. Nella figura 5 si vede la TC torace, con scansioni simili a quella vista in figura 1, dopo una decina di giorni di ventilazione meccanica: c’è un quadro di ARDS senza più alcuna falda aerea extrapolmonare.

Figura 5

Conclusioni

Possiamo sintetizzare i messaggi principali del post in pochi punti:
1) In caso di pneumotorace occulto e/o clinicamente non significativo si può iniziare con sicurezza la ventilazione meccanica a pressione positiva senza drenaggio pleurico preventivo; evidentemente il drenaggio pleurico diventa una necessità (a volte urgente) qualora si manifestino i segni di pneumotorace iperteso (in particolare ipossiemia grave ed ipotensione);

2) Se si sottopone a ventilazione meccanica un paziente con pneumotorace, la riduzione del volume corrente e l’abolizione di sforzi inspiratori intensi è una strategia protettiva che riduce il rischio di aggravamento dello pneumotorace rispetto ad una ventilazione con alto volume corrente/elevato sforzo inspiratorio (ottenuto sia durante respiro spontaneo che ventilazione meccanica);

3) In caso di pneumotorace, la PEEP dovrebbe essere mantenuta al valore minimo indispensabile, compatibile con una appropriata ventilazione meccanica. Infatti la PEEP può favorire l’incremento dello pneumotorace, indipendentemente dal respiro spontaneo o dalla ventilazione meccanica.

Come sempre un sorriso ed un saluto a tutti gli amici di ventilab.

Bibliografia

1.Nakamura, H. et al. Physical constitution and smoking habits of patients with idiopathic spontaneous pneumothorax. Jpn J Med 22, 2–8 (1983).
2.Sadikot, R. T., Greene, T., Meadows, K. & Arnold, A. G. Recurrence of primary spontaneous pneumothorax. Thorax 52, 805–809 (1997).
3.Barrios, C. et al. Successful Management of Occult Pneumothorax without Tube Thoracostomy despite Positive Pressure Ventilation. Am Surg 74, 958–961 (2008).
4.Wilson, H., Ellsmere, J., Tallon, J. & Kirkpatrick, A. Occult pneumothorax in the blunt trauma patient: Tube thoracostomy or observation? Injury 40, 928–931 (2009).
5.Kirkpatrick, A. W. et al. Occult pneumothoraces in critical care: A prospective multicenter randomized controlled trial of pleural drainage for mechanically ventilated trauma patients with occult pneumothoraces. J Traum Acute Care Surg 74, 747–755 (2013).
6.Zhang, M., Teo, L. T., Goh, M. H., Leow, J. & Go, K. T. S. Occult pneumothorax in blunt trauma: is there a need for tube thoracostomy? Eur J Trauma Emerg Surg 42, 785–790 (2016).
7.Clements, T. W. et al. OPTICC: A multicentre trial of Occult Pneumothoraces subjected to mechanical ventilation: The final report. Am J Surg 221, 1252–1258 (2021).

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