Tracheotomia precoce: quando farla, come rimuoverla

28 feb 2021

 

La tracheotomia* è una procedura che ha vissuto “mode” diverse in Terapia Intensiva in questi ultimi trent’anni. Agli inizi della mia carriera la tracheotomia era solo chirurgica e veniva eseguita solo dopo periodi di intubazione tracheale prolungati (almeno una ventina di giorni). La nascita delle tecniche percutanee ha portato la procedura nelle mani dell'anestesista-rianimatore, che la può eseguire al letto del paziente, in modo rapido e sicuro (se in mani esperte).** Questo ha fatto apprezzare anche gli aspetti positivi della tracheostomia, e pertanto la tracheotomia ha iniziato ad essere eseguita sempre più precocemente, in alcuni casi anche dopo pochi giorni di ventilazione meccanica. In questi ultimi anni sento spesso proporre di tornare all’antico, con scelte più attendiste prima di eseguire la tracheotomia, che viene quasi vissuta come una sconfitta. (A mio parere, quando una procedura è indicata, prima la si fa, meglio è.)

Riflettiamo su indicazione e timing alla tracheotomia partendo dal caso di un paziente che abbiamo avuto in Terapia Intensiva.


Ettore è un paziente di 73 anni ricoverato in Terapia Intensiva con ARDS secondaria a infezione da SARS-CoV-2, intubato da 4 giorni (dopo 48 ore di ventilazione non-invasiva in un reparto internistico), con grave disfunzione polmonare (PaO2  58 mmHg con FiO2 1) ed ipercapnia (PaCO2 85 mmHg).

Fin dall’ingresso in Terapia Intensiva riceve l’infusione continua di sedativo (propofol) e miorilassante (cisatracurio) per poter mantenere una ventilazione protettiva. Tutti i tentativi di sospensione della paralisi sono falliti per la comparsa di polipnea (frequenza respiratoria >40 atti/minuto con volume corrente >10 ml/kg di peso ideale) associata a una driving pressure elevata (pressione di plateau di 28 cmH2O con PEEP 5 cmH2O). 

Partendo da questi dati, ritieni sia più opportuno prolungare l’intubazione tracheale ed affrontare il weaning dalla ventilazione meccanica, oppure sia meglio effettuare subito la  tracheotomia? 

Lo svezzamento in pazienti fragili o con gravi malattie acute può essere veramente difficile e rischioso: la possibilità di fallimento dell’estubazione (e quindi la necessità di una reintubazione) è concreta e si associa ad un aumento del rischio di morte (vedi post del 30/06/2015) (1). La tracheostomia, pur essendo più invasiva (lo dicono tutti, ma non ne sono così sicuro), è una procedura comunque sicura che potrebbe abbreviare la durata della ventilazione meccanica (2) (vedi anche il post del 26 agosto 2018).

Come avrai capito da questa premessa, Ettore è stato tracheotomizzato precocemente perchè non abbiamo ritenuto realistica la prospettiva di una estubazione nei primi 10 giorni di ventilazione meccanica vista la grave insufficienza respiratoria, la marcata ipercapnia, la bassa compliance e la necessità di sedazione e paralisi che persistevano dopo i primi quattro giorni di intubazione.

Secondo te è stato appropriato effettuare la tracheostomia così precocemente? Quale è il rapporto rischio/beneficio della tracheotomia? Eseguendo una tracheotomia precoce abbiamo esposto gli operatori sanitari coinvolti ad un maggior rischio infettivo, trattandosi di un paziente con COVID-19? O forse proprio grazie alla tracheotomia siamo riusciti a svezzare così rapidamente Ettore, nonostante le gravi condizioni iniziali?

Non pretendiamo di rispondere in maniera certa ed esauriente a queste domande, ma condividiamo con piacere i dati sui pazienti tracheostomizzati che abbiamo raccolto nella prima ondata di COVID-19 dello scorso anno (3-4).

Nei pazienti con ARDS da COVID-19, la tracheotomia percutanea precoce (effettuata tra la quarta e la decima giornata di ventilazione meccanica invasiva) si è associata ad una riduzione della mortalità ospedaliera (3). Questo dato non significa che la tracheostomia sia stata la causa della riduzione di rischio di morte, ma certamente ci conferma che quantomeno è stata una scelta sicura per i nostri pazienti.

Un dato che mi sembra interessante sottolineare è che nel 71% dei pazienti tracheostomizzati dimessi dalla Terapia Intensiva è stato possibile rimuovere la tracheocannula prima della dimissione. Questo risultato è il frutto di un’attenzione che diamo da molto tempo alla rimozione della tracheocannula prima della dimissione dalla Terapia Intensiva (vedi, ad esempio, il post del 10/03/2012). 

Questo l'approccio che seguiamo nel nostro reparto. Quando un paziente tracheostomizzato inizia a fare periodi di respiro spontaneo, si esegue una prima valutazione della disfagia per verificare se le secrezioni del cavo orale sono deglutite correttamente: durante una fase di respiro spontaneo la tracheocannula viene scuffiata e il cavo orale viene colorato con una spugna imbevuta di blu di metilene. Se durante le successive sei ore non si aspirano dalla tracheostomia secrezioni colorate di blu, la cannula viene mantenuta scuffiata durante i periodi di respiro spontaneo. Viceversa la cannula viene mantenuta cuffiata. 

Nei soggetti che possono mantenere la tracheocannula scuffiata e che hanno contenuti di coscienza e la capacità di assumere una posizione almeno semi-seduta, si procede ad un seconda valutazione della disfagia che prevede la somministrazione per os di alimenti semisolidi colorati aggiungendo blu di metilene. Se si osserva una deglutizione efficace e non si aspirano secrezioni tracheali colorate nelle ore successive, il paziente può iniziare assumere cibi semisolidi per os, oltre a mantenere la tracheocannula non cuffiata durante i periodi di respiro spontaneo. Queste valutazioni sono ormai entrate nella normale attività assistenziale dei nostri infermieri (davvero bravissimi). Nei casi dubbi e nei pazienti disfagici si chiede l’intervento delle logopediste per una valutazione specialistica e l’avvio di un percorso riabilitativo precoce.

Rimuoviamo la tracheocannula senza nessun altra valutazione nei pazienti che sono in grado di alimentarsi per os e che hanno mantenuto un convincente respiro spontaneo per tre giorni consecutivi. Dopo 24 ore di osservazione precauzionale in Terapia Intensiva senza tracheocannula, il paziente può essere dimesso in corsia. E’ un percorso di svezzamento dalla tracheostomia molto rapido se confrontato con quelli più progressivi utilizzati in area riabilitativa (che prevedono capping, downsizing e valutazioni strumentali delle vie aeree superiori e della deglutizione). Ma i pazienti acuti con una rapida ripresa neurologica e cardio-respiratoria sono diversi da quelli fragili e cronicizzati, spesso con esiti di malattie neurologiche, che troviamo nelle riabilitazioni. E’ ragionevole quindi pensare che pazienti diversi seguano percorsi diversi. 

La tracheotomia percutanea precoce era inizialmente sconsigliata nei pazienti con COVID-19 ipotizzando un possibile rischio infettivo per gli operatori in essa coinvolti (5). La nostra esperienza non ha confermato questa preoccupazione: la frequenza di infezione da SARS-CoV-2 è simile negli operatori sanitari coinvolti nella tracheotomia percutanea precoce ed in quelli non coinvolti nella procedura (4).

 

Ora torniamo ad Ettore: il suo ricovero è finito bene, è stato dimesso in una corsia internistica dopo 17 giorni di degenza in Terapia Intensiva e la cannula tracheostomica è stata rimossa il giorno prima della dimissione.  

 

Possiamo concludere facendo una sintesi del post in 3 punti:

1) la tracheotomia precoce è certamente sicura, probabilmente più di una intubazione prolungata dall’esito incerto;

2) nei pazienti con tracheostomia che hanno un buon recupero neurologico e cardio-respiratorio, la rimozione della tracheocannula è un obiettivo che può essere concretamente raggiunto già in Terapia Intensiva. E sappiamo bene quanto sia più semplice e sicuro dimettere in un reparto non intensivo un paziente senza tracheocannula rispetto ad uno tracheostomizzato;

3) la tracheotomia precoce nei pazienti con COVID-19 è una procedura sicura anche per gli operatori sanitari in essa coinvolti (utilizzando ovviamente gli usuali dispositivi di protezione individuale).

 

Qualsiasi opinione diversa sarà ben accolta nello spazio dei commenti: lasciate pure i commenti, spesso non riesco a rispondere immediatamente, ma a tutti dò, con calma, lettura e risposta.

Un sorriso a tutti gli amici di ventilab, sperando che la primavera ci porti anche buone notizie.


Bibliografia

1. Thille AW, Harrois A, Schortgen F et al. Outcomes of extubation failure in medical intensive care unit patients. Crit Care Med. 2011;39:2612-8.   

2. Hosokawa K, Nishimura M, Egi M, Vincent J-L. Timing of tracheotomy in ICU patients: a systematic review of randomized controlled trials. Crit Care 2015;19:424. 

3. Rosano A, Martinelli E, Fusina F et al. Early percutaneous tracheostomy in Coronavirus Disease 2019. Crit Care Med. 2021;49:261-270.

4. Rosano A, Martinelli E, Fusina F et al. Early percutaneous tracheotomy in coronavirus disease 2019 (COVID-19) and infection in healthcare personnel: A cohort study. Infection Control & Hospital Epidemiology, 1-2. doi:10.1017/ice.2020.1399

5. McGrath BA, Ashby N, Birchall M et al. Multidisciplinary guidance for safe tracheostomy care during the COVID19 pandemic: the NHS National Patient Safety Improvement Programme (NatPatSIP). Anaesthesia. 2020;75:1659-1670. 



* Una piccola pignoleria terminologica: si definisce trachetomia (senza “s”) la procedura che porta all’apertura della trachea ed all’inserimento della cannula tracheale. La tracheostomia (con la “s”) è invece la condizione in cui il paziente ha la trachea mantenuta aperta dalla tracheocannula. Quindi si esegue la tracheotomia, ed il paziente ha la tracheostomia.

** Tecnicamente la tracheotomia è una procedura semplice. Quando va tutto bene. Vi sono casi in cui però l’accesso alla trachea non è semplice, altri in cui ci si può trovare nelle condizioni di dover fare emostasi in sanguinamenti tutt’altro che banali. Come per tutti gli interventi che non devono essere fatti in urgenza, è quindi meglio (parere personale) che la sappiano fare benissimo pochi medici piuttosto che ciascun medico del reparto ne faccia una ogni tanto .

8 commenti:

  1. grazie Giuseppe per le tue condivisioni sempre così interessanti,
    per quanto riguarda le condizioni al momento dell'esecuzione della trachoeostomia, mi viene da pensare che una situazione di grave ipossia possa presentare i seguenti problemi:
    - rischio della manovra
    - complicazione meccanica nel caso sia poi necessario a procedere a pronazione per ulteriore peggioramento del quadro respiratorio.
    E questo potrebbe avere un'influenza sulla tempistica. Inoltre un paziente non svezzabile con il tubo (bassa complicance) dovrebbe non esserlo anche con la cannula tracheostomica.
    Cosa ne pensate?, attendete che comunque ci sia un certo miglioramento degli scambi? Attendete di essere "meccanicalmente" prossimi all'inizio dello svezzamento?
    grazie e un caro saluto!
    Francesco

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Francesco, grazie per il commento.
      - La manovra in mani esperte non ha rischi significativi nei pazienti ipossiemici: Sottolineo che in questi casi è fondamentale un operatore padrone della tecnica ed un altrettanto abile broncoscopista: la ventilazione non è mai interrotta e la procedura termina in pochi minuti.
      - Se il paziente è sottoposto a cicli di pronazione, in effetti è preferibile rimandare la tracheotomia a quando questi non serviranno più. Se poi la pronazione dovesse divenire opportuna dopo la tracheotomia, è sempre possibile eseguirla, seppur in maniera meno agevole e con qualche attenzione in più (ad esempio un piccolo spessore sotto il torace per sollevare il collo dal piano del letto e nonfare decubitare la cannula tracheostomica.
      - Il paziente non svezzabile con il tubo, può essere facilitato con la tracheotomia, che riduce spazio morto e carico resistivo, e consente agevolmente di passare dal respiro spontaneo alla ventilazione meccanica.
      - Non mi aspetto un impatto della tracheotomia sullo scambio gassoso. Inizio il weaning quando il paziente ha "la stoffa" per fare dei periodi di respiro spontaneo.
      Un caro saluto!

      Elimina
  2. Grazie davvero per l'ennesima condivisione della vostra esperienza.
    Una domanda: tracheostomia precoce...quindi curarizzazione e cicli di prono-supinazione per la vostra casistica per periodi iniziali e brevissimi? Un caro saluto

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie per il commento Chiara. La tracheostomia è certamente scomoda in caso di necessità di pronazione, la quale però difficilte viene ripetuta dopo i primi giorni di ventilazione meccanica. Solo eccezionalmente la pronazione ha l'indicazione ad essere fatta più di 3-4 volte. Quando "funziona", dopo poche pronazioni non ve ne è più la necessità, quando "non funziona" si smette di farla perchè inefficace. Quindi non intralcia una tracheotomia fatta in media dopo una settimana.

      Elimina
  3. Salve, complimenti ancora per l'interessante post e l'alto tenore scientifico del blog.
    Riguardo la sedazione iniziale , non sarebbe conveniente tentare una sedazione più profonda con aggiunta di benzodiazepine e oppiacei (questa la prassi nella mia clinica), prima di procedere alla miorisoluzione prolungata (4 giorni) con aumentato rischio di atrofia diaframmatica?
    grazie, buona giornata
    Carlo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie per la domanda, Carlo.
      Ritengo che la paralisi non abbia bisogno di sedazione profonda, ma solo di quella necessaria e sufficiente ad abolire lo stato di coscienza. E penso che questo sia un vantaggio della miorisoluzione rispetto alla sola sedazione per garantire fatta per garantire la ventilazione protettiva: meno sedativi si fanno ai pazienti, meglio è.
      Nel periodo di paralisi, che di norma dura pochi giorni, preferisco utilizzare il propofol, che alla sospensione della paralisi consente di valutare rapidamente il paziente e verificare se ha le condizioni per procedere allo svezzamento oppure se andare alla tracheotomia.

      Elimina
  4. Condivido fino all’ultima virgola posta da Natalini che come tutti quelli che sanno perchè fanno e fanno perchè studiano riesce a suggerirci “comportamenti utili ed intelligenti” per la cura dei nostri pazienti. Non c’è verità - storica, scientifica, clinica - fuori contesto, ed è questo, ovvero il contesto, a dettare il timing della tracheotomia che non serve “a ridurre lo spazio morto”, ma a semplificare la gestione del paziente critico. La tracheotomia sta al tubo come il cambio automatico sta al quello manuale. Questo è quello che penso dopo 25 anni di tracheotomie.
    Vincenzo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Vincenzo per aver aggiunto alla discussione la voce della tua esperienza.

      Elimina