Ventilazione assistita controllata, tempo inspiratorio e rapporto inspirazione/espirazione: attenzione agli equivoci!

1 mar 2011

La ventilazione assistita controllata è la ventilazione controllata con il trigger. La finalità di questa modalità di ventilazione è di erogare inspirazioni di dimensione e durata prefissate, lasciando al paziente la scelta della frequenza respiratoria. E' la modalità di ventilazione più utilizzata nel mondo (1) ed è quella utilizzata nei principali trial clinici sulla ventilazione protettiva nella ARDS (2,3). Infatti consente di erogare un volume corrente fisso (ad esempio di 6ml/kg) anche ai pazienti con drive respiratorio conservato.

L'impostazione del ventilatore nella ventilazione assistita controllata può essere semplice ed insidiosa al tempo stesso. La ventilazione può essere volumetrica (assisted control ventilation, ACV), pressometrica (assited pressure controlled ventilation, APCV) o pressometrica a target di volume. E fino a qui tutto semplice.

La frequenza respiratoria che impostiamo definisce la frequenza respiratoria minima del paziente, che diventa operativa in assenza di triggeraggio. Inoltre, assieme al rapporto inspirazione/espirazione (I:E), identifica la durata del tempo inspiratorio. E qui iniziano le insidie. E' infatti scorretto ragionare in termini di I:E nella ventilazione assistita controllata. Cerchiamo di chiarire il perchè con un esempio. Impostiamo una frequenza respiratoria di 12/min ed un I:E di 1:1: la durata di un ciclo respiratorio sarà di 5 secondi (60/frequenza respiratoria) ed il tempo inspiratorio sarà uguale al tempo espiratorio, cioè entrambi avranno la durata di 2.5 secondi. Ma questo sarebbe vero se facessimo una ventilazione controllata, cioè con la frequenza respiratoria decisa dal ventilatore e non dal paziente. Quando invece il paziente inizia a triggerare, perdiamo il controllo della durata della espirazione, che terminerà quando il paziente deciderà di iniziare l'inspirazione successiva. La nostra impostazione però ci mantiene il controllo della durata dell'inspirazione, che nell'esempio che abbiamo fatto rimarrà di 2.5 secondi. Vediamo allora cosa succederebbe se quindi il nostro paziente assumesse il controllo della frequenza respiratoria con 20 atti al minuto. In questo caso la durata media di un ciclo respiratorio diventerà di 3 secondi (60/20): essendo l'inspirazione di 2.5 secondi, all'espirazione resterà solo mezzo secondo (I:E reale di 5:1 invece dell'impostato 1:1). Un ottimo modo per mettersi nei guai!

La raccomandazione è quindi di utilizzare il rapporto I:E solo per ottenere un tempo inspiratorio appropriato (solo quest'ultimo resterà sempre costante), non prestando attenzione al valore impostato di I:E, poichè il I:E reale si modifica al variare della frequenza respiratoria del paziente.

Ma come stabilire quale è la durata ottimale del tempo inspiratorio? Sappiamo che il tempo inspiratorio fisiologico è nell'ordine di 1-1.5 secondi. Questo può orientarci nella scelta del tempo inspiratorio, ma non è per nulla sufficiente. Dobbiamo necessariamente valutare il monitoraggio grafico per comprendere l'interazione paziente-ventilatore.

Affrontiamo concretamente il problema. Vogliamo erogare ad un paziente 420 ml di volume corrente. Proviamo ad impostare una frequenza respiratoria di 12/min ed un I:E di 1:4. Ne risulterà un tempo inspiratorio di 1 secondo (ciclo respiratorio 60/12= 5 secondi; 1/5 del ciclo respiratorio in inspirazione= 1 secondo). Il paziente triggera 24 atti al minuto e qui di seguito sono riprodotte le curve pressione-tempo e flusso-tempo corrispondenti:


Valutiamo ora l'effetto dell'allungamento del tempo inspiratorio a circa 1,5 secondi (ottenuto con una frequenza respiratoria di 13 ed un I:E di 1:2). La frequenza respiratoria del paziente è sempre 24/min ed il monitoraggio grafico diventa come riportato qui sotto:


Quali informazioni ci offre il monitoraggio grafico? Quale delle due impostazioni ci induce a scegliere? Perchè?

Questo è il compito della settimana per gli oltre 2300 amici che seguono ventilab regolarmente. La prossima settimana darò la mia lettura del monitoraggio. Nel frattempo mi farebbe piacere ricevere pareri e commenti.

Un sorriso a tutti.

References.

1) Esteban A et al. How Is Mechanical Ventilation Employed in the Intensive Care Unit? Am J Respir Crit Care Med 2000; 161:1450-8.

2) ARDS Network. Ventilation with lower tidal volumes as compared with traditional for acute lung injury and the acute respiratory distress sindrome. N Engl J Med 2000, 342:1301-8

3) Villar J at al. A high positive end-expiratory pressure, low tidal volume ventilatory strategy improves outcome in persistent acute respiratory distress syndrome: A randomized, controlled trial. Crit Care Med 2006; 34:1311-8

8 commenti:

  1. Caro Giuseppe, nonostante sia alla fine di una lunga giornata di lavoro rispondo molto volentieri al tuo invito di partecipare alla conversazione.
    Anche se non sono un esperto di grafici, mi pare di poter scegliere tra le due modalità di ventilazione la prima e vediamo perchè:
    1) il Ti più breve permette al paziente che espira con un I/E di 1:4 un Te più lungo, così che l'atto successivo inizia quasi alla fine dell'espiro con l'evidente guadagno di una migliore deflazione polmonare;
    2) il flusso ottenuto è ampiamente maggiore di quello presente nell'immagine inferiore di circa il 50%;
    3) il flusso è perfettamente sincrono con la curva di pressione che nella figura è chiaramente fuori fase con la curva di flusso.
    A presto Enzo Bonnici, Pneumologo alle prime armi con i grafici.

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  2. Grazie per il commento, Enzo. E complimenti per l'interpretazione, certamente non da principiante!

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  3. Complimenti per il post, Beppe. E' un esempio originale di asincronia tra paziente e ventilatore e sottolinea una volta di più l'importanza della corretta valutazione del monitoraggio grafico nello svelare una situazione altrimenti non rilevabile.
    Ottimi i rilievi di Enzo

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  4. Nella seconda modalita' di ventilazione il flusso erogato dal ventilatore (preimpostato perche' funzione del volume corrente e del tempo inspiratorio) e' insufficiente. Infatti la curva di pressione aumenta solo a meta' inspirazione. Cio' comporta un lavoro da parte del paziente non solo per iniziare l'atto respiratorio, ma anche per generare flusso, che in una condizione di ARDS/BPCO riacutizzata ecc. puo' non essere l'obiettivo del trattamento.

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  5. complimenti per il caso:premetto che mi occupo solo occasionalmente di terapia intensiva.
    Nel grafico 1 il paziente chiama quando il respiratore e' in espirazione, Nella curva 2 si verifica lo stacking cioe' nell'ambito di una fase inspiratoria del respiratore il paziente chiama, va in espirazione e chiama di nuovo

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  6. Grazie ad Alessandro e Gianni per i commenti. A brevissimo pubblicherò il post con la mia interpretazione del quesito.

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  7. Per le premesse fatte , se il pz triggera 24 atti / min ed ogni ciclo respiratorio durerà 2,5 sec:

    Nel primo caso il tempo inspiratorio sara' 1 sec rispetto al t espiratorio reale di 1,5 sec quindi il paziente avrà più tempo per svuotarsi

    Nel secondo caso il tInsp sara' di 1,5 sec rispetto al t esp reale di 1 sec.

    Tutto questo perché il Pz non va a 12 di fr Resp ma a 24 e quindi le durate dei cicli resp realmente non sono di 5 sec e 4,5 sec rispettivamente ma di 2,5 sec in entrambi i casi

    Da qui tutto ciò che ne consegue anche in termini di asincronia macchina- Pz , sforzi inefficaci




    Poi

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  8. [...] Nel precedente post abbiamo analizzato l’importanza del tempo inspiratorionell’impostazione della ventilazione assistita controllata. [...]

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