tag:blogger.com,1999:blog-2917596641033471153.post4853521435433654633..comments2024-03-18T19:10:15.639+01:00Comments on ventilab: Ventilazione meccanica in anestesiaUnknownnoreply@blogger.comBlogger4125tag:blogger.com,1999:blog-2917596641033471153.post-36920525889877807882010-07-28T14:38:03.000+02:002010-07-28T14:38:03.000+02:00• Alla tua prima domanda mi pare che non ci sia mo...• Alla tua prima domanda mi pare che non ci sia molto da dire, i miei pochi ricordi di neuro-anestesia (nell'ospedale dove lavoro ora la neurochirurgia non c'è) sono quelli di interventi molto lunghi, con alcuni problemi particolari: sanguinamento, embolie, posizionamenti, ecc. ma dal punto di vista respiratorio si ventilava in maniera molto standard. Indubbiamente credo che in anestesia vengano sottovalutati i problemi respiratori, gli stessi ventilatori da anestesia sono abbastanza standardizzati, si dà più importanza al circuito chiuso che alla peep. Dopo tutto i pazienti ventilati sono tutti curarizzati ed il massimo della fantasia è quello di usare una pressumetrica al posto della classica volumetrica. Nel mio ospedale 8000 interventi all'anno vengono eseguiti in anestesia generale e usufruiscono quindi di un respiratore, difficilmente abbiamo problemi con le ventilazioni : credo che si riesca a ventilare in maniera sufficiente un po' tutti. É chiaro che i problemi maggiori si incontrano nei pz con insufficienza respiratoria od in interventi che hanno a che fare con l'apparato polmonare (chirurgia toracica, maxillo facciale, Orl, ecc.). A proposito di insuff. respiratoria ho una considerazione da fare: esclusi i pazienti con gravissime malattie respiratorie (ad esempio i soliti BPCO in O2 terapia o peggio con NIV a domicilio) una anestesia con uso della ventilazione meccanica la superano tutti, il problema invece insorge dopo: se non possiamo tenere tutti in TI per il risveglio, succede che il passaggio da una confortevole ventilazione meccanica al nulla sia troppo traumatico, con l'aggiunta di un monitoraggio a volte inesistente o anche se presente minimalista (nei reparti non si gestiscono le arterie e quindi non si ha la possibilità di eseguire Emogas seriati), spesso la cattiva gestione del dolore postoperatorio (pazienti sofferenti non hanno né la voglia né la forza di respirare adeguatamente), mancanza di servizi per tutti di FKT precoce, reparti chirurgici (mettiamoci anche i chirurghi) inadeguati per gestire qualche sistema di ventilazione oltre all'O2 terapia. <br> Risultato : polmoniti nosocomiali, antibioticoterapie complesse, reintubazioni, ecc. <br>• Vengo ora a trattare l'argomento della chirurgia laparoscopica: nel mio ospedale ormai sono migliaia gli interventi eseguiti con questa metodica soprattutto in chirurgia addominale, con durate a volte di 12 ore (sono riusciti ad eseguire anche delle resezioni epatiche); non abbiamo mai avuto problemi respiratori così importanti da sospendere l'intervento se non qualche enfisema sottocutaneo, ipercapnia, ecc. Eppure spesso quando mi cimento con questo tipo di interventi mi vengono dei gran dubbi, perchè non mi spiego come l'organismo riesca a sopportare per così tanto tempo delle pressioni addominali così alte (ricordando le vostre lezioni …), tutto il gas sparato in addome, ecc... eppure il chirurgo mi fa sapere che i pazienti dopo stanno bene e anche quelli ricoverati in TI hanno meno complicanze degli altri. Tu che idea ti sei fatto? <br>• Dalle convinzioni (poche) che mi sono fatto in anestesia anch’io sono favorevole all'uso dell'anestesia generale in tutta tranquillità piuttosto che una loco-regionale forzata o mal riuscita. Sempre tornando alle sale operatorie di casa mia, vedere pazienti molto sedati con saturazioni ai limiti inferiori non mi lascia tranquillo. In queste condizioni quando ti accorgi che qualcosa non va ti trovi con la saturazione a 60% ! Preferisco l'uso in queste condizioni della maschera laringea. A proposito le uso moltissimo, sempre con ventilazione volumetrica. Che senso ha usare la modalità pressometrica: se ci sono perdite nel sistema i volumi erogati sono insufficienti lo stesso!stefanonoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2917596641033471153.post-76232145137332178672010-08-04T15:18:46.000+02:002010-08-04T15:18:46.000+02:00-Stefano, penso che tu abbia centrato un punto imp...-Stefano, penso che tu abbia centrato un punto importante: nel paziente con potenziale insufficienza respiratoria perioperatoria il vero problema può essere rappresentato dal salto nel buio della dimissione in corsia dalla sala operatoria. Sarebbe auspicabile che questi pazienti potessero essere gestiti in sale risveglio o, meglio ancora, in Terapie Intensive Postoperatorie. Per i vantaggi di questo approccio vedi il post del <a href="http://www.ventilab.org/2010/05/06/insufficienza-respiratoria-postoperatoria-e-cpap/" rel="nofollow">6 maggio</a>.<br>-La mia idea sulla laparoscopia è che, ahimè, a volte i chirurghi hanno anche ragione. Alcuni anestesisti tendono ad enfatizzare l'importanza dell'aumento della ETCO2 o della pressione di picco. In realtà penso che in laparoscopia, se non ci sono complicanze chirurgiche, sia raro avere problemi se si assicura una sufficiente ossigenazione ed un buon compenso emodinamico. <br>- condivido senza dubbi l'indicazione alla maschera laringea nei pazienti fragili: un trentenne sano non si accorge quasi della differenza tra LMA e tubo a fine intervento, ma un vecchio BPCO magari in O2 domiciliare sarà più facile da gestire al risveglio se ha una maschera laringea.Giuseppe Natalininoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2917596641033471153.post-82087463654050718362010-08-05T13:44:57.000+02:002010-08-05T13:44:57.000+02:00Riguardo all'ultimo punto del commento di Stef...Riguardo all'ultimo punto del commento di Stefano, in modalità pressometrica abbiamo il vantaggio di avere nella fase inspiratoria una pressione costante nelle vie aeree e questo valore di pressione è sempre inferiore al picco che si avrebbe, sempre nelle vie aeree, se somministrassimo lo stesso volume corrente nello stesso tempo inspiratorio ma in modalità volumetrica. Le pressioni alveolari alla fine dell'inspirazione sono identiche nei due casi, ma quando si usa la LMA le perdite avvengono a livello dell'interfaccia tra maschera e aditus laringeo, dunque a livello della via aerea. Poichè l'entità delle perdite dipende dalla pressione presente all'interno della via aerea a livello dell'interfaccia, evitare il picco significa ridurre o azzerare le perdite e riuscire a erogare correttamente il volume corrente desiderato (vedi referenza n. 9 del post del 24 luglio).Daniele Tuzzonoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2917596641033471153.post-37362219436224792842011-07-15T16:20:42.000+02:002011-07-15T16:20:42.000+02:00un risultato simile a quello suggerito da Daniele ...un risultato simile a quello suggerito da Daniele per ridurre le preesioni di picco e quindi le perdite quando si usa la LMA se non si ha a disposizione un ventilatore con modalita' pressumetriche e ci si deve aggiustare con la volumetrica lo si può ottenere riducendo la velocità di erogazione del fusso ( se disponibile la regolazione della rampa, o modificando il rapporto I:E da 1:2 a 1:1 se non ci sono controindicazioni legate a un airtrapping).Marco Testanoreply@blogger.com